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SETTIMANA DECISIVA PER LA BREXIT

L’accordo di massima raggiunta in novembre con l’UE dalla premier May è stato già sconfessato dalla maggioranza del governo conservatore. Esso non piace neppure ai Laburisti per cui è incerto quale possa essere l’esito del voto del Parlamento il 15 gennaio. Probabilmente il piano della May sottoscritto a Bruxelles non sarà approvato. Mettendo le mani avanti, una maggioranza trasversale ha approvato un emendamento che ingiunge alla May di presentare entro tre giorni dal voto un piano alternativo nel caso il Parlamento bocci l’ipotesi di accordo. Anche la Confindustria britannica, a mezzo del direttore generale Carolyn Forbian ha dichiarato di temere, in caso di Brexit, una riduzione del PIL fino all’8% restando favorevole, dunque, a rimettere in discussione la validità del referendum che ha deciso per l’uscita dall’UE. Ipotesi questa apertamente sostenuta da molti commentatori politici e da un vasto schieramento politico che va dall’ex premier Blair al governo scozzese, senza dimenticare il sindaco di Londra, da sempre schierati per restare nell’UE. Ma questo passaggio è poco praticabile in quanto manca il tempo per organizzare un secondo referendum perché occorrerebbe spostare la data del 29 marzo, quando è prevista l’uscita di Londra dalla UE. Proprio in vista del voto, l’UE non è disposta ad offrire un’altra possibilità a Londra, ribadendo che l’accordo sottoscritto il 25 novembre scorso non è più modificabile. Ma cosa, dunque, succederà se l’accordo sarà bocciato? In questo caso, non ci sarebbe accordo per cui la situazione sarebbe oltremodo complicata in quanto – essendo ancora la Gran Bretagna soggetta alle leggi UE – vi sarebbe un vero e proprio terremoto politico e istituzionale che potrebbe mandare a fondo il sistema inglese. Possibile che – messo alle strette- il Parlamento alla fine approvi l’accordo sottoscritto dalla May che comunque sarebbe messa in condizione di dare le dimissioni aprendosi così uno scenario politico ancora più confuso in quanto il partito laburista avanza l’ipotesi di nuove elezioni che potrebbero, forse, dare ai laburisti il governo del paese. Ultima ipotesi è quella di un nuovo referendum avviato dal nuovo governo che potrebbe ottenere dall’UE la sospensione della procedura. Ma se si è oggi convinti che la decisione di uscire dall’UE è stato un increscioso errore politico di Cameron e del partito conservatore e se il popolo inglese, per quanto avvenuto in questi mesi, ha fatto capire di essere favorevole a restare nell’UE, non è più semplice e ragionevole che il governo – quello attuale o quello che verrà – rinunci al suo progetto originario? In fondo, basterebbe una sua dichiarazione ad annullare la procedura, tanto più che l’UE, hanno fatto capire che le porte sono ancora aperte. Spesso, l’orgoglio nazionale, come in questo caso, segue percorsi accidentati che possono cambiare il corso della storia. Il finale, comunque, di questa vicenda è ancora tutto da scrivere.

Gennaio 2019

Settimana decisiva per la Brexit

 

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