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Sovranismo e democrazia diretta

Dopo l’esito del referendum che si è svolto sulla piattaforma Rousseau, può prendere il largo la navicella del nuovo governo.

E’ stato un grande momento di democrazia diretta per il paese” esulta Luigi Di Maio, aggiungendo che sarà “un ciclo di cinque anni per realizzare tutti i punti del programma”. Gli fa eco Davide Casaleggio proprietario della piattaforma “E’ stato – dichiara – il record mondiale di partecipazione diretta ad una votazione politica, la vittoria della democrazia diretta”. “E’ il segnale – scrive La Repubblica – oggi in edicola – che Nicola Zingaretti e tutti i dem. hanno atteso col fiato sospeso fino a sera”. “Ora andremo a cambiare l’Italia, un passo in avanti per un governo di svolta” dichiara il segretario del PD. Tutto a posto dunque? Potranno gli italiani sperare veramente in una politica di cambiamento? Potrà l’UE contare su un governo che possa collaborare alle riforme necessarie e urgenti di cui ha bisogno l’UE per realizzare gli obiettivi di questo prossimo futuro? Non ne siamo del tutto convinti anche perché non c’è ancora accordo sulle scelte di questo governo che non ha certo molto tempo per decidere, soprattutto in considerazione degli impegni assunti a livello europeo. “Non si conosce quali decisioni assumerà sui migranti, quali linee segneranno la prossima legge di bilancio, se verranno riviste le concessioni autostradali come ha confermato Luigi Di Maio; se esiste ancora una via di ritorno per l’addio alla TAV o alla TAP” scrive su La Repubblica di ieri Claudio Tito. “Deboli appaiono le fondamenta di questo governo – aggiunge Tito – soprattutto – “se si considera quanto esile si stia rivelando il gruppo dirigente del Movimento 5 Stelle” e “quanto sia profonda la spaccatura dentro al PD tra chi continua a coltivare più di un dubbio su questa operazione”. “Tutto questo smentisce che si possa parlare di una maggioranza solida con un programma di legislatura, come richiesto dal Quirinale”. Ma non nascondono i commentatori politici la farsa imbastita da Di Maio per subordinare la validità dell’accordo di governo ad un voto favorevole espresso dagli iscritti sulla piattaforma Rousseau. “Una farsa questa – scrive ancora Tito – che segna l’atto finale di nascita dell’esecutivo”. Una vera e propria “eresia istituzionale”. Il problema, come evidenziato da più parti, non è la consultazione ma il fatto di aver legato all’esito della stessa la conferma o meno di un patto di governo sottoscritto nelle sedi istituzionali, secondo quanto previsto dalla Costituzione. Se si trattava di un sistema decisionale scelto dal M5S, ebbene esso doveva restare interno al gruppo che aveva tutta la libertà di decidere sull’alleanza di governo prima e non dopo che le ultime convulse settimane sono erano state occupate da una frenetica trattativa tra i due partiti, dopo che il Presidente della Repubblica aveva dato mandato all’avv. Conte di verificare la possibilità di giungere alla formazione di un governo in grado di durare fino alla fine della legislatura. Ci sia lasciato dire che si tratta di un gravissimo vulnus al sistema costituzionale italiano, in quanto si è consentito che un accordo di governo potesse essere ratificato da una esigua minoranza nel corso di una pseudo consultazione democratica gestita da un’istituzione privata, senza alcun controllo esterno. Se Di Maio e soci hanno ritenuto che era una ghiotta occasione per riaffermare la propria leadership all’interno del M5S non si può far passare il voto sulla piattaforma come una prova  di democrazia diretta. Come scrive lucidamente sulle pagine di La Repubblica di oggi Ezio Mauro “ricorrere ai cittadini e dar loro la possibilità di esprimersi …è sempre positivo ma i tempi e i modi del ricorso a Rousseau interferiscono con il percorso istituzionale previsto per le crisi di governo e invadono lo spazio costituzionalmente riservato in questo passaggio politico ai poteri dello Stato, primo fra tutti il Presidente della Repubblica”. Nulla da eccepire se la consultazione si fosse svolta prima e non dopo alla firma dell’accordo perché “non si sarebbe sovrapposta al metodo istituzionale condizionandolo e imbarazzando i titolari”. “Un voto politico, dunque, di un popolo gregario truccato da protagonista – scrive ancora Ezio Mauro – con il risultato politicamente paradossale e istituzionalmente assurdo di una base – oltremodo ristretta – che poteva teoricamente revocare le decisioni prese dai suoi vertici su un’intesa di governo ormai alle battute finali e addirittura sconfessare l’operato del Capo dello Stato, senza averne nessuna titolarità costituzionale per farlo”.                       In ipotesi estrema – aggiunge Mauro – il meccanismo di Rousseau potrebbe essere usato intenzionalmente da un piccolo gruppo organizzato per dirottare le decisioni politiche secondo convenienza”. Un metodo tutt’altro che affidabile dunque, un tentativo di scavalcare ogni principio di democrazia, delegando ad un gruppo isolato ed estremamente minoritario, anche se ben organizzato, di condizionare le scelte di un paese. Un vero e proprio esempio di “dittatura della rete”. Forse farebbe bene il popolo grillino ad abbandonare un rituale che può diventare un vero e proprio rischio per la democrazia che va difesa contro ogni tentativo di adattarla alle proprie tendenze di regime o alle proprie esigenze politiche. Di qui il monito a vigilare contro tutti quelli che, dietro il richiamo alla democrazia diretta, al popolo sovrano, perseguono solo l’obiettivo di un potere sovranista, che non conosce né critica né opposizione. Non era questo l’obiettivo di Salvini? Se questo era il sistema che Salvini rivendicava, non sembra che i grillini si siano vaccinati contro questo pericolo. Lo sviluppo dell’attività di governo ci dirà se questa alleanza sia capace di bloccare ogni manovra sovranista.

Settembre 2019

 

Sovranismo e democrazia diretta

 

 

 

 

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