PROCESSO FARSA PER TRUMP
Mercoledì scorso, il 10 di febbraio, si è svolto dinanzi al Senato USA il secondo processo di impeachment dell’ex presidente USA. L’accusa è quella gravissima di aver favorito l’assalto al Palazzo del Congresso il 6 gennaio. “L’allora inquilino della Casa Bianca – ha spiegato il senatore del Maryland, cui è toccato il compito di sostenere l’accusa – “non fu solo uno spettatore bensì l’orchestratore della manifestazione violenta organizzata il giorno dell’Epifania da lui deliberata, pianificata e premeditata”. Proprio la fondatezza delle prove offerte dall’accusa – difronte all’inconsistenza della difesa – hanno spinto il leader della minoranza repubblicana al Senato Mitch McConnell a consigliare ai colleghi di votare secondo coscienza. Ma anche con l’appoggio alle tesi dell’accusa di soli sei senatori repubblicani, che avevano sostenuto la costituzionalità del processo, sembra improbabile che i democratici ottengano l’appoggio di altri undici senatori repubblicani per raggiungere la maggioranza di due terzi necessaria a condannare l’ex presidente. La stragrande maggioranza dei repubblicani, 45 senatori su 50, ha fatto sapere che avrebbero appoggiato la tesi difensiva anche se il costituzionalista Brian Kalt – in un’intervista al quotidiano “La Repubblica” del 10 u.s. – ha dichiarato che la tesi difensiva dell’incostituzionalità del processo non ha alcuna base giuridica ma, aggiungendo però, che la decisione è del Congresso, dimostrandosi scettico per una sentenza di condanna. Previsione che si è dimostrata esatta: i repubblicani hanno evitato all’ex presidente anche l’impeachment bis e, Donald pensa già al ritorno, così commentando l’esito della votazione: “Finita la caccia alle streghe, il nostro storico movimento Maga (Make America Great Again) è soltanto all’inizio. Non vedo l’ora di proseguire il nostro incredibile viaggio per riportare l’America alla grandezza per tutto il nostro popolo”. A meno che la giustizia ordinaria non si occupi ancora del suo caso, non abbiamo dubbi che Trump, che rappresenta un campione del nazionalismo più acceso, possa tornare a calcare la scena politica. Purtroppo, una crisi economica che sta colpendo larga fascia della popolazione certamente consentirà un un ritorno in campo dell’ex presidente. D’altra parte non si può dire che la nuova amministrazione voglia segnare una discontinuità rispetto alla politica del passato governo. Una conferma la troviamo anche nelle prime iniziative prese da Biden a livello internazionale. Alcune sue posizioni non fanno che ricalcare la scelta del governo precedente per riconquistare quella supremazia che per decenni gli USA hanno mantenuto nella competizione mondiale, costringendo spesso gli stessi alleati europei a piegarsi alle sue scelte di grande potenza. Ci sono dossier aperti da Biden per rivedere i rapporti con la Cina e la Russia. Nello stesso tempo, per quanto riguarda il Trattato con l’Iran, Biden ha già fatto sapere di non essere disposto a togliere le sanzioni fino a quando l’Iran non accetterà di rinunziare a poter portare avanti la sua politica nucleare, sollevando il malumore dei paesi dell’UE. Insomma una riaffermazione della politica di forza perseguita dal suo predecessore. Una nuova guerra fredda? Forse ma questa volta con paesi che potrebbero replicare con la stessa durezza, minando ogni prospettiva di collaborazione internazionale.
Febbraio 2021