skip to Main Content

NAPOLI LABORATORIO SOCIALE

Napoli è una delle più grandi concentrazioni urbane in Italia con i tanti problemi che soffocano le grandi città metropolitane come Milano o Roma. Napoli da molti anni ormai è lo specchio del fallimento della politica che, a partire dal dopoguerra, ha accresciuto il divario tra Nord e Sud. Napoli da molti anni ha rinunziato ad ogni aspirazione industriale e non spera più di emergere dal sottosviluppo endemico. Se si gira per le strade della città, si coglie l’incertezza della vita quotidiana negli occhi di tanti napoletani e immigrati e la paura di non farcela, di non poter guardare con speranza al domani. Mentre altrove si possono ancora trovare delle soluzioni per contrastare la poverà e le discriminazioni sociali, ebbene a Napoli non c’è più spazio per questa illusione alla quale nessuno crede più per cui spesso la rabbia e la disperazione provocano proteste che possono sfociare anche in violenza di piazza.
Ed é questo quello che è successo a Napoli nella notte di venerdì scorso, mentre il presidente della Campania dal suo pulpito minacciava il coprifuoco in tutta la Regione e il sindaco di Napoli partecipava ad una trasmissione televisiva nel corso della quale non mostrava alcuna preoccupazione per quanto stava accadendo in piazza. “Dietro gli scontri, 300 infiltrati e c’è l’ombra dei clan” dichiara il Ministro degli Interni. “E’ un commando di criminali quello che, in sella agli scooter piomba addosso alle forze dell’ordine…e sporca la protesta imponente – scrive La Repubblica di sabato scorso – che coinvolge da ore manifestanti di varie categorie”. “Non è un caso che da Torino arriva subito la solidarietà del centro sociale Askatasuna”, a conferma che si tratta di uno scontro sociale, una delle tante fiammate che segnano la storia di questa città, senza che si possa parlare di una “regia occulta”, quasi a individuare il capro espiatorio nella criminalità organizzata. Certo, è che – messo sull’avviso – il governatore De Luca è costretto a ritirare la sua minaccia e dalle sue dichiarazioni sparisce la parola “lockdown”, dopo la strigliata che gli arriva dal governo.
“In piazza, c’era tanta gente che soffre davvero” dichiara un piccolo imprenditore della ristorazione che era in piazza a manifestare la sua rabbia contro un provvedimento che fa paura sia a chi ha un lavoro da difendere sia a chi non ha nessun lavoro e protesta contro questo ennesimo provvedimento. Marco Minniti, ex Ministro degli Interni, in una intervista a La Repubblica, non esita a dichiarare che si sia trattato di un “attacco eversivo”.
“Quando dei gruppi organizzati assaltano proditoriamente le forze di polizia è in sé drammatico. Se poi questo arriva in una fase di emergenza estrema c’è una sola parola per descrivere l’accaduto: eversione”.
Ma parlare di eversione è una nota stonata. Come si fa a mistificare un messaggio così evidente di paura e di sfiducia nei confronti del potere politico? A Napoli accanto a chi era
sceso in piazza per protestare contro questa decisione che mette in crisi le piccole attività del ventre di Napoli sono scesi anche tanti giovani che volevano far sentire la loro voce in una città che sempre di più abbandona le fasce deboli della popolazione. “Sono le prove tecniche di quello che può diventare un disegno eversivo proprio perché si incrocia con la rabbia sociale” precisa Minniti.
Non c’è alcun gruppo organizzato, tantomeno della camorra, a gridare in piazza contro l’incapacità della politica di affrontare la crisi della pandemia. “Perché non è solo il virus il problema – commenta lo scrittore Maurizio De Giovanni – ma anche questo orribile clima di guerra civile”. Sindaco contro Presidente e Regioni contro governo e ministri contro ministri, a documentare il fallimento e l’impreparazione di questa classe politica che ormai è difficile nascondere. Quando in estate c’era stato tutto il tempo per organizzarsi contro le nuove ondate della pandemia, come avevano previsto virologi e medici, invece di utilizzare le risorse per rafforzare le difese sanitarie, assumendo altro personale sanitario e di approntare nuovi presidi sanitari, ebbene le Regioni si sono preoccupati di riaprire le discoteche, e di favorire il rituale delle vacanze agostane, nell’illusione che ormai avevamo la pandemia alle spalle, senza che il governo intervenisse per fermare questi provvedimenti emessi non a difesa della collettività ma di interessi specifici.
