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PASSO FALSO DI DRAGHI e LA SFIDA DI CONTE  

Il sedici marzo scorso la Camera dei Deputati con 391 voti favorevoli ha approvato un ordine del giorno che impegna il governo a portare la spesa annuale per la difesa al 2% del PIL. Il che significa portare la spesa militare a 38 miliardi l’anno, pari a 104 milioni al giorno. Il giorno prima il presidente Draghi si era incontrato a Roma con l’inviato di Biden, Jake Sullivan: ne esce un comunicato con la condanna ferma “all’aggressione ingiustificata da parte della Russia”, confermando l’impegno di USA e Italia di dare una risposta decisa a Putin. Draghi si è detto pienamente disponibile ad aumentare il budget militare al 2% del Pil anche in base agli accordi presi quasi otto anni fa al termine del vertice che si tenne nel Galles poco dopo l’annessione della Crimea anche in base “alla regola del 2% imposta a tutti gli Stati dell’Alleanza Atlantica”. L’Italia nel 2021 ha speso per la propria organizzazione militare  circa l’1,54% del PIL. Scrive la europarlamentare del PD, Simona Bonafé, “solo rafforzando la nostra autonomia strategica saremo davvero in grado di far prevalere la forza della legge sulla legge della forza di Putin”. Un’opinione rispettabile ma che riporta alla luce la strategia del “grande freddo” quando la sicurezza era determinata esclusivamente dalla potenza militare: un’ipotesi che va davvero contro la prospettiva di una maggiore e più intensa collaborazione tra tutti i paesi del mondo e che consegna ai grandi paesi la responsabilità di lavorare in questa direzione per cancellare una volta e per tutte la guerra come strumento per risolvere i conflitti interstatuali. La Bonafé fa riferimento alla forza della legge ma al contrario cade nella trappola di giustificare un riarmo senza fine per garantire la pace nel mondo, laddove i focolai di guerra sparsi in giro, in ogni angolo del continente, continuano a mostrarci come sia sbagliata la strategia del ricatto militare. Anche Papa Francesco ha bollato questa prospettiva davvero ingiusta e immorale perché ha spiegato non si può dire no alla guerra e continuare invece ad aumentare  le spese militari.

Sembra dello stesso parere anche il leader del M5S il quale ha dichiarato che il M5S – a costo di mettere in crisi questo governo – non voterà l’aumento della spesa militare. In barba agli impegni con la Nato. “Aumentare le spese militari è una scelta ignobile, le priorità sono altre”. Il malcontento serpeggia nella maggioranza di governo e imbarazza anche il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Per ora la maggioranza del M5S la pensa come il suo leader. “Conte vada avanti, era questo il programma del M5S” dichiara Di Battista ora fuori dal Movimento ma pronto a tornare. “Nel 2016 – ricorda Di Battista – una dozzina di parlamentari del M5S presentò alla Camera dei Deputati una mozione contro l’aumento delle spese militari al 2% per sganciare l’Italia dalla NATO “gendarme globale”. Anche nella Lega si registrano fibrillazioni. Diversi parlamentari della Lega criticano le sanzioni alla Russia, come alcuni parlamentari del M5S che non erano in aula per ascoltare le richieste del presidente ucraino. Una maggioranza, dunque, che comincia ad avere più di una crepa soprattutto in un settore delicato come quello degli armamenti. L’UE spende per la difesa congiuntamente 230 miliardi di dollari l’anno, quattro volte la Russia. E’ un dato questo su cui riflettere. Se Putin ha la responsabilità di questa guerra, non bisogna dimenticare che l’Europa è un immenso arsenale di guerra, con testate nucleari fornite dagli USA a guardia si dice delle frontiere per difendersi dal nemico che ovviamente viene individuato nella Russia di Putin. Se si tiene conto di questo dato, anche se la Russia ha un arsenale nucleare per quantità e per tecnologia il sistema militare dei paesi UE è molto più sviluppato di quello russo. Aumentare il budget militare significa lanciare la prospettiva che la potenza militare sia la garanzia per eliminare ogni rischio di guerra. D’altra parte, malgrado la pandemia, l’industria militare non si è mai fermata e l’industria italiana è molto apprezzata sul piano mondiale; l’Italia vende ormai al mondo intero, anche a paesi che critichiamo per il basso livello di democrazia come la Turchia o l’Egitto. Ricorderete che il caso Regeni non è ancora risolto mentre il Ministro degli Esteri italiano- era allora ancora una volta il ministro Di Maio – vendeva alla chetichella e nel silenzio quasi totale della stampa due navi da guerra con un valore di due miliardi di euro. Se vogliamo evitare di trasformare questo nostro pianeta in un cimitero a cielo aperto, ritorniamo nelle piazze per gridare il nostro No a questa guerra ma anche a tutte le guerre, battendoci per il disarmo generalizzato, dando alle future generazioni una speranza per la sopravvivenza di questo pianeta e per tutti gli esseri viventi. Purtroppo questo tema viene ripreso ogni volta che ci sia una tragedia che ci colpisce da vicino come quella cui stiamo assistendo. Ma è questo il momento di cambiare questo sistema politico ed economico che fa crescere le disuguaglianze, genera disastri e sciagure, rendendo sempre più difficile la sopravvivenza su questo pianeta, la nostra casa e non abbiamo che questa di casa. Lo dicono sottovoce i nostri scienziati ma occorre che cresca la voce di quanti vogliono salvare questo mondo. Ricette non ne ho ma per la sicurezza di tutti bisogna cambiare questa politica. Possibile che a far sentire la sua voce sia solo il Papa? E gli altri dove sono?

Marzo 2022

Passo falso di Draghi e la sfida di Conte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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