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PREVISIONI PREOCCUPANTI

All’inizio l’apparato posto in campo dal Governo sembrava in grado di poter gestire questo virus che era approdato nel nostro paese che si sta  dimostrando capace di mettere in crisi tutto il nostro sistema sanitario. Anche perché, come dichiarava Massimo Galli, direttore delle Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, si può parlare dell’epidemia zero del terzo millennio, ipotizzando che il virus circolava sotto traccia in Italia già qualche settimana e paventando “che esso sia sfuggito prima ancora che fossero messe in atto le misure di limitazione dei voli dalla Cina“. Un virus pericoloso contro il quale l’intervento sanitario è stato tardivo, consentendo dunque all’infezione di diffondersi, prendendo di sorpresa l’apparato sanitario che prevedeva di circoscrivere focolai limitati di infezione e di gestire eventuali singoli casi individuati in partenza.

All’inizio del mese – siamo al 3 marzo – risultavano 1835 le persone positive al coronavirus con 166 malati in terapia intensiva e registrando l’infezione già 52 morti.

Le regioni più colpite sono fin dall’inizio la Lombardia e il Veneto ma, a causa anche dei malati asintomatici, l’infezione è cominciata a diffondersi in tutta la penisola, a macchia di leopardo con contagi isolati. Il 4 u.s. i casi positivi già erano saliti a 2.263 mentre il 10% dei malati pari a 229 persone erano in terapia intensiva.

E’ proprio all’inizio della scorsa settimana che si è registrato un aumento dei casi soprattutto nell’Emilia Romagna.

Il bollettino relativo alla sola Lombardia parlava di nuovi 1.520 contagi.

Uno spiraglio, forse, si aprirà con l’arrivo del caldo poiché i virus tendono ad indebolirsi per cui si spera che con l’arrivo della primavera possano rallentare i contagi fino alla progressiva scomparsa in estate ma il virus potrebbe sopravvivere all’estate per ripresentarsi il prossimo inverno per cui è urgente trovare un vaccino efficace anche se, secondo l’OMS, risulta difficile che un vaccino possa essere pronto prima del 2021.

Nel frattempo il virus ha fatto la sua comparsa anche in Germania dove si sospetta che si sia sviluppato il primo focolaio già nel mese di gennaio o febbraio.

Anche negli USA è emergenza. I casi di infezione a New York sono più che raddoppiati mentre a Seattle, una delle aree più colpite con 27 casi accertati e 10 vittime, si è deciso di chiudere le scuole per due settimane.

In Italia il problema principale resta il numero di posti letto nei reparti di rianimazione e di terapia intensiva.

Purtroppo, la politica sanitaria degli ultimi anni, con la diminuzione di fondi destinati al settore e con l’eliminazione di interi reparti di terapia intensiva, dopo la fase acuta dell’AIDS, si sta rilevando l’anello debole della lotta oggi contro il coronavirus. L’emergenza si sta presentando soprattutto in Lombardia per cui la prima necessità è quella di fare spazio ai posti letto per la terapia intensiva che vanno aumentati del 50%. Sono stati già individuati a livello regionale gli ospedali di Lodi, Crema e Seriate dove si stanno attrezzando intere zone dedicate esclusivamente a questo tipo di pazienti mentre, per quanto riguarda il personale sanitario, si cerca di reclutare operatori che svolgono attività in altre aree del paese meno sottoposte a carichi assistenziali, richiamando anche in servizio medici e infermieri in pensione che potranno ricevere incarichi con durate non superiore a sei mesi.

Contemporaneamente il Ministro dell’Università e Ricerca ha anticipato la seconda sessione dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione medica per il 7 aprile per inserire i neolaureati in medicina nel piano di contrasto al coronavirus.

Ilaria Capua, virologa che lavora negli USA, facendo il punto della situazione, ha affermato che “la differenza con i virus del passato è la velocità della diffusione e del contagio” e, a proposito della durata dell’emergenza, stima che “questo virus ci terrà compagnia almeno per qualche altro mese”.

Rassicurazione che non è confermata da altre valutazioni, soprattutto in Italia. Secondo una nota del coordinamento della terapia intensiva della Lombardia, siamo difronte ad “una disastrosa calamità sanitaria”, in assenza di tempestive e adeguate disposizioni, l’epidemia è ormai estesa a tutta la regione lombarda e rischia di diffondersi in tutto il territorio nazionale. Una corsa contro il tempo perché “le strutture sanitarie sono sottoposte ad una pressione superiore ad ogni possibilità di adeguata risposta”.

Un vero e proprio grido d’allarme che ha costretto il governo di tutta fretta a prendere misure più drastiche: nella notte del 7-8 marzo ha emanato un nuovo decreto che ha dichiarato la regione Lombardia zona rossa assieme poi alle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro, Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, e Venezia. I residenti non potranno uscire dall’area né sarà consentito entrare se non per comprovate ragioni di lavoro o per motivi istituzionali, con sanzioni per chi non osserva queste disposizioni.

Per gli operatori del settore giudiziario, ricordiamo che il decreto sospende ogni attività giudiziaria fino al 31 marzo p.v.. Tale misura è estesa a tutto il territorio nazionale, come la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado e delle Università fino al 3 aprile p.v..

9/3/2020

Previsioni preoccupanti

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