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IL TERREMOTO INFINITO

A quattro anni dal terremoto del Centro Italia i geologi denunciano gravi ritardi nella ricostruzione pubblica e privata. Come lamenta il Commissario alla ricostruzione Giovanni Legnini nel rapporto post sisma 2016 in occasione del 4° anniversario del violento sisma che il 24 agosto 2016 distrusse Amatrice e Accumoli nel Lazio e Arquata del Tronto nelle Marche, provocando 299 vittime. Domenico Angelone, Tesoriere del Consiglio Nazionale dei Geologi, lamenta le lungaggini burocratiche che hanno portato ad un ritardo nella ricostruzione pubblica e privata: basti pensare che dei 2,1 mld. di euro già stanziati, le risorse effettivamente erogate ammontano a circa 200 milioni di euro, appena il 10% del totale. Il Lazio è stato una delle regioni più colpite: Roberto Troncarelli, Presidente dell’Ordine dei Geologi Lazio, lamenta che “a fronte di un evento sismico del genere, si sarebbe dovuto costruire da subito una corsia preferenziale per tornare ad una parvenza di normalità nel più breve tempo possibile; invece i numeri, soprattutto quello della ricostruzione privata sono ancora imbarazzanti per un paese civile”. Denuncia Daniele Mercuri, Presidente dell’Ordine dei Geologi delle Marche, che “gli edifici privati danneggiati dal terremoto sono stati più di 45.000 nelle Marche; fino al mese di giugno 2020 nella nostra regione sono state presentate circa 8.400 richieste di contributi – evidenziando che – si può arrivare ad una efficace ricostruzione solo attraverso una adeguata azione preventiva e pianificatoria” conclude il geom. Angelone “una tragedia come questa ci deve far capire che è necessario puntare sulla prevenzione e su una ricostruzione efficiente per tutelare il nostro patrimonio edilizio, culturale, storico ma soprattutto per mettere in sicurezza la vita dei nostri genitori e dei nostri figliIl nostro paese è fragile dal punto di vista sismico per questo motivo la priorità dev’essere quella di investire sulla sicurezza”. I paesi ormai sono stati di fatto abbandonati e i più giovani vanno via col rischio di mettere in discussione la sopravvivenza di questi borghi di montagna che sono stati nei secoli centri di grande cultura – si pensi a Norcia – dove a parte le chiese non è mai iniziata la ricostruzione del settore privato. Ad Amatrice, prima della scossa, c’erano 2.700 residenti. Ora sono solo 1.500 e nessuno di loro è riuscito a tornare a casa. Anche per i residenti il futuro non è certo facile: a denunziarlo è il Vescovo di Rieti Domenico Pompili. “La ricostruzione dice – non è mai decollata. Il tempo è diventato davvero breve”. Se si viaggia tra i luoghi del terremoto da Accumoli ad Arquata, passando per Visso, saltano all’occhio soprattutto le macerie. Sono oltre 2 milioni e mezzo le tonnellate che le regioni devono smaltire ma solo i 2/3 sono stati rimossi. Recentemente nel mese di luglio il Commissario straordinario alla ricostruzione, dopo aver incontrato il premier Conte, ha dichiarato che “il governo intende inserire le norme per accelerare la ricostruzione pubblica e privata nel decreto semplificazione di prossima emanazione”. Purtroppo, la burocrazia non fa sconti, neppure nelle zone terremotate dove bisogna seguire le procedure ordinarie, che prevedono passaggi infiniti. Nonostante i cartelli che annunciano “opere di massima urgenza”. “Qui si lotta contro lo Stato: l’impressione è che l’avversario, più del terremoto, sia questo” dichiara il geometra Federico Basile che collabora insieme all’architetto Vinti alla ricostruzione. Nel frattempo, diversi amministratori comunali, all’epoca del sisma, tra i quali anche il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, oggi Consigliere regionale di Fratelli D’Italia, sono stati rinviati a giudizio per rispondere di disastro colposo plurimo e lesioni personali colpose. Il