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FINALMENTE GIUSTIZIA PER I RIDER

Nell’ultimo decennio le grandi aziende come AMAZON, hanno visto aumentare in tutto il mondo i loro profitti, soprattutto nei paesi più sviluppati, utilizzando per la consegna di merci al destinatario, personale mal pagato – non coperto da nessuna forma di assistenza – e soprattutto assunti come “lavoratori autonomi”. Alla luce anche della diffusione di questo super sfruttamento, infine, una buona notizia arriva oggi dall’UE che ha stabilito che a dimostrare che siano lavoratori non dipendenti sono le piattaforme digitali e non i lavoratori stessi. In effetti la Commissione precisa 5 criteri di controllo per determinare se il rapporto sia da considerarsi subordinato o meno. Basta che ne siano individuati due perché si possa parlare di “lavoro subordinato”. Giuridicamente c’è un rovesciamento dell’onere della prova che fino ad oggi prevedeva che fosse il lavoratore a dimostrare che sussistessero elementi tali da poter qualificare il lavoro svolto come “subordinato”. Una bella vittoria, dunque, per milioni di lavoratori sia in Italia che all’estero. Basti pensare che sono 28 milioni in Europa gli addetti che lavorano per 500 diverse piattaforme digitali. Di questi 5,5 milioni sono classificati come liberi professionisti, ma in realtà sono a tutti gli effetti lavorativi dipendenti. La direttiva, proposta dalla Commissione, prevede un elenco di cinque criteri volti a determinare se la piattaforma è un “datore di lavoro”. Coloro che attraverso questa norma vengono classificati come “lavoratori dipendenti” avranno diritto a un salario minimo (laddove esista), alla contrattazione collettiva, a un orario di lavoro e alla tutela della salute, a ferie retribuite o a un migliore accesso alla protezione contro gli infortuni sul lavoro. La proposta della Commissione riguarderà 5 milioni di lavoratori in Europa e costerà alle aziende 4,5 miliardi all’anno. Essa rivoluzionerà il rapporto di lavoro di tutti i raider che hanno contratti con le piattaforme digitali, non solo quelli che sfrecciano ormai in tutte le strade delle città d’Europa per consegnare pacchi o cibo, ma anche di tutte le altre categorie assunte in settori diversi. Da adesso in poi non saranno più lavoratori autonomi pagati a cottimo e godranno di condizioni di lavoro rispettose della loro salute e godranno di tutti gli altri diritti previsti dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE. Nel caso di trasporto taxi, tra le condizioni prese in considerazione della Corte, per stabilire che gli autisti svolgono a tutti gli effetti un lavoro da dipendenti, quella che impone al conducente di poter rifiutare solo alcune corse prima di essere disconnesso dal sistema e la gestione dei reclami dei clienti, su cui Uber decide unilateralmente senza consultare l’autista, saranno sufficienti per ritenere sussistente un rapporto di lavoro dipendente a tutti gli effetti. Un vero salto anche perché la direttiva sarà vincolante per tutti i paesi membri che saranno obbligati immediatamente ad adeguare le loro normative e sarà applicata a tutte le società che operano sul territorio dell’UE a prescindere dalla sede legale. Oggi, oltre 28 milioni di persone nell’UE lavorano attraverso piattaforme di lavori digitali ma 9 piattaforme su 10 però applicano il rapporto di lavoro autonomo. Secondo la nuova normativa, il concetto di subordinazione, si baserà sui fatti e non sulla definizione contrattuale ossia sarà accertato semplicemente sulla constatazione che la piattaforma controlla la prestazione. Ma la disciplina adottata dalla UE porterà benefici fiscali anche alle finanze degli Stati che vedranno aumentare gli introiti fiscali di quasi quattro miliardi di euro all’anno.

Finalmente giustizia per i rider

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