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SOTTO IL SEGNO DI UNA CATTIVA STELLA

Come scrive Alexander Stille su “La Repubblica” del 29 gennaio u.s. la popolarità di Biden sta calando penosamente scendendo da un massimo del 55% ad un minimo recente del 41%. Certo, anche se l’opinione pubblica era favorevole a lasciare Kabul, l’incapacità di anticipare il crollo del governo afgano e di pianificare l’evacuazione degli alleati ha contribuito ad abbassare la fiducia di Biden. Un altro colpo lo ha dato la gestione della pandemia. L’amministrazione è stata in grado di vaccinare oltre il 70% della popolazione ma molti esperti hanno accusato il presidente di non aver saputo gestire l’impennata dei contagi causati della variante Omicron. Ma altre vicende hanno abbassato la popolarità di Biden che non è riuscito a far approvare il suo disegno di legge che conteneva un programma ambizioso che avrebbe affrontato sia il cambiamento climatico che l’accesso all’assistenza sanitaria. Ma c’è un’altra sfida da affrontare che potrebbe mettere in crisi il governo USA. Si tratta dell’inflazione che è ripresa a correre, e che è ormai salita del 7%, come non si vedeva in America dal 1982. Una inflazione che cresce soprattutto per gli effetti della pandemia, che ha spinto il governo a sostenere la ripresa con i sussidi che hanno provocato un rialzo dei prezzi e quindi una riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, mettendo in crisi il rapporto tra Biden e la sua base elettorale. Le fluttuazioni del dollaro alimentano anche lo scontro politico all’interno del paese con il partito repubblicano con Trump che è ritornato sulla scena politica accusando il Presidente di non aver saputo gestire sia il ritiro delle truppe dall’Afghanistan che la pandemia facendo risalire l’inflazione. Il presidente della FED ha già previsto di alzare i tassi nei prossimi mesi e questo per rafforzare la ripresa produttiva chiarendo che la sua missione è quella di evitare che l’inflazione si radichi. Insomma una situazione di instabilità economica. Fattori tutti questi che confermano che Biden stia cercando – utilizzando un possibile conflitto in Europa – di riconquistare quell’appoggio politico che oggi il paese gli nega. Un terreno davvero minato che potrebbe anche convincere il capo della Casa Bianca di allargare il conflitto per riconquistare quel prestigio che oggi il paese fatica a riconoscergli. E’ come dire che la sicurezza dell’Europa va sacrificata per consentire al Presidente americano di recuperare quel consenso che sta perdendo all’interno del paese. Anche se il PIL americano è cresciuto ad un ritmo impressionante (6%) alla fine del 2021, oltre il 70% degli americani è convinto che il paese sia sulla strada sbagliata. Oggi che, a credere in una invasione della Ucraina da parte della Russia siano rimasti solo Biden con i suoi consiglieri e i suoi baciapile, potrebbe saltare anche quel progetto tanto sperato dall’amministrazione americana di mettere in crisi i rapporti tra l’Europa e la Russia, facendo tramontare la prospettiva di sostituire la Russia nella fornitura di gas, probabilmente la posizione di Biden sia a livello internazionale che in politica interna ne uscirà profondamente ridimensionata. Il colpo finale al progetto di Biden lo ha portato il presidente tedesco, il quale ha dichiarato espressamente che non si può affrontare il problema della sicurezza del continente senza la collaborazione della Russia. Insomma, non vediamo perché la politica europea continua ad essere sotto il controllo degli USA e, ancora peggio, della NATO che continua a lanciare progetti di distruzione di massa in nome di una ben non definita difesa della democrazia e del diritto. Se gli Stati Uniti e il suo presidente non sono capaci di avvertire i cambiamenti in corso, è giunto il momento che siano i governi europei ad occuparsi del futuro di questo continente che ha diritto a costruire una pagina nuova della storia mondiale, senza suggeritori interessati a mantenere lo statu quo.

Febbraio 2022

SOTTO IL SEGNO DI UNA CATTIVA STELLA

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