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IERI, OGGI E DOMANI

Scriveva Marx in un suo scritto che la storia si svolge la prima volta in forma di tragedia e la seconda in forma di farsa. Non so se siamo al primo atto di una tragedia o all’inizio di una seconda fase di un conflitto già in corso da diversi anni.

IERI

Di fatto, non si può ritenere che la decisione di Putin di invadere l’Ucraina sia un fulmine a ciel sereno, un gesto sconsiderato e irragionevoli nel contesto storico di questi ultimi anni. In effetti, ricordiamo che dopo destituzione del presidente ucraino Janukovich, per garantire la sua sicurezza alla frontiera con l’Ucraina, la Russia ebbe ad occupare una parte del Donbass, una delle province più ricche dell’Ucraina, abitata prevalentemente da cittadini russofili, che richiedevano uno status di autonomia all’interno dell’Ucraina. Ancora, difronte all’esplosione di nazionalismo all’interno del paese, che poteva mettere in discussione gli accordi che l’Ucraina aveva con la Russia che aveva in Crimea una parte della flotta, Putin occupava anche la Crimea che aveva già fatto parte dell’URSS e che era stata assegnata territorialmente all’Ucraina, ma venendo meno l’URSS era evidente che quanto meno la Russia potesse continuare ad utilizzare la sua base militare in Crimea. Nel corso del conflitto che cominciò ad accendersi, nel 2014, con la collaborazione della Germania e della Francia, si ebbe a stendere a Minsk in Bielorussia, un accordo che prevedeva a) che il Donbass fosse dotato di un’ampia autonomia pur restando il paese nel territorio ucraino; b) che l’Ucraina consentisse l’uso della base militare russa in Crimea, c) che l’Ucraina non avesse aderito alla Nato. Al contrario, malgrado le numerose richieste avanzate dalla Russia, gli scontri tra l’esercito ucraino e i cittadini russofili non si sono mai fermati, con migliaia di morti da entrambe le parti. Una guerra anomala, più che altro di posizione “a bassa intensità”. Il fatto nuovo che ha reso più delicata la situazione è che il governo ucraino, irretito dai rappresentanti della NATO, aveva in progetto di chiedere l’ingresso nella NATO e anche all’adesione nell’UE. Ipotesi quest’ultima non contestata da Putin in quanto per la sicurezza del paese esigeva l’impegno dell’Ucraina a rinunziare a far parte della NATO, che è un’alleanza militare. Nel frattempo però la NATO aveva disseminato nei Paesi Baltici e in altri paesi membri della NATO centinaia di missili puntati nei confronti della Russia, facendo affluire migliaia di soldati dai paesi NATO sulle frontiere con la Russia per intervenire nel caso di attacco anche di un solo paese membro. Ipotesi questa diverse volte smentita dalla Russia che però non poteva tollerare che il più vicino paese, l’Ucraina appunto, finisse nell’orbita di questa alleanza per completare il totale accerchiamento della Russia da parte delle forze NATO. Una guerra che avrebbe potuto essere evitata solo che l’Ucraina si fosse detta disposta a nuove trattative per trovare una soluzione diplomatica. Ma questa ipotesi non venne mai presa in considerazione dal presidente ucraino perché la NATO aveva i suoi bravi servitori in alcune frange governative, per cui ancora alcuni giorni prima dell’invasione, il presidente ucraino non rispose alla richiesta russa di riprendere i colloqui. In questa fase sarebbe stata senz’altro decisiva l’entrata in scena dell’UE che garantisse il rispetto degli accordi. Al contrario, tutti i paesi europei si sono allineati alle scelte del governo USA e della NATO che continuavano a puntare ipocritamente sulla difesa della Ucraina e in difesa dell’integrità delle frontiere, invece di insistere perché si tentasse la strada più ragionevole di sedersi ad un tavolo per nuove trattative. Purtroppo il governo ucraino, invece di guardare ai suoi interessi anche economici, ha preferito cadere nella trappola della difesa della democrazia restando ferma sulle sue posizioni.

