skip to Main Content

La libera circolazione dei cittadini UE

Principio cardine dei Trattati UE, la libera circolazione dei cittadini all’interno dei paesi UE, sta per essere messa in discussione dalla Gran Bretagna. Come si legge nel Sole 24 Ore del 31.8, il cittadino che arrivi anche da un paese europeo troverà porte aperte solo con un lavoro già garantito. E’ l’idea del Ministro degli Interni inglese, Theresa May che “sullo sfondo di un’emergenza immigrazione, auspica apertamente restrizioni a uno dei principi cardine della Europa comunitaria. Bisogna tornare alle origini – scrive il giornale – prima di quegli accordi Schengen che May indica come la causa scatenante della crisi odierna. Secondo una interpretazione del ministro britannico “libera circolazione significa libertà di spostarsi per lavorare, non libertà di attraversare le frontiere per cercare un lavoro o usufruire di benefici altrui”. In altre parole il ministro chiarisce che l’Inghilterra, proseguendo nella sua politica ex-coloniale, e isolazionista, è pronta ad accogliere chi si reca in Inghilterra con un permesso di lavoro – che pervenga da un paese dell’Unione o da altro paese non importa – purché possa essere utilizzato nel settore produttivo, dove vi sia carenza sul posto di trovare mano d’opera specializzata. In effetti, in alcuni settori, a partire da quello sanitario e per finire a quello agricolo, vi è una forte richiesta di lavoratori stranieri. Il problema, dunque, non sono solo gli immigrati extra-comunitari ma anche quei cittadini europei, soprattutto giovani entrati nel Regno Unito con visto da studente che poi decidono di fermarsi per trovare un lavoro. In effetti, malgrado i controlli, nell’ultimo anno sono stati censiti in Gran Bretagna 300.000 nuovi arrivi per cui si teme per la tenuta del sistema sanitario e previdenziale godendo i cittadini europei degli stessi diritti dei residenti, anche se in questi ultimi anni i vantaggi della politica del welfare sono stati ampiamente ridimensionati. Ammessa nell’UE solo nel 1973, nonostante la presa di distanza dal governo francese, la Gran Bretagna ha sempre guardato con scetticismo e distacco alle istituzioni europee, limitandosi a cercare di trarre vantaggi dalla sua appartenenza all’UE rispetto agli altri paesi. Ancora oggi il governo Cameron ha promesso di fare per l’anno prossimo un referendum per decidere se restare nell’UE in vista del quale intende strappare altre concessioni alla governance europea. Richiesta quella del ministro degli interni inglese che neppure si comprende in quanto oltre a non aver adottato l’euro, neppure fa parte dell’area Schengen – cittadina lussemburghese – dove fu decisa la libera circolazione dei cittadini all’interno dell’UE, per cui non ne può richiedere la modifica se neppure lo ha sottoscritto. Inoltre, prendendo spunto dalla questione immigrazione, ne profitta per proporre di fatto il ritorno al passato, fatto di frontiere chiuse e di esasperato nazionalismo, cancellando questi ultimi decenni di storia ed il cammino faticoso per giungere ad una più stretta integrazione economica e politica dei paesi membri dell’UE. Il peso della crisi economica e le recenti vicende legate al fenomeno migratorio verso i paesi dell’Unione in particolare verso la Germania e i paesi del Nord Europa, sta facendo rinascere un mai sopito nazionalismo e ad assistere ad una recrudescenza di episodi di razzismo che speravamo non facessero più parte del panorama europeo. Abbiamo già avuto modo di ricordare che è scesa in campo la Commissione europea che – per l’allarme suscitato da episodi ripetuti di intolleranza e di razzismo – ha ritenuto necessario fissare un incontro per ribadire la linea dell’Europa anche per contestare le decisioni che i singoli Stati stanno adottando certamente contrari allo spirito del Trattato di Lisbona e agli obblighi da esso nascenti. Non è azzardato ritenere che vi è un tentativo in atti per distruggere le basi stesse di questo progetto europeo. Ma indietro non si torna e neppure si può tornare. Sarebbe una catastrofe per cui occorre che l’UE si rafforzi sotto il profilo istituzionale e politico per poter rispondere a questi tentativi di far girare all’indietro l’orologio della storia. La Gran Bretagna ha dietro di sé un passato ex-coloniale e ha sempre rivendicato la sua piena autonomia politica andando spesso contro le scelte europee. Ma – come ha posto in luce in un suo documento riservato la Bank of England – una eventuale uscita della GB dall’Unione, avrebbe conseguenze catastrofiche sul piano economico e finanziario per cui Cameron e i suoi alleati di Governo farebbero bene a fare i loro conti e ad illudere i propri cittadini. Si comprende che la recente vittoria di misure del referendum scozzese che ha confermato l’appartenenza al Regno Unito della Scozia sia un campanello d’allarme per il governo centrale in quanto la Scozia ha sempre visto con favore l’appartenenza all’UE e potrebbe rimettere in discussione la decisione di restare nel Regno Unito ove la GB decidesse di uscire dall’UE con conseguenze difficilmente inimmaginabili anche sotto il profilo istituzionale.

Settembre 2015

(Avv. E. Oropallo)

 La libera circolazione dei cittadini UE

 

Back To Top
Translate »