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Fermare il declino dell’avvocatura italiana

Fermare il declino dell’avvocatura italiana

In D&G del 5.6.2015, così scrive il nostro collega avv. Paolo Rosa che richiama le conclusioni del segretario di ANF al congresso tenuto dall’associazione il quale dichiara che “i redditi medi, annualmente diffusi da Cassa Forense, sono diminuiti di circa il 30%” . Ancora si legge che “lo Stato sociale e la spesa pubblica in Italia non funzionano…le imposte incrementano la disparità risultando così, oltre che ingiuste, profondamente immorali. Lo Stato….ruba ai poveri per dare alla macchina pachidermica sempre più fine a se stessa”. Anche per gli avvocati si può parlare di un fenomeno di impoverimento generalizzato. Per uscire da questa situazione, scrive sempre il nostro collega, ci vuole “una nuova dirigenza forense, il rifiuto della leva previdenziale per sfoltire il numero degli avvocati italiani, una Cassa Forense che modifichi le proprie strutture così da essere inclusiva e non esclusiva”. Prospettive queste che ci vedono pienamente d’accordo. Detto ciò, è lo stesso avv. Rosa su D&G del 17.7.2015 a scrivere che le Casse previdenziali autonome dei professionisti sono da abolire o confluendo in un’unica Cassa per i professionisti o di rientrare all’INPS con la garanzia dello Stato. Ora se è vero che, come scrive lo stesso autore della nota precedente, lo Stato italiano può definirsi uno Stato vampiro, se è vero che nel recente passato i governi di diversa fede hanno fatto le carte false per inglobare il nostro sistema previdenziale, ritengo che questa proposta sia un vero e proprio suicidio perché lo Stato può giocare alla politica utilizzando i nostri fondi e i nostri contributi. Non è avvenuto lo stesso con i fondi regionali pervenutici dall’UE che sono stati utilizzati per altri fini, fondi che probabilmente lo Stato sarà costretto a restituire entro la fine dell’anno? Il collega per giustificare questa richiesta auto-lesionista si richiama ad un articolo apparso qualche settimana fa su “Panorama” nel quale si denunziavano le spregiudicate operazioni finanziarie che avrebbero messo in crisi alcune Casse di previdenza come l’Enasarco o l’INPGI (quella dei giornalisti). Se ciò è vero, non vedo perché la nostra Cassa debba farsi carico dei problemi di altri professionisti, visto che fino ad oggi nulla si possa imputare alla gestione della Cassa sotto il profilo della correttezza formale. E ancora, perché parlare di Cassa unica che tenderebbe a livellare al basso le nostre pensioni? Credo che una richiesta del genere può essere giustificata solo dal caldo torrido di questi giorni per cui essa va immediatamente archiviata prima che qualche altro corvo venga a rispolverare questa ipotesi. Inoltre, come avveniva anche nel secolo scorso, la CPA ha un doppio ruolo: quello previdenziale e quello, non secondario, assistenziale per aiutare i colleghi in difficoltà economiche. Si tratta di un modello da imitare invece che eliminare: certo, bisogna ridurre il numero degli avvocati che appare certamente esagerato anche rispetto ai colleghi degli altri paesi UE ma ciò deriva anche da una produzione legislativa sempre più farraginosa che alimenta la sfiducia dei cittadini e che giustifica spesso il ricorso all’avvocato. Basta qualche esempio: il settore del contenzioso contro lo Stato (legge Pinto), il settore del lavoro, il settore dell’immigrazione che hanno visto aumentare il contenzioso. Se lo Stato fosse più attento nel legiferare (un principio dell’UE è di legiferare meno ma di legiferare meglio) e fosse più rapido a pagare i suoi debiti, certamente si ridurrebbe il contenzioso che invece – per alcuni settori – aumenta in modo esponenziale. Dall’altra parte, una forma di previdenza che si rispetti è quella basata sui contributi degli associati per cui è giusto sanzionare tutti i colleghi che si sottraggono al pagamento del contributo.

Luglio 2015

(Avv. E. Oropallo)

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