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IL PNRR AL SUD: ANCORA UNA VOLTA SI RIAPRE LA QUESTIONE MERIDIONALE

Qualche settimana addietro vi è stata una protesta dei governatori del Sud che contestavano allo Stato centrale che i miliardi previsti per il Sud fossero più di quelli che il Governo aveva stanziato. Chiarito che i fondi per il Sud fossero il 40% degli interventi per un importo pari ad 82 miliardi, in un nostro articolo abbiamo prospettato il rischio che questa valanga di miliardi, una volta arrivati al Sud, potessero essere deviati verso altri settori. E non sarebbe la prima volta: ricordiamo che Napoli è ancora sommersa da una montagna di rifiuti – le famose eco-balle – che nessuno più è interessato a smaltire, neppure i paesi del terzo mondo, che hanno rinviato al mittente i rifiuti tossici inviati via mare da Napoli. E questo malgrado l’UE avesse destinato a Napoli più di un miliardo di euro, parliamo di due decenni fa, che il sindaco Bassolino utilizzò per creare lavoro per i disoccupati storici. Oggi sta per accadere qualcosa di simile. Il sindaco di Napoli, ex ministro, in un incontro svoltosi nella redazione napoletana de “La Repubblica” paventa un rischio che grava sul piano nazionale di ripresa “Ora che abbiamo oltre 80 mld. per il Sud – avverte Manfredi – c’è il rischio concreto che non saranno mai spesi per l’impossibilità di tanti Comuni del Mezzogiorno di presentare i progetti del Recovery Fund per mancanza delle strutture tecniche” aggiungendo che ha ricevuto in eredità dalla giunta populista di Napoli una situazione traumatica: “decine di pini ridotti in ceppi nel panoramico parco del Virgiliano, a Posillipo, scuole in condizioni disastrose, trasporti ai minimi. Ora bisogna ricostruire”. Ma per ricostruire il sindaco aggiunge di aver bisogno di assumere almeno 1000 unità tra personale tecnico per il PNRR, informatici, vigili urbani, impiegati, dirigenti in quanto oggi “il Comune non è in grado di sviluppare progettazione in proprio” ammettendo di aver presentato pochi progetti per accedere ai fondi del Recovery Plan, lasciando intendere “che se da Roma non fossero onorati gli impegni sarebbe pronto a lasciare”. Ecco quello che temevamo è già realtà. In effetti, il nuovo sindaco vuole mano libera per assumere più di un migliaio di dipendenti (per il momento). Manovra analoga a quella di Bassolino, dichiarando apertamente che vi sono pochi progetti per accedere ai fondi del PNRR. Insomma una vera e propria bancarotta per la quale probabilmente gli impegni del Governo, di cui accenna il sindaco, vanno molto oltre quelli fissati dal Recovery Fund, peraltro utilizzabili solo per i progetti approvati. La situazione è drammatica per la quale è sempre il sindaco a dichiararlo: “Napoli può risollevarsi sul serio: ora o mai più! Ma questo processo dev’essere accompagnato dal Governo con un forte intervento nella finanziaria”. Il tentativo del sindaco è di intercettare altri fondi che dovrebbero essere inseriti dal Governo nella legge finanziaria che si va ad approvare. Fondi che, a differenza di quelli del PNRR, potranno essere utilizzati dai comuni senza alcun controllo. “Ora o mai più!” ha detto il sindaco. Ma è un ritornello che conosciamo bene. Sono decenni ormai – per limitarci al dopoguerra – che lo Stato ha destinato denaro al Sud a partire dalla Cassa del Mezzogiorno e siamo, a distanza di settanta anni, ancora alle prese con un ritardo nello sviluppo del Sud. Senza dimenticare temi ancora più delicati come l’abbandono delle campagne, l’inquinamento, il totale disinteresse per le strutture pubbliche e l’abusivismo edilizio diffuso. Una realtà dolorosa, sofferta, su cui lo Stato è intervenuto con trasferimenti di un’enorme massa monetaria che è servita solo per “chiudere la bocca” senza avere un piano né a livello nazionale né a livello