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PROROGA DELLO STATO DI EMERGENZA

 

Dopo le ripetute anticipazioni da parte del Presidente del Consiglio Conte, la settimana scorsa il Consiglio dei Ministri ha deliberato la proroga fino al 31.1.2021 dello “stato di emergenza”. Senza dimenticare le perplessità che già in passato aveva sollevato la scelta di ricorrere ad uno “stato di emergenza” già scaduto a luglio scorso e poi prorogato al 7.10 u.s., ancora una volta è la voce autorevole, quella del prof. Sabino Cassese – già Giudice emerito della Corte Costituzionale – che, sul quotidiano “Il Riformista”, ritorna a far sentire la sua voce contro lo “stato di emergenza” che “è una dichiarazione di impotenza o peggio ancora incapacità”. “Stiamo convivendo – dichiara ancora il prof. Cassese – da dieci mesi in una situazione di pericolo per la salute e uno Stato ben ordinato dovrebbe avere strumenti ordinari per fronteggiare questo pericolo”, ribadendo che “dietro la dichiarazione di proroga dello stato di emergenza c’è una dichiarazione di debolezza dello Stato”. Nella prima fase della pandemia era stato proprio l’allora Presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia a ribadire che “la Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali”. “In democrazia, non si può governare al di fuori dei limiti fissati dalla Costituzione”– scrive il quotidiano “Il Dubbio” che in questi mesi sta monitorando la situazione per segnalare, tutte le violazioni del dettato costituzionale e soprattutto sostenendo la battaglia per il rispetto della legalità, sostenendo le ragioni dell’avvocatura che non ha avuto difficoltà a denunciare l’illegalità a casa propria, come lo aveva fatto per le violazioni sistematiche del diritto commesse dal governo turco di Erdogan. Oggi, in base all’emergenza, il potere politico pretende di essere legittimato a non rispettare più le limitazioni costituzionali. La Costituzione ammette la decretazione (art. 77 Cost.) ma impone la presentazione immediata al Parlamento per la conversione legislativa e – a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale del 1996,- non ne consente la reiterazione. L’uso ormai ricorrente da parte del governo dei cd. Dpcm, ossia i decreti della presidenza del Consiglio, sono atti di natura amministrativa che non sono neppure soggetti alla firma del Presidente della Repubblica e non passano neppure al vaglio delle Camere. Al di là delle diverse interpretazioni date alle parole dell’allora Presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia, il Presidente della Repubblica, non ha ritenuto di intervenire. L’emergenza sanitaria in atto ha dimostrato la fragilità del nostro sistema costituzionale con il governo che ha deciso di avocare a sé ogni competenza, utilizzando impropriamente lo strumento del decreto legge. Ad entrare in crisi è stata innanzitutto la centralità del Parlamento che è stato sacrificato in forza della necessità ed urgenza dei provvedimenti da adottare, annota ancora una volta “Il Dubbio”. Il potere esecutivo, nel silenzio degli altri organi costituzionali ha deciso di arrogarsi ogni decisione in materia, adottando decreti legge che hanno attribuito al Presidente del Consiglio il potere di integrarli e attuarli in vista del fine del contenimento dell’epidemia. Lo stesso Presidente Conte ha riconosciuto che si tratta di provvedimenti eccezionali dettati dall’urgenza, saltando la fase di controllo da parte del Parlamento per non bloccare l’efficacia e la rapidità delle decisioni assunte,  precisando che “Il Parlamento, non sono io certo a doverlo ricordare, dispone di tutti gli strumenti per indirizzare e controllare l’azione del governo che sarà sempre molto attento ai contributi che le Camere vorranno apportare”. A nostro avviso, si tratta di dichiarazioni molto generiche che non fanno chiarezza alcuna nel dibattito che si è intavolato da diversi mesi su questi argomenti. Malgrado le assicurazioni fornite, anche in questa nuova fase di pandemia il governo ha continuato ad utilizzare lo strumento dei Dpcm. Insomma un richiamo alla politica di Machiavelli secondo il quale “il fine giustifica i mezzi”. Come scrive Giuseppe Ieraci, professore ordinario presso l’Università di Trieste, sempre sul giornale “Il Dubbio”, “l’uso dei poteri in situazioni eccezionali sospende la democrazia e ciò avviene sempre con modi manipolatori”.  Ma c’è un altro aspetto di questo uso distorto degli strumenti a disposizione del governo che va denunciato. Si tratta del metodo del “governo per comitati” scrive Claudio Zucchelli, già Presidente di Sezione del Consiglio di Stato che, sempre sulle pagine del quotidiano “Il Dubbio” scrive che “si istituiscono cioè “comitati di espertipoliticamente e culturalmente omogenei al governo dalle cui conclusioni “scientifiche” (sempre manipolabili) far discendere una copertura razionale e indiscutibile a misure altrimenti inaccettabili”. Sono le cd. tasK force, create dal governo Conte, tra le quali primeggia il comitato tecnico scientifico nominato dal Capo della Protezione Civile o come il comitato economico sociale istituito presso la presidenza del Consiglio. “Con il compito – quest’ultimo – di elaborare e proporre al PdC misure necessarie per fronteggiare l’emergenza epidemiologica” nonché per la ripresa graduale nei diversi settori delle attività sociali, economiche e produttive”. Una struttura parallela creata dal governo di cui non si trova traccia nella storia parlamentare di questa Repubblica, con l’incarico di definire tutta la politica economica del paese, a tener conto della situazione di crisi in corso.  Diciassette supereroi che hanno il compito di elaborare le misure per la ripresa graduale dell’attività economica, produttiva, culturale e sociale. Anche questa è in regola, come scriveva Cassese, con l’impreparazione dello Stato che finisce per delegare a strutture esterne decisioni importanti per il futuro del paese, conseguenza della scarsa cultura politica di questa “nuova” generazione. “Quello del comitato è uno strumento invasivo – aggiunge Zucchelli – di vera pianificazione dell’economia italiana in contrasto con l’art. 41 Costituzione, un’operazione verticistica e autoritaria affidata a 17 sconosciuti che nessuno ha mai votato e che sono noti solo agli addetti ai lavori. Essa è la violazione più patente dell’impianto costituzionale, ove il Presidente del Consiglio dirige la politica nazionale (art. 95 Cost.)”.  Anche se formalmente resta il Presidente del Consiglio o il Consiglio dei Ministri ad assumere le decisioni, finiscono questi organismi costituzionali per essere la cinghia di trasmissione di un altro soggetto politico che non ha alcuna legittimazione. Se questo governo continua ad adottare questo sistema, si allontanerà sempre di più, sia in termini politici che in termini temporali, il ritorno ad una democrazia che non sia più lo specchio deformato delle scelte di un comitato di affari prestato alla politica per indicare cosa fare soprattutto in una fase di instabilità politica sociale e sanitaria come quelle che stiamo attraversando. Possibile che siano solo i giuristi, pochi fra l’altro, che sono capaci di individuare questa mutazione della politica? “Tirando le fila, riprende il Magistrato, la pandemia è stata una manna dal cielo per quella parte di dottrina politica che teorizza la crisi irreversibile del modello di democrazia occidentale ed è un modello dove è il potere a garantire la libertà e non come invece dovrebbe essere la libertà a garantire il potere” (Madison 1792). “Il modello è ancora in fieri, ma è oggi che concretamente in Italia, e soprattutto nell’UE, lo si sta costruendo”.

19/10/2020

PROROGA DELLO STATO DI EMERGENZA

 

 

 

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