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Morte a Venezia

Il titolo di un famoso romanzo breve di Thomas Mann non è preso a caso: ci serve qui per illustrare una situazione che, se tollerata o comunque sottovalutata, può veramente portare la morte nelle calli veneziane, visto che Venezia è diventata “ostaggio delle crociere”. Già all’inizio del mese di giugno si rischiò una strage quando una nave da crociera della MSC, a causa di un motore in avaria, si è schiantato sulla banchina, provocando il ferimento di alcune persone.

Ma non c’è solo un rischio per le persone in quanto a farne le spese è tutto l’ecosistema della laguna che può essere compromesso, trasformando quel tratto di mare che ha resistito alla violenza della natura e all’incuria degli uomini – in una fogna a cielo aperto.

In effetti, una nave – poiché usa un combustibile più sporco della benzina che usa un’autovettura – è molto più inquinante per la salute dei cittadini e per l’ambiente. Si è calcolato che 203 navi da crociera in Europa inquinano 20 volte più di tutte le autovetture che circolano nel continente che sono pari a 260 milioni.

Se poi ci riferiamo all’Italia siamo, insieme alla Spagna, il paese europeo più inquinato dalle emissioni tossiche delle grandi navi. Tra le 50 città di porto più inquinate, 10 sono italiane e al terzo posto c’è proprio Venezia, preceduta solo da Barcellona e da Palma di Maiorca. L’esposizione alle massicce quantità di inquinanti che provengono dalle navi comporta un incremento del rischio dei tumori e di malattie neurologiche.

Ora ci si può chiedere se vale più la salute dei cittadini o va sostenuto un turismo violento e arrogante solo perché esso convoglia sulla città un fiume di soldi. A parte il fatto che – se vi sono categorie che si arricchiscono col turismo – pensiamo ai venditori ambulanti per finire ai ristoranti di lusso – chi ci dice che un turismo meglio organizzato, più sensibile alla salute di migliaia di cittadini e alla difesa dell’ambiente non possa produrre profitti nel rispetto di una città e dei suoi cittadini?

La creazione, non più rinviabile, di un’intera area nel Mediterraneo a zero o a basse emissioni potrà rendere più gradevole la visita di una città vecchia di secoli che sta perdendo la sua anima e il suo splendore. Venezia è come un museo a cielo aperto: essa va difesa e trattata come un museo chiuso, e forse anche di più, limitando gli accessi, diminuendo il tasso di inquinamento e soprattutto evitando che venga violata ogni anno da 68 navi che stazionano 8 mila ore in porto a motori accesi emettendo 27.520 kg di ossidi di zolfo pari a 20 volte la quantità emessa nell’intera area metropolitana.

Insomma, come scrive La Repubblica del 5.6 “una bomba ambientale che passa sotto silenzio, offuscata dal business delle vacanze in nave”, aspettando che si verifichi l’ennesimo incidente. Non dovranno aspettare molto i nostri politici per lanciare ancora una volta le loro accuse al vento, mentre oggi continuano a discutere perché nessuno si vuole assumere le responsabilità di interrompere questo flusso di denaro che apparentemente arricchisce la popolazione ma che in effetti finisce solo per ingrassare i profitti dei padroni del vapore.

E così anche sabato scorso a causa di una burrasca di grandine e vento che infuriava sulla città una nave della Costa Crociere ha rischiato di finire contro sulla banchina. La nave stava uscendo dal porto, guidata dai rimorchiatori, e probabilmente a causa delle proibitive condizioni meteo si è trovata in difficoltà a mantenere la rotta. Grazie alla manovra disperata di uno dei rimorchiatori, gradualmente la nave è riuscita a virare e a raddrizzare la rotta.

Ma quante altre volte si dovrà temere per la vita delle persone e della loro salute prima che accada l’imprevedibile? E quale ministro salirà sul banco degli imputati? Guardando la storia repubblicana di questo paese, è un’ipotesi poco realistica. Si pensi al processo che si instaurò per individuare i responsabili del disastro del Vajont che si chiuse dopo decenni con l’assoluzione per alcuni e la prescrizione per altri. E’ giusto dunque che maturi sempre di più una coscienza ambientale che costringa la nostra classe dirigente a rivedere i modelli di sviluppo adeguandoli alla necessaria difesa delle nostre città e dei loro abitanti.

Luglio 2019

Morte a Venezia

 

 

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