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RECOVERY FUND: INCERTO ANCORA L’OK PER IL RECOVERY PLAN ITALIANO

Solo venerdì sera, dopo lunghe telefonate tra il Capo del governo italiano e il Presidente della Commissione Europea arriva un sofferto SI’ nella notte. “Ne valeva la pena!” dichiara Draghi, non nascondendo la sua soddisfazione. Ma il documento andrà illustrato in Parlamento per cui non è detto che non ci saranno altre sorprese. In effetti c’è stato bisogno di tutta l’autorevolezza dell’ex Capo della BCE per convincere le istituzioni comunitarie ma Draghi ha dovuto anche fronteggiare le critiche di una parte della maggioranza su alcuni temi chiave come il super bonus edilizio che era stato il cavallo di battaglia del M5S ma sostenuto anche da Forza Italia. Comunque, l’anno prossimo probabilmente esso sarà finanziato con la legge di bilancio, sempre che ci saranno i fondi e questo non è certo, al contrario di quello che ha affermato Di Maio.  Il contenzioso con l’Europa è stato uno dei nodi più complicati da sbrogliare per quanto riguarda il piano investimenti che non è stato giudicato affatto dettagliato, motivo per cui era caduto anche il governo Conte. Draghi ha assicurato che le riforme su fisco, concorrenza e giustizia, si faranno a maggio con successivi decreti. Un piano dunque che lascia aperti ampi spazi che vanno ancora integrati: sembra quasi che l’Italia non abbia progetti o che ne abbia tanti da non saperli neppure dettagliare perché all’UE serve sapere quali saranno i settori in cui l’Italia intende investire e come questi investimenti saranno impiegati. Perciò, malgrado le rassicurazioni di Draghi che ha fatto sentire il suo peso di ex Presidente della BCE, non c’è affatto da stare tranquilli che il piano presentato dall’Italia riuscirà a passare l’esame della Commissione e poi dei ministri dell’Ecofin. E l’Europa avrà due mesi per l’approvazione finale del piano, senza intenzione però di dare nuove proroghe. Ed è soprattutto sulla concorrenza che si consuma un braccio di ferro tra l’Italia e l’UE. A partire dalle concessioni balneari che, secondo la direttiva Bolkestein, non potevano essere rinnovate dopo il 2017 prevedendosi una assegnazione in base ad asta pubblica anche con la partecipazione di imprenditori di tutti i paesi UE. Al contrario, con una manovra davvero “truffaldina” il governo italiano ha inventato un sistema, quello della proroga, che viene contestato dall’UE in quanto viola i paletti posti dalla direttiva europea. Manovra che non si giustifica neppure sotto il profilo dell’interesse pubblico, perché il governo abbia rinnovato delle concessioni che hanno consentito a molti imprenditori di fare profitti a palate pagando dei canoni di concessione davvero irrisori per cui non è detto che possa passare indenne anche questa manovra se il governo italiano continua a confermarla. Ma anche per il fisco la riforma per la Commissione è troppo generica. Si evidenzia anche la debolezza di questo governo che vede nella maggioranza confluire le forze di sinistra con quelle della destra più conservativa e padronale che solleva seri dubbi sulla capacità di far pagare le tasse e incidere sul fenomeno dell’evasione fiscale. Claudio Tito su La Repubblica di ieri del 25.4 scrive che forse “il retaggio delle recenti polemiche sul caso Alitalia con il Ministro Giorgetti abbia bloccato per 24 ore il varo del documento finale per tentare di tenere l’Italia in una specie di aria grigia”. Non ci sembra che le cose stiano come racconta Tito. Il fatto è che da una parte ci sono ancora molti dubbi dell’Europa sul Recovery Plan italiano. Senza dubbio, anche il dossier Alitalia getta altre ombre sulla disponibilità dell’Italia di volere effettivamente garantire una concorrenza leale. Per finire, bisogna ricordare che l’UE non è disposta a farsi carico del pesante debito che l’Italia ha con gli investitori europei. Dinanzi alla Commissione di bilancio di Camera e Senato, il Ministro dell’Economia Franco non ha nascosto le sue preoccupazioni per l’andamento del PIL del primo trimestre di quest’anno che ha avuto una contrazione dell’1,2% rispetto all’anno scorso mentre il debito, dopo aver toccato in questi giorni il 160% in rapporto al PIL, potrebbe scendere al 156,3% nel 2022 ma si tratta di un’ipotesi molto remota anche perché gli aiuti di UE e BCE non saranno infiniti. Insomma, ci aspetta un’estate di fuoco, soprattutto se non riusciremo a completare il piano vaccinale che potrebbe aprire una prospettiva di sviluppo e soprattutto limitare la spesa pubblica che oggi rischia di allontanare ogni prospettiva di ripresa.

Aprile 2021

Recovery fund. Incerto ancora l’ok per il recovery plan italiano

 

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