OGGI

L’invasione russa ha già provocato migliaia di morti anche nelle file del suo esercito, pur limitandosi i soldati russi a bombardare siti militari, rallentando le operazioni belliche perché è chiaro che non ha alcun interesse di occupare un paese di 40 milioni di individui, cercando di portare a casa solo un buon risultato per la sua sicurezza. Dopo diversi tentennamenti, il presidente ucraino ha deciso di rivedersi con la controparte in una località bielorussa per tentare di fermare la guerra e tentare di riportare la pace. Un primo incontro si è avuto domenica scorsa e oggi, 2 marzo, si dovrebbero di nuovo incontrare le due delegazioni per cercare di raggiungere un accordo anche se il presidente ucraino sia scettico sull’esito di queste trattative, perché forse il suo obiettivo è un altro. Incontro rinviato ad oggi 3 marzo per cui vedremo nelle prossime ore o nei prossimi giorni cosa sta maturando. C’è da dire che i paesi UE, invece di “raffreddare” questa guerra fratricida, stanno facendo di tutto perché l’Ucraina continui a battersi, in nome di una presunta difesa della democrazia e della legalità internazionale, laddove in altri contesti gli USA e la NATO hanno preferito difendere essenzialmente i loro interessi economici e militari, senza alcun rispetto delle norme internazionali. Un aiuto che gli ucraini avrebbero fatto bene a rifiutare, prospettandosi, in caso che gli scontri si intensifichino, una carneficina che potrebbe essere utilizzata dagli USA e dalla NATO per entrare nel conflitto a fianco degli ucraini allargando di fatto il conflitto a tutta l’Europa. E che cosa fanno i nostri governi? Invece di preoccuparsi del fatto che la guerra travolgerà tutti i programmi di sviluppo e di ripresa economica dopo una pandemia che ancora non è stata debellata, propongono ai propri cittadini di aprire un nuovo fronte di guerra, sapendo che se si inizia una guerra non si sa dove e quando finirà. Una eventualità che dovrebbe convincere i nostri governi che l’unica soluzione, se si vuole davvero la pace, è quella di costruire in collaborazione con la Russia un nuovo assetto geo-politico, sulla base del rispetto reciproco, abbandonando nello stesso momento un linguaggio sprezzante utilizzato nei confronti del presidente russo e dei suoi collaboratori più vicini qualificandoli come autentici criminali, pazzi, come si verifica quando non si hanno altri argomenti convincenti nei confronti del nemico. Come si temeva, centinaia di migliaia di esuli stanno bussando alle porte dell’UE in fuga dagli scenari di guerra e di morte. Fino ad ora, il fenomeno ha interessato gli stati limitrofi ed in particolar modo la Polonia ma presto l’UE si dovrà far carico di milioni di profughi senza avere per il momento alcun piano di accoglienza. E poi c’è il problema dei rifornimenti energetici. E qui siamo alla farsa. USA e UE stanno prendendo sanzioni sempre più pesanti per mettere in ginocchio l’economia russa, anche se queste finiranno per avere conseguenze gravi anche per gli europei. Ipocritamente queste sanzioni non colpiranno gli accordi per il trasferimento di gas e petrolio dalla Russia in Europa. Ma,  se la guerra continua, Putin potrebbe anche bloccare tutte le forme di rifornimento. Anche il gasdotto TAP che parte dall’Azerbaijan e che porta petrolio e gas attraverso l’Albania per approdare in Italia, sulla costa adriatica, potrebbe interrompere i rifornimenti perché controllato anch’esso dalla Gazprom che potrebbe in qualsiasi momento bloccare i rifornimenti per cui la situazione potrebbe diventare davvero insostenibile per i paesi europei. La Germania già oggi potrebbe subire un rallentamento notevole della produzione se il gasdotto Stream Nord 2 che porta il greggio dalla Russia in Germania sulla costa del Mar Baltico che la Germania stessa ha bloccato come sanzione nei confronti di Putin ma i primi effetti negativi si stanno già producendo in Germania per cui nei prossimi mesi la crisi economica si allargherà a tutto il continente europeo. I governi europei, a partire dal nostro, non ha alcun piano per affrontare una situazione di crisi che per fortuna non si è ancora realizzata ma invece di lavorare per chiudere questa vicenda, sta cercando di trovare una strada alternativa addirittura cercando di rimettere in funzione le miniere di carbone o di costruire nuove centrali atomiche, dimenticando innanzitutto che per costruire una centrale atomica ci sono tempi lunghi ed inoltre bisogna ricordare che con referendum costituzionale negli anni scorsi gli italiani decisero di rinunziare al nucleare. Tra l’altro, l’estrema volatilità dei nostri governi, la mancanza di decisioni ragionevoli, la decisione di affrontare una guerra – costi quel che costi – potrebbe scatenare conflitti sociali e politici da mettere in discussione la stessa tenuta non solo di questo governo ma dell’intero sistema politico.

DOMANI

Domani è già oggi: i carri armati russi sono penetrati nel territorio ucraino bloccando alcune città ma evitando di entrare nella capitale, nel tessuto urbano, sia per evitare il coinvolgimento dei civili negli scontri strada per strada, sia per consentire agli stessi di potersi rifornire di generi di prima necessità e di medicinali anche se gli ospedali ormai non sono in grado di accettare altri feriti. Nelle trattative in corso il governo russo si è già detto disponibile a sottoscrivere una tregua per avere la possibilità di discutere delle condizioni per un ritorno delle truppe in territorio russo. Ma l’ipocrisia politica dell’UE potrebbe minare questa possibilità facendo fallire ogni ipotesi di accordo. In effetti sta venendo fuori la verità un po’ per volta in quanto in questi ultimi anni i paesi europei hanno distribuito e venduto armi in tutto il mondo, senza tener conto degli accordi internazionali che prevedono il divieto assoluto di vendere armi ai paesi in guerra o a paesi che si siano macchiati di violazioni dei diritti civili. E così si scopre che già prima e dopo il 2014, anno in cui esplose la crisi del Donbass, i governi italiani hanno venduto materiale militare alla Russia che è stato riconosciuto nel corso dei combattimenti in Ucraina. Insomma, Putin usa armi prodotte in Italia nei confronti dell’Ucraina cui l’Italia sta trasferendo materiale militare di carattere difensivo. Un vero e proprio scandalo all’interno del mondo politico italiano, su cui pudicamente i rappresentanti politici hanno mantenuto il silenzio assoluto. Ricordiamo che nel governo verde-giallo – ministro degli Esteri lo stesso Di Maio – furono trasferite all’Egitto due navi da guerra del valore di due miliardi di euro pur sapendo che il governo egiziano si era reso complice della morte del giovane ricercatore italiano, torturato dalla polizia segreta egiziana. Insomma, come abbiamo già scritto, anche nell’epoca della pandemia l’industria militare non si è mai fermata e le vendite sono state effettuate dai paesi europei, Italia, Germania e Francia in testa, in tutto il mondo. Ma oggi per raggiungere la pace non c’è bisogno di armi: c’è bisogno di tolleranza e di collaborazione concreta di tutti i paesi, a meno che non si voglia trasformare ancora una volta questo continente in una polveriera.

Marzo 2022

Ieri, oggi e domani

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