regionale per assumersi le proprie responsabilità storiche. Anzi, chiudendo entrambi gli occhi, ha lasciato che tutto andasse alla deriva e che una parte della società, quella costituita dalla criminalità organizzata, potesse estendere il suo controllo sociale. In poco più di 50 anni Stato e Regione sono stati capaci di rendere invivibile una larga parte del territorio – si pensi al disastro della Terra dei Fuochi – territori all’interno lasciati pressoché deserti mentre il disastro ambientale era completato dall’inquinamento delle acque. Il fiume Sarno, che raccoglie gli scarti della lavorazione delle pelli provenienti dall’interno del paese, è il fiume più inquinato d’Europa che scarica a cielo aperto i veleni nel Golfo di Napoli. Il patrimonio archeologico e paesaggistico è allo sbando. Oggi non vi sono neppure i soldi per tenere aperto il Parco del Vesuvio. E non ci sono piani concreti per l’evacuazione in caso di terremoto o di eruzione vulcanica. Una realtà che grava su una popolazione di circa due-tre milioni di persone. Quanti anni ancora bisognerà attendere per vedere un’inversione di rotta che consenta di continuare a sperare? Per chi da decenni ha denunciato sperperi, abusi e disorganizzazione in questi anni dal secondo dopo guerra e fino ad oggi, non c’è più, non dico convinzione, ma neppure speranza che qualcosa cambi. Ma il disastro non è solo quello di Napoli ma di tutto il Sud. Anche il Presidente dell’ANCI, Antonio De Caro, sindaco a Bari, ha denunciato che “senza le competenze necessarie alla progettazione, non possiamo neanche accedere ai bandi. Servirebbero almeno 5 mila unità per colmare i vuoti”. Isaia Sales, altro protagonista della politica a Napoli e in Campania, denuncia che “per le condizioni disastrose degli enti locali si rischia che i territori più bisognosi di sostegno non saranno in condizione di intercettare le risorse a loro destinate e spenderle”. Quando la caduta del muro di Berlino portò alla riunificazione della Germania che era rimasta divisa in due parti, in venti anni di duro lavoro e con l’afflusso di ingenti investimenti, la Germania seppe riprendersi il suo ruolo in Europa e nel mondo. “Oggi, scrive sempre Sales, non possiamo permetterci di essere una nazione a metà”. Il fatto è che storicamente non c’è mai stata nessuna unità tra il Nord e il Sud d’Italia. Anzi, l’unificazione ancora a distanza di due secoli circa, non ha saputo cancellare quella che era stata una vera e propria guerra di annessione dei territori del Sud da parte di un piccolo Stato come il Regno di Sardegna. Quella ferita non si è ancora chiusa, né saranno gli investimenti oggi richiesti dal Sud che cambieranno il quadro sociale ed economico di questa parte d’Italia. Solo una politica che sia capace di affrontare una sfida che è diventata oggi di dimensioni impressionanti potrebbe ridare dignità a questi territori che furono al centro di grandi rivolgimenti storici nei secoli passati, culla della civiltà mediterranea, che ha primeggiato tra le altre potenze europee sia nei traffici commerciali che nelle arti e nella cultura. Ecco, se si vuole davvero restituire al Sud quello che al Sud è stato tolto, ebbene non c’è altra strada da seguire. Ma senza ipocrisie e infingimenti. Ma è pronto questo Governo a farlo? A me sembra che ancora una volta si voglia continuare una politica guardando all’oggi e dimenticando sia il futuro sia anche il passato di questa parte dell’Italia che resta ancora a bussare alle porte dell’Europa, quando invece queste contrade in passato ne erano parte integrante. Al lavoro dunque per un reale rinnovamento in nome della storia e della integrazione europea.

Novembre 2021

Il PNRR al Sud. Ancora una volta si riapre la questione meridionale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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