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LA PALESTINA A FERRO E FUOCO

Dopo l’attacco del 7 ottobre sferrato da Hamas, “braccio armato” dei palestinesi, che ha accolto di sorpresa i vertici dell’apparato militare israeliano, i jet israeliani hanno bombardato giorno e notte la striscia di Gaza causando la morte di migliaia di persone – costringendo i residenti ad abbandonare le loro case. Il conto delle vittime a Gaza nella prima settimana è stato di 1200 morti e di circa 5600 feriti, come riferito dal Ministero della Sanità di Gaza. Convocato d’urgenza il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il Segretario Generale Guterres ha accusato apertamente il governo israeliano ricordando che “gli attacchi di Hamas non sono arrivati dal nulla” ed aggiungendo che “il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione per cui quegli attentati non possono giustificare la punizione del popolo palestinese“. Mentre a New York l’ONU preparava una risoluzione di condanna di Israele per una sospensione dei bombardamenti sulla striscia di Gaza, Israele ha continuato a bombardare minacciando un attacco via terra, causando la morte di migliaia di civili. Nello stesso tempo ha chiuso tutte le vie di accesso a Gaza impedendo l’ingresso degli aiuti umanitari, costringendo buona parte della popolazione di Gaza a lasciare le loro case distrutte per oltre il 50%. Il Ministro degli Esteri israeliano Cohen, intervenendo al Consiglio di Sicurezza, ha detto “come volete chiedere il cessato il fuoco a qualcuno che ha giurato di uccidere e distruggere la nostra esistenza?“; aggiungendo che la risposta provocata dal massacro è “la totale distruzione dei membri di Hamas, gruppo definito terrorista“. “Non è un diritto di Israele di distruggere Hamas” – ha concluso – “ma un preciso dovere“. Intervenuto a parlare lo stesso capo della diplomazia USA Blinken si è mostrato più cauto ribadendo i tre punti per superare la crisi: innanzitutto il diritto di Israele di difendersi nel rispetto delle leggi internazionali, l’obbligo di proteggere i civili e far entrare gli aiuti umanitari, e la necessità di trovare una sola soluzione alla questione palestinese con la creazione di due Stati indipendenti. Soluzione che Israele ha sempre rifiutato. La Casa Bianca ha precisato che per ora la priorità è di difendere Israele e che “questo non è il momento di sospendere il fuoco“. Molti temono l’allargamento del conflitto per cui la situazione potrebbe peggiorare nel giro di qualche settimana. Purtroppo anche l’ipotesi di una pausa nelle operazioni militari di Israele è stata respinta perché essa aiuterebbe Hamas. La minaccia dell’Iran non è sottovalutata anche perché in questi ultimi giorni le piazze dei paesi islamici ma anche quelle occidentali si sono riempite di migliaia di manifestanti per protestare contro le operazioni militari israeliane. A Beirut dinnanzi all’ambasciata americana ci sono stati violenti scontri tra polizia e manifestanti. Proteste si sono verificate anche in Cisgiordania, a Ramallah. Ma anche in Marocco si sono avute manifestazioni analoghe. Il Ministro degli Esteri iraniano ha dichiarato che se gli attacchi aerei non si fermeranno “il Medioriente finirà fuori controllo“. Soprattutto dopo il bombardamento dell’ospedale Ali di Gaza che ha fatto centinaia di morti civili, bambini compresi. La notizia della strage è arrivata mentre era in corso il Consiglio Europeo, per cui Charles Michel si è sbottonato affermando che “un attacco del genere contro una infrastruttura civile non è in linea col diritto internazionale“.

Dalle 18:30 di venerdì scorso, dopo che l’esercito israeliano ha intensificato le operazioni militari penetrando nel territorio della striscia di Gaza, il responsabile della dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che queste operazioni militari rendono impossibili l’evacuazione dei feriti ed il lavoro dei sanitari, aggiungendo “spero che questo inferno in terra finisca presto“. La situazione è estremamente difficile anche per il lavoro dei dottori ed infermieri che lavorano senza sosta. Israele ha vietato l’ingresso del carburante che serve per i generatori degli ospedali. Solo dopo un’estenuante attesa durata diversi giorni, Israele ha autorizzato il passaggio solo dei generi alimentari ed attrezzature mediche ma non ha concesso l’ingresso di farina che pure scarseggia. A prendere in consegna gli aiuti sono stati i funzionari della locale Mezza Luna Rossa insieme all’agenzia ONU che si è occupata di trasportarli in diverse località dell’aria meridionale di Gaza. Una parte di quest’ultimi è rimasta nella città di confine dove sono arrivati dal nord circa 250 mila rifugiati per cui gli aiuti arrivati costituiscono una goccia nel mare. “Gli aiuti non bastano. La gente è stremata. Certo si tratta di un primo convoglio ma la delusione è grande, intanto, perché non è stato accompagnato dal cessate il fuoco come molti speravano“.

Novembre 2023

LA PALESTINA A FERRO E FUOCO

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