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I CONTI DELL’ITALIA SOTTO LA LENTE UE

Non passa giorno che i mezzi di informazione, ed in particolare la televisione, ci raccontano che l’Italia è ormai fuori dalla crisi e pronta a riprendere il suo posto in seno all’UE. Non siamo più il fanalino di coda dell’Europa, si sgola a dire il Capo del Governo Gentiloni mentre il buon Padoan continua a ripetere che i conti del bilancio italiano ormai rientrano nei parametri europei e che non ci sono sorprese da parte di Bruxelles.  Malgrado tutte queste conferme, non ci sembra affatto che l’Italia sia uscita dalla crisi se è vero che è aumentato il numero dei poveri in Italia – tanto per intenderci quelli che non hanno alcun reddito di sussistenza – che sono arrivati solo a Roma a quota 14.000. Altrettanto deve dirsi che è cresciuto il disagio degli anziani, anche di quelli che posseggono una casa propria, che restano segregati in casa, che non possono accedere a tutte le cure di cui hanno bisogno mentre il tasso di disoccupazione dei giovani vola ancora oltre il 40% e non diminuisce neppure l’esodo dei giovani verso il resto d’Europa e gli Usa mentre la maggior parte dei contratti di lavoro continuano ad essere a tempo determinato. Non si può dire certo che il bilancio di questo Governo possa definirsi positivo ma è proprio l’Europa a far chiarezza sulla reale situazione economica del nostro paese. Mentre siamo ancora in attesa che venga approvata in Parlamento la legge finanziaria del 2018, “a Bruxelles già si profila l’ipotesi che il prossimo anno l’Italia debba mettere in campo una manovra bis se non vuole finire sotto procedura UE, ovvero sotto commissariamento”. Così scrive il quotidiano “La Repubblica” del 10 novembre. La notizia apparentemente buona è che la resa dei conti ci sarà solo nel maggio prossimo, dopo le elezioni italiane, e quindi riguarderà il nuovo governo. Le previsioni di crescita del PIL – pari all’1,5% in questo anno – secondo le stime UE diminuirà all’1,3% nel 2018 e ancora di più all’1% nel 2019. Il nostro debito per la UE è più alto di quanto stimato in Italia: 132,1% del PIL nel 2017 e 130,8% nel 2018. Differenza con la stima italiana che parla addirittura del 130% nel 2017 e del 127% nel 2018, spiegata solo con il costo del salvataggio delle banche venete per Bruxelles più caro di cinque miliardi rispetto alle stime del Governo. Il ché, in termini diversi, significa che la crisi del sistema bancario in Italia continua ad essere pagata da tutti i cittadini sottraendo risorse agli investimenti che sono l’unico volano per una ripresa che fino ad oggi è più ipotetica che reale. Domani, mercoledì, i conti pubblici italiani saranno sotto la lente della Commissione Europea che ha già deciso quale sarà la strategia riservata all’Italia. “Per ora – scrive sempre il quotidiano La Repubblica del 15 u.s. – non si prevede alcuna procedura di infrazione”. La prima tappa ribattezzata “operazione verità” consisterà in una lettera al Governo attuale che “di fatto implicherà un pre-commissariamento al buio del prossimo esecutivo” che subito dopo l’insediamento dovrà dare risposte certe all’Europa sul debito, deficit e riforme. Come ha dichiarato pubblicamente il vice-presidente della Commissione Europea – il finlandese Katainen – “ la situazione in Italia non sta migliorando e il deficit strutturale non cala”. Insomma, il paese non va anche se è guidato da una coalizione che è il male minore, trattandosi di un governo europeista che però, in questi anni, malgrado le promesse, continua a non rispettare le regole. Per evitare un effetto boomerang, che potrebbe favorire gli altri partiti, la Commissione ha così deciso di rinviare ogni decisione a maggio, senza dover imporre oggi al Governo Gentiloni l’adozione di nuove ricette rigoriste.        Situazione reale che dovrebbe essere portata a conoscenza di tutti gli italiani – come chiede Katainen – malgrado decine di miliardi di flessibilità concesse a Roma. La crescita continua ad essere la più bassa d’Europa e rischia di ridursi nei prossimi anni, riportandoci ad una fase di “stagnazione”. Un attento commentatore politico – Andrea Bonanni- sulle colonne de La Repubblica del 15 u.s. a questo punto si chiede “se tutti questi riguardi verso la nostra classe politica facciano davvero gli interessi dell’Italia” visto che “il guanto di velluto usato in questi anni da Bruxelles non ha dato in questi anni i risultati sperati”. In questo quadro le poche e divise forze europeiste che restano nel panorama politico italiano si occupano solo di discutere di possibili alleanze pre-elettorali “senza riconoscere la necessità di prendere misure dure e potenzialmente impopolari”. Al contrario, si continuano a far circolare notizie rassicuranti  sui conti, in maniera da tranquillizzare l’opinione pubblica e soprattutto allo scopo di non perdere elettori per il proprio schieramento. Si critica tanto l’Europa e i tanti vincoli che impone la nostra appartenenza all’Unione ma al contrario è da ritenere che sia l’Europa ad essere prigioniera dell’Italia che continua ad essere un serio problema per l’Unione. La situazione dei conti italiani, gli sperperi, l’allegra diffusione di investimenti a pioggia, gli aumenti dei compensi per l’alta dirigenza, sono fenomeni che non sono nuovi sulla scena politica italiana; in effetti, il deficit della spesa pubblica e l’aumento del debito hanno subito un progressivo incremento già alla fine del secolo scorso ma – dopo la crisi del 2008 – l’Italia non si è più risollevata continuando i governi in una politica scellerata, compromettendo qualsiasi ipotesi di ripresa economica. L’Europa ancora una volta ci chiede di fare chiarezza sullo stato dell’economia senza nascondere la verità ai propri cittadini ma “se pensa di farlo – scrive ancora Bonanni – rinviando la verità a maggio, dopo le elezioni, probabilmente sarà ancora una volta troppo tardi”, tenendo conto anche che l’aumento previsto dei tassi di interesse farà crescere automaticamente anche il debito nei confronti delle banche. Chiarezza, a nostro avviso, che difetta geneticamente all’attuale classe politica.

21 Novembre 2017

(avv. Eugenio Oropallo)

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