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NUOVI SVILUPPI DOPO IL CESSATE IL FUOCO NEL NAGORNO-KARABAKH

L’accordo raggiunto tra Armenia e Azerbaijan, con la mediazione della Russia, ha posto fine al conflitto militare che dal mese di settembre scorso ha insanguinato il Nagorno-Karabakh. Questo accordo dovrebbe essere più solido di quello proposto in precedenza dal Segretario di Stato americano Mike Pompeo e disatteso dopo pochissime ore ma nessuno si illude che esso potrà durare mettendo fine ad un conflitto che dura ormai da oltre trent’anni. La Russia ha già inviato nella regione contesa un primo contingente di soldati, poco meno di 2000, ben attrezzati per far rispettare l’accordo che prevede la restituzione all’Azerbaijan dei territori occupati dall’Armenia nella guerra del ‘93. Ma non è finita qui perché per sminare il territorio e ricostruire serve uno sforzo colossale. L’accordo ha confermato come la Russia sia la indiscussa protagonista di questa soluzione, un vero e proprio arbitro tra i due paesi facenti parte della CSI, la Confederazione degli Stati Indipendenti, nata dalle ceneri dell’URSS ma ha confermato che l’interesse di Ankara per questa regione è aumentato notevolmente. Il ministro degli Esteri turco, quasi a voler sottolineare il contributo turco per questa vittoria dei “fratelli mussulmani” ha commentato su Twitter tutta la sua soddisfazione per il “fraterno Azerbaijan che ha ottenuto un importante successo militare sul campo di battaglia e ….continueremo ad essere uno spirito unico con i nostri fratelli azeri”. Il Presidente dell’Azerbaijan ha detto che anche la Turchia sarà coinvolta negli sforzi per il mantenimento della pace ma su questo non ci sono conferme da parte della Russia che ha fatto capire che non intende condividere questa vittoria diplomatica con altri paesi e soprattutto con la Turchia, spiegando immediatamente in campo le sue truppe che nei prossimi anni vigileranno nella regione per evitare che si riaccenda il conflitto. In queste ore e, fino all’inizio di dicembre, decine di migliaia di persone stanno lasciando le loro case per rifugiarsi nella vicina Armenia, dove si teme, con l’arrivo dell’inverno, una catastrofe umanitaria. Lo stesso Putin ha telefonato a Macron per informarlo della creazione di un centro di risposta umanitaria (La Repubblica del 17 u.s.). “Sempre ieri – scrive il giornale – il presidente turco Erdogan ha chiesto al Parlamento l’autorizzazione per l’invio di truppe nel Nagorno-Karabakh…per non lasciare soltanto alla Russia il controllo del territorio contestato tra Armenia e Azerbaijan”.  Sulla vicenda è intervenuta anche la Francia la quale vuole una supervisione internazionale nella regione contesa, preoccupata che Russia e Turchia possano trovare un accordo per escludere le potenze occidentali dai futuri colloqui di pace anche se è molto probabile che la Russia non voglia prendere alcun accordo con la Turchia ma non intende neppure fare intervenire una forza di pace europea, tenuto conto che l’UE non ha espresso alcuna adesione alla proposta francese. Non dimentichiamo nemmeno che la Russia intende mantenere un controllo sugli oleodotti che portano il gas e il petrolio russo in Europa e che attraversano l’Arbaijan ai confini con il Nagorno karabakh. Mentre si intensifica un nuovo fronte di tensione internazionale tra Parigi e Ankara, la Russia anche come co-presidente del gruppo di Minsk che si occupa della gestione, non ha interesse ad escludere la Francia dai futuri colloqui di pace – in cambio anche di un appoggio per eliminare le sanzioni che ancora gravano sulla Russia per la vicenda della Crimea e ha tutto l’interesse a tener fuori dalle trattative la Turchia che insiste nella sua politica espansionistica nella regine caucasica. Insomma, un nuovo conflitto sembra profilarsi all’orizzonte tra Russia e Turchia per cui è interesse di Putin di lasciare aperta la porta del dialogo con l’UE preoccupata della politica turca che sta cercando di diventare anche un protagonista nel Mediterraneo orientale.

30/11/2020

nuovi sviluppi dopo il cessate il fuoco nel Nagorno Karabakh

 

 

 

 

 

 

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