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MA SIAMO DAVVERO COSI’ POVERI?

Scrive il quotidiano “La Repubblica” del 10 u.s., “A dicembre, la crescita dei consumi di elettricità, già rilevata dopo l’estate, è proseguita: l’aumento è da attribuire ai settori della siderurgia (+23,2%) e della meccanica (+ 7%)”. Un dato questo che conferma che l’economia italiana potrebbe non apparire in difficoltà per le conseguenze della pandemia ma questo dimostra solo che, malgrado la pandemia, una parte dell’industria italiana abbia continuato a produrre: addirittura questi dati sono superiori a quelli dello stesso periodo del 2019. Questo dato riguarda tutti i settori, dalla chimica ai cementifici, dagli alimentari alla ceramica. “L’unico segno negativo nel mese di dicembre è arrivato dal settore dei materiali da costruzione  (-2,1%)”. A conti fatti si potrebbe dire che la pandemia abbia contribuito alla crescita del fatturato di una parte dell’industria italiana e, questi dati, non confermerebbero il quadro di una grave crisi economica. Il fatto è che, mentre la produzione cresce, non può dirsi che questa crescita abbia avuto effetti positivi per il resto della società. Secondo il rapporto annuale del CNEL si prevede quest’anno un calo dell’occupazione, aumento della povertà e della dispersione scolastica: la pandemia ha peggiorato le condizioni del mercato del lavoro e la situazione rischia di diventare “esplosiva” nei prossimi mesi con la fine del blocco dei licenziamenti. Pare di capire, dunque, che mentre i profitti dei grandi gruppi industriali abbiano tratto beneficio da questa crisi sanitaria, la situazione sul piano sociale è diventata sempre più delicata, avendo provocato la pandemia una espulsione di forza lavoro nel settore del terziario (spettacolo, ristorazione, turismo) ma anche nel settore dei servizi e delle professioni. Secondo CNEL “la crisi conseguente alla pandemia ha colpito circa 12 milioni di lavoratori tra dipendenti ed autonomi, per i quali l’attività lavorativa è stata sospesa o ridotta”, allargando divergenze e diseguaglianze storiche. “Quando l’emergenza sarà passata – sottolinea il CNEL – ci troveremo con la peggiore combinazione in Europa e nella nostra storia repubblicana di alto debito pubblico, bassa natalità, bassa presenza degli under 35 nel sistema produttivo italiano. Inoltre, la didattica a distanza legata al rischio di contagio, ha esposto ad una forte crescita il rischio di dispersione scolastica e frizioni sociali”. Questo rapporto può essere la traccia per cominciare a pensare in quale settore intervenire se non si vuole che la crisi sociale faccia da apripista ad un futuro pieno di ombre e di contrasti sociali inimmaginabili. Quello della scuola è il primo settore nel quale intervenire per consentire la continuità scolastica e soprattutto per bloccare il triste fenomeno della dispersione scolastica che in alcune regioni è in forte aumento. Lasciare i giovani a casa dovrebbe essere solo una misura di emergenza ma non si può contare solo sulla didattica a distanza che sta creando solo nuove diseguaglianze, malgrado la scuola sia obbligatoria per tutti. Questo governo si è trovato del tutto impreparato per una ripresa in settembre, non avendo provveduto né a misure di distanziamento nelle aule né ad organizzare il trasporto scolastico nel rispetto delle misure minime di prevenzione. Oggi, forse, sia pure per il 50%, vi sarà un ritorno a scuola anche per gli studenti delle scuole superiori ma è tutto il sistema che va riorganizzato per rendere effettivo e sicuro il diritto allo studio. C’è un altro aspetto di questa crisi che è davvero preoccupante. Se vogliamo, alla fine della pandemia, che la ripresa sia effettiva, ebbene dobbiamo preoccuparci innanzitutto di trattenere in Italia i giovani altrimenti nei prossimi decenni rischiamo di non poter né assicurare agli anziani una pensione decente ma saremo costretti ad abbandonare settori importanti della nostra economia per mancanza di forza-lavoro, anche a tener conto della bassa natalità determinata anche dalla carenza di contributi e sussidi per le partorienti. Allora bisognerà far fronte a questo problema, come avviene anche negli altri paesi europei, riconoscendo alle