“Quello che è successo a Napoli – scrive Roberto Saviano sulle pagine di La Repubblica di sabato scorso – è il segnale di ciò che potrebbe accadere nel resto d’Italia e in tutta l’Europa”.
“Napoli continua ad avere questo strano destino, di essere un territorio che anticipa le tendenze, come un laboratorio in cui si sperimenta quello che accadrà altrove”. Dietro la rabbia a Napoli si nasconde il disastro della sanità campana e “De Luca è spaventato perché sa che negli ultimi cinque anni ha contribuito a smantellare con tagli su tagli il sistema sanitario campano”. Ma, il Presidente della Regione non è il solo responsabile del disastro di questo sistema che oggi è già in crisi per mancanza di strutture, di personale specializzato e di medici, mentre i napoletani continuano a fuggire altrove per curarsi a meno che non abbiano la possibilità di rivolgersi alle strutture private. Anche Conte nel suo discorso del 22 u.s., non ha convinto nessuno. Prova ne è che oggi quelle misure che aveva dichiarato di non voler più prendere in estate, sono quelle che ha disposto con il nuovo DPCM. Ma questa volta alla vigilia di un autunno che già sta rivelando i limiti del sistema sanitario nazionale, a causa anche dell’incompetenza di più di uno dei ministri di questo governo mentre “il potere che ha Conte che non ha avuto probabilmente nessun presidente del Consiglio dal dopoguerra ad oggi – commenta Saviano – non è servito a preparare il paese alla seconda ondata”. “Napoli ha solo mostrato quello che sta per succedere. Come può fermarsi tutto questo? Non si può, è troppo tardi”, conclude Saviano. Certo si tratta di una visione davvero catastrofica ma siamo nell’occhio del ciclone e nessuno più può garantire che riusciremo a superare questa fase.
Ma la previsione fatta da Saviano ha trovato conferma già ieri nel corso della sera a Piazza Castello a Torino dove gruppi di estremisti di destra e centri sociali hanno trasformato una pacifica manifestazione di chi era sceso in piazza per protestare contro i limiti del DPCM in una guerriglia urbana. Ma non è solo Torino. La miccia innescata a Napoli è già riuscita a propagare la protesta da un capo all’altro dell’Italia, mentre anche componenti di altre categorie sociali, come i lavoratori dello spettacolo, hanno protestato contro la chiusura di cinema e teatri per cui nei prossimi giorni ci sarà il rischio di nuove manifestazioni.
La risposta non può essere solo quella della repressione, come ha indicato il Ministro dell’Interno ma bisogna che il governo riveda al più presto i provvedimenti adottati, quando essi non siano del tutto necessari.
Siamo difronte ad una crisi non solo sanitaria ma insieme sociale ed economica che ha messo in luce i limiti del nostro sistema produttivo, attento alle prospettive di un profitto crescente ma incapace di cogliere i segnali di un sistema ormai al collasso. Altro che riforme, ci vorrebbero uomini capaci di ribaltare le basi di questa società mettendo al primo posto il benessere della collettività e non gli interessi di gruppi sociali ben individuabili.
Così il paese non può ripartire ed è arrivato il momento di cambiare rotta. Alla visione pessimistica di Roberto Saviano, possiamo solo prospettare l’obiettivo di un cambiamento che possa segnare l’inizio di una nuova fase nella storia impegnando in questa ricerca tutte le nostre energie intellettuali e materiali.
27.10.2020

Napoli laboratorio sociale

Back To Top
Translate »