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SEMPRE PIU’ PERICOLOSA PER I PESCATORI SICILIANI LA PESCA NEL MEDITERRANEO CENTRALE

Ai primi di Maggio, sono stati sparati colpi di arma da fuoco dalla Guardia costiera libica che hanno causato il ferimento del comandante di un peschereccio di Mazara del Vallo che operava a 35 miglia da Misurata. Per non parlare dei 108 giorni di prigionia dell’equipaggio di un peschereccio catturato al largo di Bengasi per la cui liberazione il generale Haftar ha preteso la visita del nostro Ministro degli Esteri e del Presidente del Consiglio in segno di implicito riconoscimento del governo ribelle. Ma per i pescatori siciliani anche le acque del Mediterraneo centrale sono sempre più agitate. Due settimane fa, i pescherecci italiani sono stati presi a colpi di pietra nella zona di mare tra Turchia e Siria.

Si è trattato di una mini battaglia navale per cui i pescherecci italiani ancora una volta sono stati costretti alla ritirata malgrado poco lontano si trovasse una nave della Marina militare italiana che è intervenuta per fermare le aggressioni dei nostri pescatori. “Adesso – dichiara uno degli aggrediti – davvero non sappiamo più dove andare a pescare” ma la Difesa italiana ha dato un’altra versione dell’episodio: “Fino a prova contraria quello al largo di Cipro è un incidente che è stato frenato e gestito dalla Guardia costiera turca”.

In effetti, come dice esplicitamente il Ministro della Difesa, Guerini “quella della territorializzazione del Mediterraneo è una tendenza preoccupante che se non venisse contrastata tempestivamente potrebbe vedere i nostri diritti lesi in termini di sfruttamento delle risorse marine e per la loro tutela”. “Ogni Stato – dicono alla Difesa – a partire dalla Libia, inizia a difendere il mare come fosse un pezzo di terra, anche se non ci sia un riconoscimento internazionale delle sue richieste”.

La situazione è certamente complessa ma è aggravata dalla problematica dei confini marittimi. La Libia ha un mare territoriale di 12 miglia soggetto alla sua sovranità ma una zona economica esclusiva (Zee) adiacente al mare territoriale nella quale lo Stato costiero ha diritti esclusivi di pesca ed i terzi sono ammessi solo con il suo consenso che di regola comporta la stipula di accordi a titolo oneroso e questo spiega che, pur essendo presenti navigli della nostra Marina militare, essi non possono intervenire per garantire un diritto inesistente, cioè la pesca dei battelli siciliani. Se lo facesse, si tratterebbe di un illecito internazionale: tra l’altro un decreto legislativo del 2012 tutela l’obbligo di non pescare nelle acque altrui. Ovviamente la questione della pesca nelle acque prospicienti la Libia è di vitale importanza per la marineria siciliana. La soluzione ideale sarebbe quella di un accordo per la pesca tra UE e Libia che potrebbe prevedere anche un accesso preferenziale per l’Italia. Ma in attesa di un accordo di partenariato, c’è da considerare che la Libia non ha ancora ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare per cui è opportuno che l’Italia insista per la ratifica della Convenzione da parte libica.

Il secondo punto riguarda la conclusione di un accordo tra Italia e Libia per definire i confini marittimi tra i due paesi che include anche le future Zee dei due Paesi. Il governo di Tripoli si mostra disponibile per stipulare accordi nel settore marittimo come provato dalla conclusione nel 2019 dell’accordo con la Turchia sui confini marittimi. Ma la minaccia per i pescatori italiani adesso si palesa anche nel Mediterraneo orientale, dove la politica espansionista della Turchia nel Mediterraneo orientale è evidente. Già qualche anno fa è sorto un contenzioso a causa del divieto opposto dalla Turchia alle trivellazioni che alcune imprese europee avevano avviato al largo dell’isola di Cipro per lo sfruttamento delle risorse petrolifere presenti nei fondali dell’isola per cui l’episodio sopra riferito fa parte di questo progetto di espansionismo turco nel Mediterraneo che coinvolge più di uno Stato perché anche Francia e Grecia sono in rotta di collisione con la Turchia di Erdogan anche se – a detta di qualche commentatore politico – la Turchia non ha alcun interesse di mettere in crisi i rapporti con l’Italia ma resta il fatto che, se non viene chiarito l’aspetto politico, ai pescherecci siciliani sarà interdetta la pesca in quella zona di mare. Come ha ribadito uno dei protagonisti dell’episodio sopra riportato: “Se non interviene al più presto l’UE per risolvere il problema della pesca nel Mediterraneo, prima o poi ci scapperà il morto”.  Non crediamo che i problemi possano essere risolti mostrando i muscoli ma è certo che il Mediterraneo, per diversi motivi, costituisce un pericoloso terreno di scontro per molti Paesi che hanno interessi economici ben evidenti nell’area mediterranea.

Maggio 2021

Sempre più pericolosa per i pescatori siciliani la pesca nel Mediterraneo Centrale

 

 

 

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