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SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO E DIRITTI INDISPONIBILI DELL’INDIVIDUO

Le carceri italiane sono le più sovraffollate dell’Unione europea. È quanto emerge dal rapporto del Consiglio d’Europa Space 2021 che fotografa la situazione dei sistemi penitenziari dei 47 Paesi membri dell’organizzazione fondata nel 1949.

Alla fine del gennaio 2020 in Italia c’erano 120 detenuti per ogni 100 posti. Una situazione peggiore si trova solo in Turchia, dove c’erano 127 carcerati per ogni 100 posti. Seguono Belgio con 117 detenuti per ogni 100 posti, Francia e Cipro con 116, Ungheria e Romania con 113, Grecia e Slovenia con 109 detenuti ogni 100 posti.

Se si osservano i trend della popolazione carceraria in Italia dal 2000, il Paese sembra avere due strade per risolvere la questione del sovraffollamento. La prima è “ridurre la durata delle pene”, e la seconda è “di costruire più prigioni”, anche perché, “le amnistie, come quella del 2006, non risolvono il problema” così scrive “Euroactiv.it”. Ed è questa oggi l’opinione prevalente alimentata, purtroppo, dalle tante presenze televisive di magistrati, inquirenti, in particolare della Procura di Catanzaro, che insistono perché si proceda alla costruzione di nuove carceri e, soprattutto, mega-prigioni di 4-5 mila reclusi aumentando il rischio di isolamento rispetto alla società esterna. Raro che un giudice giudicante – per ovvi motivi – non abbia la stessa visibilità di un Magistrato inquirente che peraltro è parte del processo, finendo per legittimare una carceraria non reale e soprattutto spingere l’acceleratore per avere maggior controllo sull’universo carcerario.

In un recente passato sono stati proprio i vertici della Magistratura ad insistere su un uso moderato del carcere e della carcerazione preventiva, soprattutto, per evitare abusi. Ma la lezione sembra sia stata ben presto oscurata dimenticando che la funzione afflittiva della pena ha una sua legittimità solamente in una cornice di legalità e ragionevolezza.

Come scrive Bortolato sul quotidiano “Il Dubbio” “Quando Presidente della Scuola Superiore della Magistratura era il professor Valerio Onida, i giovani magistrati in tirocinio erano tenuti a frequentare degli stage penitenziari addirittura per 15 giorni. Poi, per alcune ingiustificate polemiche che sono sorte anche all’interno della magistratura, non se ne è fatto più nulla”.

Scrive una giovane procuratrice francese che: “Ogni volta che chiediamo la reclusione per un imputato dobbiamo avere chiaro in mente il luogo dove vanno a finire i condannati, mentre vedo che il racconto sociale che si fa della prigione è del tutto distorto, si ha quasi l’impressione che si tratti di un villaggio turistico dove le persone dormono, mangiano e fanno sport”.

Il fatto è che molti magistrati del penale, ben più di quelli che si possa immaginare, non hanno mai fatto ingresso in un carcere se non nella piccola saletta ove si svolgono gli interrogatori con i detenuti. “A proposito di percezione falsata, i carcerati italiani hanno in media pene più lunghe rispetto ai vicini europei: le condanne fra i 10 e i 20 anni riguardano il 17 per cento dei detenuti con condanna definitiva, sei punti in più della media dei Paesi europei, mentre quelli che hanno una pena fra i cinque e i dieci anni sono il 27 per cento, contro il 18 del resto del continente. Ciò significa che in Italia si rimane in carcere di più. Il che, tradotto nella realtà, significa che le pene sono più de-socializzanti che altrove, tendono cioè a creare più facilmente individui che, scontata la pena, fanno una fatica maggiore per ritrovare un posto nella società” scrive sempre il quotidiano “Il Dubbio”, aumentando il rischio della recidiva.  Continua “Il Dubbio”: “Ogni magistrato è soggetto solo alla legge e soprattutto alla Costituzione, dove si dice ben altro in tema di funzione della pena. Il modello attuale basato sulla riabilitazione ha certamente dei limiti, ma è il fondamento culturale dell’ordinamento penitenziario che nasce, ispirato dal principio costituzionale dell’art. 27, solo nel 1975, ben dopo 27 anni di vita della Carta. Lo scopo è quello di offrire al condannato il massimo di opportunità per riabilitarsi attraverso gli strumenti del trattamento: il lavoro, l’istruzione, la cultura, i rapporti con la famiglia. E su questo l’opera della Magistratura di sorveglianza, cui si aggiunge quella di tutelare i diritti dei ristretti, è il fondamento giuridico” da tener sempre presente.

In attesa di conoscere il testo che approverà il Parlamento sulla scorta delle indicazioni che ne darà il Ministro della Giustizia, speriamo che cessi ogni abuso e soprattutto chiarito quale sia nella società attuale il compito di tutti i protagonisti del sistema giudiziario, applicando i principi posti dalla Costituzione e riducendo progressivamente il ricorso alle misure detentive, che spesso aggiungono pena a pena, laddove va riconosciuto anche al recluso diritti indisponibili dell’individuo che vanno rispettati anche nel caso di limitazione della libertà personale, come molto spesso ha riconosciuto la CEDU chiamata in causa proprio per le continue violazioni della Convenzione da parte della Magistratura italiana.

Giugno 2021

Sovraffollamento carcerario e diritti indisponibili dell’individuo

 

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