Il rapporto 2016 della “Commissione europea per l’efficienza della Giustizia”
A fine ottobre 2016 la Commissione (CEPEJ) ha pubblicato il rapporto relativo ai dati del 2014. Il documento contiene preziosi elementi di conoscenza e valutazione sul funzionamento della giustizia in Italia confrontandoli con quelli degli altri 45 paesi europei che hanno fatto pervenire i loro dati alla Commissione. Le informazioni più rilevanti sono quelle del budget pro-capite che i singoli Stati destinano al settore giudiziario, la percentuale del bilancio annuale della giustizia, le entrate derivanti dai costi della giustizia a carico del cittadino e dell’utente, al numero dei giudici, dei PM, degli avvocati, all’organizzazione dei Tribunali. L’Italia si colloca nel terzo gruppo di Stati, tra quelli cioè che hanno dedicato al sistema giudiziario un budget pro-capite tra i 60 e i 100 euro come la Francia (64€), Finlandia (71 €), Norvegia (€ 78). La prima domanda che viene spontanea è come mai, malgrado le risorse destinate al settore, l’Italia continua ad essere il fanalino di coda dei paesi europei per quanto riguarda l’efficienza. Una risposta plausibile è che non si tratta dunque di mancanza di risorse ma di pessima gestione delle stesse. Anche per quanto riguarda la percentuale del bilancio annuale (2014) della giustizia all’interno della spesa pubblica è stata pari all’1,3% con una riduzione del 3,4% rispetto al 2012 mentre le entrate derivanti dalle tasse/spese di giustizia nel 2014 sono state pari ad € 7,62 pro-capite con un incremento del 42% rispetto al 2010. Mentre, dunque, vi è stata una diminuzione della spesa totale vi è stato un forte incremento delle spese sostenute dall’utente. Segnale, questo, che costituisce un aumento dei costi sostenuti per accedere alla giustizia statale. Il che, in termini diversi, significa che lo Stato sta limitando l’accesso alla giustizia delle fasce più deboli. Per quanto riguarda il numero degli addetti, nel 2014 il numero complessivo dei giudici in Italia era di 6.939, pari a 11,4 unità per 100.000 abitanti. Una cifra certamente non adeguata al volume delle cause mentre il numero dei PM nel 2014 è stato di 3,4 per 100.000 abitanti mentre il numero degli avvocati nel 2014 era di 223.842 ossia 368 ogni 100.000 abitanti, quota superata solo dal Lussemburgo (387), dalla Grecia (388) e da Malta (383). Certo questo numero così alto di avvocati fa discutere anche perché l’aumento costante negli anni degli iscritti non fa che accrescere la concorrenza andando ad abbassare la qualità professionale. Ma nemmeno è da sottovalutare il numero dei magistrati del tutto insufficiente a gestire il contenzioso giudiziario. A conferma del fatto, ben noto, che sono carenti strutture e personale. Se non si modificano questi tre dati (rapporto tra magistrati, avvocati e risorse) il sistema giudiziario italiano sarà sempre a rischio di collasso. Il governo negli ultimi anni ha tentato – attraverso una serie di riforme – di rendere più difficile l’accesso alla giustizia. Lo si vede in due settori chiave, quello del giudizio di appello e quello dei ricorsi ex lege Pinto che hanno intasato le Corti d’Appello, favorendo dall’altra parte costituisce sistemi alternativi a quello giudiziario, come la mediazione. Ma i risultati non sono promettenti: se l’afflusso alla giustizia civile si è rallentato in questi ultimi anni ciò è dovuto essenzialmente ai paletti imposti dal legislatore accresce la disaffezione e la sfiducia nei confronti del sistema giudiziario. La situazione dunque va costantemente monitorata per studiare alternative più efficaci ricordando che una giustizia approssimativa e frettolosa non fa che peggiorare la qualità del servizio.
Febbraio 2017
Fonte: Diritto penale contemporaneo
Nota a cura avv. E. Oropallo
Il rapporto 2016 della Commissione Europea per l’efficienza della Giustizia