donne una serie di benefici per favorire un aumento delle nascite. Ma non basta: già oggi milioni di stranieri lavorano in Italia ma senza poter ottenere la cittadinanza italiana. Una delle prime leggi che potrebbe essere partorita da questo o da un altro governo, è quello di concedere la cittadinanza a più di un milione di stranieri, spesso nati in Italia, i quali si sentono cittadini di serie B. Sappiamo che il M5S ha bloccato qualche anno fa l’approvazione di una legge che riconosceva la cittadinanza a tutti gli immigrati che vivevano da diversi anni in Italia (ius soli) e di questo progetto non si è saputo più niente. Sarebbe il caso di tirarla fuori una volta e per tutte, perché la regolarizzazione degli stranieri che lavorano in Italia potrebbe non solo dare un colpo al lavoro nero ma assicurare anche nuove risorse per il nostro asfittico sistema di previdenza sociale. Non sappiamo se questo governo sia disponibile per queste riforme che segneranno il destino del nostro paese. C’è un ultimo punto che vorrei toccare: il debito pubblico. Senza dubbio, in questo periodo di pandemia, il debito pubblico per gli italiani è alle stelle. Certo la copertura dell’UE ci ha consentiti di poter affrontare le conseguenze economiche di questa pandemia ma bisogna tener conto che i debiti che ci servono per investire e far ripartire la ripresa, un giorno dovranno essere restituiti e allora non possiamo caricare tutto il debito sulle spalle delle nuove generazioni. Già da oggi bisogna aver chiaro come fare per trovare nuove risorse. A questo riguardo, va detto che la macchina fiscale va velocizzata per rendere effettiva la partecipazione di tutti alle spese dello Stato, in base al proprio reddito lavorativo e tenendo conto del proprio patrimonio. E allora, 50 milioni di cartelle esattoriali pronte ad essere inviate ai contribuenti, non possono trasformarsi in un nuovo caso di condono fiscale.  Una parte delle risorse deve venire anche dal settore fiscale, altrimenti rischiamo davvero un disastro economico e sociale. Ci sono fior di contribuenti che si sottraggono in tutto o in parte al prelievo fiscale, nascondendo le proprie ricchezze. Ebbene si potrebbe cominciare a colpire questi ceti medi-alti, imprenditori, professionisti, commercianti ed altre figure sociali. Lo Stato deve colpire questi contribuenti senza lasciar loro la facile strada del “condono”. Semmai questo condono potrà riguardare solo i piccoli contribuenti ma c’è da considerare un ultimo aspetto che nessun politico ha inteso toccare fino ad ora per timore di perdere il consenso politico ed è l’ipotesi della cd. “patrimoniale”. Va detto che, mentre ci sono settori sociali che si trovano a livello di povertà, ce ne sono altri che fino all’altro ieri hanno goduto di lauti stipendi o che hanno rendite patrimoniali abbastanza importanti. Certo, se ci si guarda in giro, ci sono panfili alla fonda dei nostri porti, si realizzano nuovi quartieri super lussuosi e le strade sono invase da auto di grossa cilindrata. Segnali che mostrano come la ricchezza sociale sia ancora mal ripartita tra i cittadini. In effetti nei caveau bancari giacciono miliardi di euro per cui un prelievo di una parte di questa massa di denaro sarebbe sufficiente per migliorare i conti della finanza pubblica e dimostrare ai nostri partner europei di essere disposti a sacrificare una parte dei nostri risparmi per contribuire al risanamento delle nostre finanze pubbliche e dimostrare di non essere sempre pronti ad aspettare l’intervento dell’UE. Il programma è uno di quelli che farebbe tremare i polsi anche al più accorto degli economisti. Tutto ciò potrà avvenire se la guida di questo paese fosse nelle mani di personaggi competenti che sappiano dare soprattutto un esempio di rigore, e non è quello che sta avvenendo in questo periodo con le spese folli che il nostro governo sta facendo con scarso senso di moderazione e di competenza, aggiungendo che solo un’accorta gestione dei fondi provenienti dall’UE potrà dimostrare ai nostri amici in Europa di aver a cuore il futuro del nostro paese e dell’Europa stessa. E questo è il momento per farlo.

18/01/2021

MA SIAMO DAVVERO COSI’ POVERI

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