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EMERGENZA SANITARIA E CALO DEL PREZZO DEL PETROLIO

All’inizio di marzo, mentre in tutto il mondo esplodeva l’emergenza sanitaria, si sono riuniti a Vienna i paesi produttori del petrolio (OPEC), con la sola assenza degli USA, per sostenere il prezzo del petrolio in calo dall’inizio dell’anno. In effetti, dall’inizio della pandemia, la richiesta di greggio è calata di 30milioni di barili al giorno. Difronte alle richieste dei paesi arabi di tagliare ancora una volta la produzione per sostenere il prezzo di mercato, la Russia si è dissociata, provocando un ulteriore crollo delle quotazioni.  Non si è trattato di un ennesimo tentativo di Mosca di mettere fuori mercato i produttori americani di shale gas ma solo frutto di un’analisi di mercato perché la domanda non crescerà fino a che non si vedranno i primi segnali di normalizzazione, a partire dalla ripresa in Cina che è il principale importatore di greggio anche se alcuni commentatori ritengono che i russi vogliano rifarsi con gli americani per l’embargo deciso dopo la guerra di Crimea, senza dimenticare che il tema del prezzo del petrolio avrà ripercussioni anche sulla corsa alla Casa Bianca nelle prossime elezioni. Trump in un primo momento non ha replicato benché la decisione del Cremlino finirà per far crollare il prezzo della produzione di greggio estratto dalle rocce scatenando una recessione economica negli USA. Nella prima settimana di marzo, comunque, il prezzo del greggio è crollato a poco più di venti dollari al barile. Subito dopo il fallimento dell’accordo, la Russia aveva annunciato infatti l’aumento della produzione di 300mila barili al giorno cui ha fatto seguito l’annuncio dell’Arabia Saudita di aver addirittura aumentato la produzione di 2 milioni di barili al giorno, in controtendenza, dunque, alla domanda che crolla con una previsione di un nuovo ribasso del prezzo che potrebbe andare sotto la soglia attuale di 23-25 dollari a barile.  Una lotta che alla fine avrebbe messo a tappeto tutti i produttori di petrolio ma in particolar modo gli USA dove la Exxon e le altre compagnie petrolifere sono già indebitate per 100 miliardi di dollari per cui russi e sauditi sono tornati al tavolo della trattativa procedendo ad un taglio per 10 milioni di barili da dividersi tra tutti i paesi produttori. E’ stato proprio il Presidente Trump a scendere in campo per raggiungere un accordo dopo aver convinto il Presidente del Messico a sottoscrivere l’accordo, garantendo che saranno i produttori USA a coprire buona parte degli tagli del Messico. Lo stesso Trump si è incaricato anche di sentire gli altri produttori perché confermassero la loro adesione ai tagli per arrivare al tetto di 15 milioni di barili al giorno. “E’ urgente – ha affermato il segretario generale dell’OPEC – esso andrà a beneficio di tutti noi”. Un accordo definito “storico” ma che però non è riuscito a risollevare le quotazioni del greggio, come aveva previsto la banca d’affari Morgan secondo la quale nelle prossime settimane le quotazioni sono destinate a scendere sotto i 20 dollari al barile, ritenendo che l’inversione di tendenza si avrà solo con la ripresa della domanda e con il rientro alla normalità delle attività industriali. Trump, che aveva sempre fatto pressione sull’OPEC e anche su Putin perché non ricorressero ai tagli che avrebbero mandato all’aria non solo i bilanci delle grandi ma soprattutto ma innescato una catena di fallimenti, è stato costretto a cambiare tattica, scendendo a patti anche con Putin per evitare più pesanti conseguenze, anche sul piano politico interno, in attesa che ritorni a lavorare a pieno ritmo la macchina industriale mondiale. Ma se la pandemia non accennerà a fermarsi, non è difficile che si riapra una forte concorrenza tra i paesi produttori per cui a farne le spese saranno soprattutto gli USA che hanno un mercato interno debole e costi maggiori rispetto ai paesi concorrenti. Di qui dunque il ricorso a misure economiche più forti che faranno salire anche la febbre del mercato mondiale. Il prossimo autunno, gli scenari potrebbero mutare facendo cadere il mondo intero in una profonda depressione se non si riesca a trovare un vaccino contro la pandemia. Non è un segreto che questo sistema sta collassando sempre di più, dimostrando di non saper affrontare le crisi determinate da uno sfruttamento feroce delle risorse naturali accentrando nelle mani di pochi Stati un vasto potere economico e militare che consente loro di decidere per le sorti di tutta l’umanità. I problemi di questa società malata esigono un cambiamento di rotta sul piano economico per scegliere come e cosa produrre per i bisogni di tutti e una radicale forma politica per trasferire ai popoli della Terra ogni decisione sul futuro di questo pianeta.

15/4/2020

EMERGENZA SANITARIA E CALO DEL PREZZO DEL PETROLIO

 

 

 

 

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