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L’UE E LA CRISI SPAGNOLA

Oggi scade l’ultimatum lanciato dal Governo centrale spagnolo al Governo catalano di rinunciare a una dichiarazione unilaterale di indipendenza. Non sappiamo quali potranno essere gli sviluppi imprevedibili di questa crisi che si è aggravata per la dura presa di posizione di entrambe le parti. Certo è che vanno evitate le soluzioni di forza che complicherebbero un quadro, all’interno dell’UE, già abbastanza compromesso. Molti si sono chiesti perché l’UE non sia intervenuta nella vicenda ma va detto che la crisi catalana è un affare interno alla Spagna per cui, in base ai Trattati, la UE ha le mani legate. Questo però non vuol dire che l’Europa sia rimasta a guardare, anzi dietro le quinte c’è un discreto lavoro diplomatico per giungere ad un compromesso. In effetti, il Presidente della Commissione Junker  ha fatto capire chiaramente al governo spagnolo che non può intervenire con lo strumento della repressione che isolerebbe la Spagna all’interno dell’Europa. Così come ha chiarito che non sarà accettata una richiesta della Catalogna di restare come Stato indipendente all’interno dell’UE, raffreddando, dunque, ogni velleità indipendentista. Purtroppo, aldilà di ogni legittimazione sul piano storico, la Catalogna non ha compreso che una richiesta del genere ha scoperchiato il vaso di Pandora in quanto vi sono altre regioni  che godono di un’ampia autonomia in Spagna, come la Galizia e i Paesi Baschi che, in caso passasse la dichiarazione di indipendenza della Catalogna, sarebbero pronte a mettere in discussione la loro appartenenza allo Stato spagnolo. Ma vi sono altre situazione anche in Europa che potrebbero esplodere in quanto vi è un diffuso sentimento di tornare alle “piccole patrie”.   Sarebbe la disgregazione dell’UE perché, come ha dichiarato Junker, “è difficile governare a 28, sarebbe impossibile farlo con 98 membri”. Ma la crisi spagnola mostra come il nazionalismo non sia più proponibile per lo sviluppo dell’Europa. Al contrario, il richiamo ai valori nazionali è solo un tentativo di difendere una identità nazionale in un quadro internazionale all’interno del quale l’UE, pur giocando un ruolo fondamentale sul piano economico, manca degli strumenti politici per poter intervenire nelle crisi internazionali, mantenendo gli Stati membri una piena autonomia. Certo, ci sono tentativi per costruire un sistema di difesa comune o avere una politica commerciale unitaria ma recenti crisi – come quella della Brexit ed oggi della Catalogna – dimostrano come sia impossibile intervenire efficacemente, se l’UE continua ad avere le mani legate. Insomma, pur  con qualche riserva e molte preoccupazioni, è lecito pensare che solo con il rafforzamento politico delle istituzioni europee, si potranno avere strumenti per intervenire efficacemente nelle vicende internazionali e nelle crisi nazionali, quando le autonomie di cui godono molte regioni europee tendono a risvegliare mai sopite nostalgie della “piccola patria”. Questa trasformazione della struttura istituzionale e politica dell’UE è la condizione sine qua non per procedere sulla strada del rinnovamento dell’UE, senza però sacrificare la posizione degli Stati membri che non sarebbero disposti probabilmente a restare in un’Europa governata da un direttorio politico formato dai governi dei Paesi fondatori come Germania, Francia e Italia. Nel suo rapporto al Parlamento europeo e prima nel documento stilato nel 60° anniversario dell’Unione, il Presidente della Commissione Junker ha indicato alcune proposte per il futuro dell’Unione che sono tuttora all’esame degli Stati membri. Esclusa l’ipotesi di un’Europa a due velocità che vedrebbe risorgere nuove resistenze all’interno dell’UE, la strada maestra è quella che si continui a sviluppare una maggiore collaborazione in tutti i settori coinvolgendo tutti i Paesi membri se si vuole contare su un’Europa che continui ad essere faro di civiltà per il resto del mondo. Ed in questi mesi, grazie anche alla dissennata politica ultranazionalista degli USA, il contributo di un’Europa unita sul piano politico può essere determinante. In effetti, per riportarci alla crisi catalana, come scrive lucidamente Andrea Bonanni sulle pagine de “La Repubblica”, del 16.10. “ se si arriverà ad evitare un epilogo drammatico di questa vicenda ancora una volta sarà stata l’esistenza dell’Europa a svolgere un ruolo apparentemente passivo ma determinante”. Purtroppo le ultime notizie che ci giungono dalla Spagna non ci lasciano per niente tranquilli perché si assiste ad un irrigidimento delle posizioni che potrebbero effettivamente avere conseguenze disastrose per tutta l’Europa.

Ottobre 2017

(Avv. E. Oropallo)

L’ UE e la crisi spagnola

 

 

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