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UNA PARTITA PERSA IN PARTENZA

All’incontro in Scozia, difronte ad un giocatore esperto come Trump, ci si aspettava che al tavolo da gioco si sedesse un commissario di provata esperienza – e non certamente l’algida segretaria Von der Leyen che a stento riusciva a stare in piedi, lasciando campo aperto a Trump il quale ha giocato tutte le sue carte. L’incontro, dunque, si è rivelato un “grande successo” per il leader americano mentre la Presidente della Commissione UE affermava che “meglio di così non si poteva fare“.

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L’accordo è stato ampiamente contestato, a partire dall’ex Commissario Gentiloni (per l’assenza di membri del governo italiano) e di quello tedesco. Neppure è difficile che il Parlamento europeo possa rivedere i termini dell’accordo così gravoso per l’UE.

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Il Presidente Macron che non ha partecipato alle trattative, dopo la firma dell’intesa ha espresso rammarico per il fatto che “l’Europa non si percepisce abbastanza come potenza“, invitando la Commissione “a lavorare per riequilibrare il rapporto con gli Stati Uniti“. Le parole di Macron si aggiungono al crescente coro di critiche europee e riflettono una frustrazione più diffusa anche in patria. L’ex Primo Ministro francese Bayrou ha definito l’accordo una “sottomissione“, mentre altri membri del governo hanno sollevato dubbi sia sui contenuti che sulle modalità con cui si è arrivati alla firma. Nessuna dichiarazione ha reso la nostra Presidente del Consiglio e altri membri dell’UE, nel timore di far torto all’ingombrante alleato atlantico.

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Al contrario, Orban ha fatto sentire la sua voce, non risparmiando critiche alla Von der Leyen, definendola “un peso-piuma” rispetto a Trump. L’accordo – aggiunge Orban – include anche un impegno da parte dell’UE ad acquistare energia dagli Stati Uniti per 750 miliardi di dollari, ed a investire ulteriori 600 miliardi negli USA. Ora le Cancellerie europee temono l’autogol “arricchendo così Donald“, mentre la posizione di Ursula si fa sempre più debole e isolata.

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Lo stesso Trump minaccia l’Europa di far salire i dazi al 35%, se l’Europa stessa non farà gli investimenti. Il Presidente ricorda l’impegno di Bruxelles a comprare gas e beni statunitensi. Il Cancelliere Merz aggiunge “per Parigi è una giornata buia“. L’industria tedesca subirà gravi conseguenze – ma la delusione è diffusa fra tutti i governi europei a partire da quello polacco per finire con quello di Madrid, mentre la Von der Leyen è accusato dai sovranisti, ma anche dagl’imprenditori.

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Crescono le prime tensioni all’interno dell’UE

I vertici dell’Unione – come scrive Claudio Tito da Bruxelles – sanno che la pace commerciale siglata con gli USA può significare la guerra nelle fila dell’UE“. È una sconfitta politica, perché la Commissione e i governi dell’UE non hanno trovato il coraggio di rischiare uno scontro frontale con Trump. Come già è successo al vertice della NATO l’UE ha assunto impegni che non sa se vorrà e potrà mantenere. “È chiaro – come scrive sempre il corrispondente da Bruxelles – che Ursula Von der Leyen ha cercato di guadagnare tempo pensando già a un dopo Trump, ma, nei prossimi mesi, i nodi verranno inevitabilmente al pettine, insieme a quelli tuttora irrisolti del rapporto sempre più difficile tra Europa e Stati Uniti“.

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L’economia dei dazi

I dazi sono tasse sulle importazioni pagate dall’importatore all’ingresso delle merci negli USA, partendo dall’idea che questi possano migliorare la bilancia commerciale degli Stati Uniti e rilanciando il settore manifatturiero. Tuttavia, la maggior parte degli studi indica che, nonostante la possibilità di modesti benefici, la manovra può portare ad un aumento dei prezzi di beni intermedi e l’introduzione di dazi di ritorsione da parte degli altri paesi che tendono a ridurre l’occupazione complessiva. A luglio del 2025 il Dipartimento del Tesoro americano ha incassato 27,6 miliardi di dollari dai dazi sulle importazioni. In effetti, il Presidente della Federal Reserve Jerome Powell, in occasione del suo ultimo intervento a Jackson Hole, ha dato il segnale di un possibile ribasso dei tassi a settembre – mostrando preoccupazione per il livello dell’occupazione. Il capitalismo americano non si può permettere di aumentare i tassi dei dazi che potrebbe strangolare i tanti debitori USA oltre a raffreddare la corsa all’acquisto dei titoli americani. Per cui onde sopravvivere avrebbe bisogno di risucchiare ancora più sangue nel resto del mondo che, a parte l’Europa, non sembra più disposto a sopportarlo.

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Ad un passo dal baratro

Secondo analisi recenti (agosto 2025), il debito pubblico degli Stati Uniti è considerato preoccupante e potenzialmente fuori controllo, a causa di una crescita sostenuta e alimentata da politiche fiscali insostenibili e una mancanza di strategie per il controllo del deficit. L’aumento del debito potrebbe portare a conseguenze negative come un rallentamento della crescita economica, un aumento dei costi di interesse e una minore flessibilità politica (un peso per le aziende). Se il debito USA continuerà a crescere (nonostante l’adozione dei tassi) potremmo assistere – come già sta avvenendo – ad una minore disponibilità da parte degli operatori interni e internazionali di investire sui titoli del Tesoro americano. L’effetto sarebbe di rendere più probabile l’esplosione della bolla speculativa finanziaria e di rendere una parte del debito statunitense non più solvibile, facendo crescere l’instabilità economica degli USA, coinvolgendo anche il resto del mondo.

Settembre 2025

Avv. Eugenio Oropallo

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