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UNA LEZIONE DI REALISMO POLITICO

Intervenendo al convegno dell’Economia di Trento per parlare di transizione ecologica e di nuovi modelli di sviluppo, l’economista Jeffrey Sachs della Columbia University ha sostenuto che: “Il solco che si sta scavando nel mondo tra l’Unione Europea e gli USA da una parte e la Russia dall’altra ma anche tra gli USA e la Cina non sono la fine della globalizzazione” perché cibo, lavoro, clima sono elementi che confermano che il mondo è interconnesso e sbaglia che vuole dividerlo” (la Repubblica del 3/6). L’idea che possiamo chiudere le frontiere ad altri paesi è un’idea molto pericolosa perché così siamo più esposti al rischio di conflitti. “Se smettiamo di essere interconnessi come potremo risolvere le questioni legate al cambiamento climatico? E’ per questo che non si può essere a favore della politica estera degli Stati Uniti che vede i rapporti con il resto del mondo sotto forma di alleanze come la NATO per cui cresce a dismisura il rischio di conflitti. Ancora più esplicita è la condanna della politica USA nei confronti dell’Europa.” Le priorità degli Stati Uniti, ha chiarito l’economista, non solo le priorità dell’Europa. L’Europa non ha interesse a inimicarsi la Cina e neppure che la Nato possa espandersi all’Oriente. Gli USA, al contrario, stanno tendando di coinvolgere l’Europa in un conflitto latente con la Cina allargando dunque il livello dello scontro. È davvero incredibile che a chiarirci come stanno realmente le cose ce lo venga a dire un professore americano di economia mentre l’Europa non fa altro che tacere e a subire l’egemonia degli USA. Come andrà a finire? Innanzitutto dichiara l’economista “bisogna che questa guerra finisca e non può finire che con un compromesso”. Il contrario di quanto stanno facendo gli USA e la Nato. Ma se i politici USA non sono disponibili, è l’Europa che dovrebbe farsi carico di questa proposta, altrimenti si rischia una escalation del conflitto tra superpotenze nucleari e non ci sarà vittoria per nessuno. E qui bisogna dire che la debolezza manifestata dai dirigenti europei difronte alle decisioni degli USA, rende urgente la prospettiva di sganciarsi dal percorso politico e militare degli USA, ritornando a pensare alla creazione di un sistema difensivo e di sicurezza europea esteso a tutti i paesi europei e nello stesso tempo accelerare i tempi per la costruzione degli Stati Uniti d’Europa aprendo le porte dell’Unione europea a quei paesi balcanici che da venti anni hanno fatto domanda di adesione ma che è stata bloccata proprio a causa della guerra per cui c’è bisogno anche di riaprire la discussione su questo tema dell’allargamento. La debolezza dell’Europa è evidenziata anche dal fatto che la maggior parte dei paesi dell’Unione si appoggiano alla Nato e agli USA che hanno ben altri orizzonti per cui c’è bisogno di modificare tutta la politica estera dell’Unione e ciò non può essere fatto dai quei dirigenti che si sono fatti paladini degli USA e della Nato che hanno trasformato la nostra Europa in un arsenale di guerra con l’ossessione che il nemico è alle porte. È tempo di cambiare di cambiare il sistema e il tempo che ci resta è poco: nuove energie vanno messe in campo per vincere questa sfida e raggiungere in tempi rapidi la sospensione di ogni attività bellica in Ucraina. Purtroppo, un’altra decisione balorda dell’Unione è stata quella di lasciare che siano Zelenski e gli ucraini a decidere come e quando finire la guerra mentre noi continuiamo a inviare massicci rifornimenti militari in Ucraina consentendo così che la guerra continui, a danno dell’economia europea ed aumentando la divisione in seno all’Unione europea.

Luglio 2022

UNA LEZIONE DI REALISMO POLITICO

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