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SANITÀ IN CRISI

Anche in Emilia-Romagna, fino a qualche anno fa fiore all’occhiello del sistema sanitario nazionale, ci sono segnali di crisi. Già nell’estate scorsa l’assessore regionale Donini era costretto ad ammettere che, per coprire posti vacanti in ospedale, si era fatto ricorso a medici esterni. Il problema riguarda soprattutto i medici di pronto soccorso che è sempre più difficile reperire. Purtroppo posti che erano considerati molto ambiti non trovano candidati per cui per evitare di chiudere i reparti anche nella nostra regione si è fatto ricorso a medici esterni ma a detta dell’assessore “vanno rivisti i meccanismi formativi e il numero chiuso a Medicina ed è quanto meno curioso nel momento in cui mancano medici“. Dopo il caso dei medici a gettone per le emergenze interviene il sindaco Lepore il quale teme che si rischia lo smantellamento dell’attività pubblica, dopo il caso di alcune AUSL hanno deciso di reclutare i medici tramite agenzie private per coprire turni al pronto soccorso e per non chiudere reparti o servizi ospedalieri. Chiaramente i pronto soccorsi non possono essere privatizzati ma non deve stupire se i medici dell’urgenza abbandonano questo lavoro e se i giovani non lo vogliono fare. Di questa difficilissima situazione siamo tutti colpevoli – dicono i professionisti che lavorano nel bolognese in una lettera inviata al giornale “La Repubblica” ma nella situazione attuale non si può fare a meno di ricorrere ai medici esterni se è vero che in regione ne mancano 340 su 855, il 40% dell’organico. Ma da dove arrivano i medici a gettone che permettono ai piccoli pronto soccorso di restare in piedi? Una risposta è a 10 km da Bologna. Si chiama “CMP Global Medical Division” è una società con sede a Granarolo che lavora in sette regioni dalla Lombardia alla Sicilia, conta mille liberi professionisti specializzati in più discipline che possono guadagnare cento euro all’ora per tappare i buchi della sanità pubblica. Si tratta di una pratica molto diffusa in tutta Italia. La società trattiene una percentuale dall’appalto che va dal 3 al 3,5%. Il mercato sembra destinato a crescere e c’è il timore che questa pratica di cui la sanità pubblica oggi sembra avere molto bisogno finirà per distruggere il sistema sanitario che abbiamo oggi ritornando di fatto a privatizzare l’assistenza sanitaria. È un rischio da non sottovalutare anche se i politici, in alcune regioni, stanno proprio remando in questa direzione indirizzando sempre più gli utenti a far riferimento alla medicina privata indebolendo sempre di più la formazione professionale e mandando all’aria ogni tradizione umanistica.

Ottobre 2022

SANITÀ IN CRISI

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