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SALVARE VITE NON E’ REATO

“La procura di Agrigento chiede di archiviare l’inchiesta contro l’ong” così scrive il quotidiano “Il Dubbio” del 21.10 u.s.. Il 9 Maggio 2019 la Mare Jonio salvò in mare 30 persone ma finirono sotto inchiesta armatore e comandante per violazione del Testo Unico sull’immigrazione avendo effettuato il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato, consentendone così illegalmente l’ingresso in Italia. Ma i giudici che si sono occupati della vicenda hanno fatto richiesta di archiviazione dell’inchiesta in quanto “Non può essere criminalizzato in sé lo svolgimento dell’attività di salvataggio di vite umane in mare, che anzi costituisce un obbligo giuridico per ciascun uomo di mare”. Sempre secondo la Procura di Agrigento «la scelta degli indagati di non avanzare richiesta di aiuto alle autorità libiche è assolutamente legittima e non contestabile in quanto il salvataggio delle vite in mare costituisce un dovere degli Stati e prevale sulle norme e sugli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare”. Anche se la Guardia Costiera, su indicazione del Viminale, aveva ordinato al capitano di consegnare i migranti alle vedette libiche. E Mare Jonio “non era tenuto a dotarsi di alcuna certificazione Sar per le attività di salvataggio di vite umane in mare”. Se si stabilisse un numero massimo di naufraghi salvabili, come intendono le autorità italiane, ci “si porrebbe probabilmente in contrasto con le norme internazionali a tutela della vita umana in mare”.  I pm sottolineano anche come “nelle raccomandazioni emanate dal Consiglio europeo nel giugno 2019 si afferma a chiare lettere che la Libia non può essere considerata un porto sicuro”. Sia l’Alto commissariato per i rifugiati, nonché diverse Ong, hanno ripetutamente affermato che “i migranti recuperati dalla Guardia Costiera libica e ricondotti in Libia, sono stati sistematicamente sottoposti a detenzioni arbitrarie, torture, estorsioni, lavori forzati, violenze sessuali, nonché ad altri trattamenti inumani e degradanti”. In particolare, è principio ormai affermato in giurisprudenza che il rinvio dei migranti in Libia pone in pericolo il loro diritto alla vita e all’integrità fisica “in quanto la Libia non può essere definita un porto sicuro”. Ancora, aggiunge la Procura, la Convenzione di Amburgo “non consente di fatto il rimpatrio in Libia dei migranti soccorsi, imponendo, al contrario, il loro ricovero in un porto sicuro per cui la norma rappresenta un preciso ostacolo normativo ad ogni forma di respingimento verso la Libia”. La decisione dei magistrati italiani rafforza innanzitutto il principio che il salvataggio delle vite umane prevale su tutti gli accordi che l’Italia abbia preso con la Libia che è considerata “terra bruciata” per i migranti, confermando che esiste, malgrado tutto, una Magistratura, indipendente, non asservita alla politica, che conferma che il salvataggio delle vite in mare costituisce un dovere degli Stati, sia sotto il profilo morale ma anche nel rispetto della normativa internazionale che è applicabile anche al nostro Paese.

Novembre 2021

Salvare vite non è reato

 

 

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