processo doveva essere celebrato il 6.2.2020 e rinviato a causa della pandemia. Sembra ripetersi qui quanto è accaduto già per il terremoto dell’Aquila, dove la situazione è ancora più grave in quanto, a differenza di Norcia, era una città di 70.000 abitanti. L’Aquila oggi è il trionfo del cemento ma non c’è da stupirsi in una terra ricca di muratori. E forse per questo, scrive “L’Espresso” in occasione del decimo anniversario del terremoto del 6 Aprile 2009, “nessuno trova strano che si facciano affari sulla ricostruzione con gli appartamenti realizzati con soldi pubblici che vengono rimessi in vendita dai costruttori e dai privati proprietari senza che il Comune, la Regione, lo Stato, gli italiani che li hanno finanziati abbiano alcun rimborso”. La rinascita comunque si ferma ai bordi della città mentre il centro storico risulta ancora sprangato. Addirittura nei paesi della provincia colpiti dal sisma, il tempo sembra addirittura fermo alle 3:32 di quella notte: le case sono sventrate, macerie nei cortili ormai nel più totale abbandono mentre i cittadini del capoluogo sono stati mandati al confino e la ricostruzione firmata da Silvio Berlusconi e Guido Bertolaso, allora Capo della Protezione Civile, ha consumato miliardi senza aver finora restituito la vita alla città. Nell’ultima relazione sul post-terremoto si prevede il completamento dei lavori solo per il capoluogo nel 2022 e bisognerà attendere molto di più per gli altri paesi anche perché, a differenza di altri paesi che convivono con i terremoti, invece di demolire tutto per restituire ai cittadini case più sicure e leggere, si sta provvedendo a mettere a norma le vecchie costruzioni lesionate, con costose iniezioni di cemento e l’installazione di tiranti e reti alle pareti esterne ed interne. E’ quanto si sta ripetendo anche ad Amatrice dopo il sisma del 2016 dove i lavori vengono eternizzati spegnendo ogni speranza dei sopravvissuti di poter ritornare nei luoghi dove sono vissuti per tanti anni. La grande assente, ancora una volta, è la prevenzione: in un’intervista pochi giorni dopo le scosse del 2016, Franco Giustinelli, già Assessore delegato alla ricostruzione in Valnerina dopo il sisma del 1979, ricordava con amarezza il piano nazionale di prevenzione presentato più di trent’anni fa e poi accantonato per ovvie questioni di soldi, senza capire che oggi paghiamo di più per i morti e per le macerie che per l’attuazione di un piano di prevenzione che riguarda tutto il paese. Il passato potrebbe e dovrebbe insegnare. Sia in negativo, come dalle selvagge speculazioni che hanno divorato l’Irpinia dove i miliardi investiti per il rilancio diventarono sprechi e foraggio alla camorra, sia in positivo come nell’esempio modello del Friuli che, in poco più di 15 anni, rialzandosi dal sisma del 1976, dai suoi 189 mila sfollati, dalle 965 vittime, riuscì a completare la ricostruzione delle case e dei borghi restituendo così alla gente i luoghi a loro cari. In conclusione, difronte al dramma del sisma del Centro Italia, non sentiamo di poter scongiurare le prospettive più sciagurate. Quelle ferite che ancora porta nel suo corpo la città dell’Aquila, potrebbero essere per queste zone colpite dal più recente sisma, un destino crudele ma probabilmente inevitabile alla luce anche delle vicende che stiamo attraversando a causa del coronavirus. E’ per questo che bisogna impegnarsi e soprattutto non dimenticare se si vuole avere qualche speranza di poter far ritornare la vita in quei borghi oggi sepolti dalle macerie e dal tempo che rende sempre più irriconoscibili questi luoghi che vivono nel ricordo di tanti cittadini che vi hanno vissuto o che li hanno conosciuti. Un’altra parte dell’Italia che sprofonda, ancora più che per la forza della natura, per l’incuria e il disinteresse dell’uomo.

7/9/2020

Il terremoto infinito

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