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IL GOVERNO POLACCO CONTRO il TRATTATO di ISTANBUL

Dopo la vittoria del conservatore Duda alle ultime elezioni presidenziali in Polonia, ci si aspettava che il governo sovranista portasse avanti il suo programma di limitare i diritti civili e combattere il movimento delle donne che in Polonia rivendicano il diritto sia al libero aborto sia di essere difese contro la violenza della società. In effetti, uno dei primi atti del governo polacco chiarisce quale sia il piano di lavoro del governo che intende portare fino in fondo il suo attacco contro le donne e i gay. Il Ministro della Giustizia Ziobro ha detto di aver avviato il processo di ritiro della Polonia dalla Convenzione di Istanbul affermando che essa contiene disposizioni di natura ideologica, scatenando proteste sia in Polonia che all’estero, con l’Unione Europea e il Consiglio d’Europa che hanno espresso rammarico e preoccupazione, mentre in tutta la Polonia vi sono state numerose proteste. Anche se il capo della Cancelleria del Primo Ministro ha affermato che “non c’è una decisione ufficiale ed inequivocabile sulla Convenzione di Istanbul”. Ma di che cosa di tratta?  La Convenzione in oggetto, era stata proposta dal Consiglio d’Europa, la più antica organizzazione per i diritti umani del continente, ed era stata firmata da un precedente governo polacco nel 2012, per essere poi ratificata nel 2014. Il Ministro della Giustizia polacco, che fa parte dell’ala ultra-conservatrice del governo, insiste sul fatto che alcune disposizioni del Trattato minano i valori conservatori della famiglia e lo aveva liquidato come “una creazione femminista volta a giustificare l’ideologia gay”. Il Trattato non menziona esplicitamente il matrimonio gay ma ciò non ha modificato né la posizione della Polonia conservatrice ma neppure quella dell’Ungheria e della Slovacchia. Di fatto, il Ministro della Giustizia Ziobro ha confermato che lunedì prossimo inizierà a preparare la procedura per il ritiro dalla Convenzione. Ricordiamo che il Trattato è il primo strumento vincolante al mondo per prevenire e combattere la violenza contro le donne dallo stupro coniugale alle mutilazioni genitali femminili. “Lasciare la Convenzione di Istanbul sarebbe altamente deplorevole ed un grande passo indietro nella protezione delle donne contro la violenza in Europa” ha dichiarato domenica scorsa il Segretario Generale del Consiglio d’Europa. C’è stata anche l’indignazione di diversi membri del Parlamento Europeo come il leader spagnolo del gruppo socialista che ha definito la decisione “vergognosa” mentre l’eurodeputata irlandese di centro-destra Frances Fitzgerald ha dichiarato che oggi è essenziale che tutta l’UE ratifichi la convenzione “affinché nessuna donna sia lasciata indifesa e vulnerabile alla violenza”. Vi sono infatti alcuni paesi membri dell’UE, che non hanno ancora sottoscritto il Trattato come l’Ungheria e la Slovacchia e che continuano a sostenere che esso è in contrasto con la definizione costituzionale del matrimonio come unione etero-sessuale. Anche la Turchia sta valutando di ritirarsi dal Trattato, mentre le donne turche hanno marciato in diverse città per esprimere il loro sostegno al Trattato preoccupate per il crescente numero di donne uccise, tra cui l’assassinio della studentessa universitaria Pinar Gultekin avvenuta questo mese. Non c’è dubbio che, più si afferma il sovranismo, più si abbattono le norme a tutela del genere più debole come le donne, che si vorrebbe far rientrare nelle case a filare la lana come una volta. Ma i tempi son cambiati, direbbe qualcuno. La società è in continuo cambiamento e quello che non si può tollerare oggi è che sia messo in discussione, ancora una volta, sotto diverse spoglie, la parità di genere tra uomo e donna. Una parità che le donne hanno conquistato per strada quando le prime suffragette inglesi e francesi che scendevano in piazza per rivendicare la parità delle donne in ogni luogo di lavoro e il riconoscimento di pari condizioni nel campo del lavoro. C’è da ricordare che le nostre nonne e le nostre mamme solo alla fine della seconda guerra mondiale si conquistarono il diritto di poter partecipare all’elezione dei rappresentanti al Parlamento. Una condizione della donna il Italia ancora dominata dalla mentalità maschilista di gran parte degli uomini mentre la battaglia contro la violenza casalinga e quella di genere, contro donne e gay, non si può dire ancora vinta. Anzi, stranamente più aumenta la repressione ed il disagio collettivo di questa società, più il fenomeno si diffonde. E’ giusto dunque rivendicare quanto meno che resti in piedi una legge a difesa della dignità e della vita delle donne.

30/07/2020

IL GOVERNO POLACCO CONTRO IL TRATTATO DI ISTANBUL

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