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L’EUROPA CHE VERRA’

In una recente intervista rilasciata a EURACTIV Italia, Emma Bonino ha ribadito che, in questa situazione di grande difficoltà del paese, appare incredibile che si discuta ancora di utilizzare o meno i fondi del MES, utilizzabili subito sia per dare un sostegno al settore sanitario che, dopo lo stress della pandemia, mostra chiari segnali di stanchezza che per la scuola che a settembre dovrebbe riaprire le porte a milioni di studenti. Anche perché gli altri strumenti messi in atto da parte della BCE, della BEI, senza contare quello che è il gran progetto del “Recovery Fund”, il più immediato è proprio il MES che è stato concepito espressamente per riorganizzare il settore sanitario e la scuola. Gli altri strumenti, come il Recovery Fund sono ancora in gestazione e se anche fosse approvato nel semestre che vede la Germania a guidare l’UE, la disponibilità non ci sarà prima del 2021. Malgrado il governo continui ad essere ottimista, in realtà, non è proprio così perché non può dimenticare che ci sono milioni di disoccupati e che la ripresa sarà più dura di quello che si crede. Davvero non si capisce questa ostinazione a rifiutare un aiuto che l’UE ci sta offrendo, dando l’impressione, invece, con il rifiuto, che l’Italia non si trovi in una situazione di grave crisi come in effetti è. Vi sono decine di progetti in cantiere che restano ancora bloccati per mancanza appunto di fondi e settembre potrebbe riservarci qualche altra sorpresa perché l’infezione potrebbe avere un altro picco: sarà difficile risollevarsi se questo avvenisse. Alla domanda dell’interlocutore che le chiedeva cosa manca all’UE per diventare una vera federazione, la Bonino ha lamentato che manca una riforma dei Trattati che ne stabilisca i principi. Servono, innanzitutto, più poteri al Parlamento europeo cui va affidato il potere di iniziativa legislativa, soprattutto per sottrarlo al potere di veto del Consiglio. Non dimenticando che oggi la crisi demografica può bloccare lo sviluppo dell’Europa per cui è necessario sottrarre la materia dell’immigrazione ai singoli Stati per affidarne la gestione all’Europa a livello unitario.

Se oggi c’è ancora chi ritiene che l’ondata migratoria possa creare problemi per la stabilità dell’Europa, al contrario dobbiamo lavorare perché i migranti possono chiudere le falle che di qui a qualche decennio potrebbero di fatto mettere in crisi l’economia europea e il welfare che l’UE ha potuto assicurare in questi decenni ai paesi membri dell’UE. Senza dimenticare che vi sono ancora paesi europei, come quelli della ex Jugoslavia, che chiedono di entrare nell’UE. Si tratta di Stati che potrebbero offrire mano d’opera specializzata per le nostre fabbriche, insomma una ricchezza che sarebbe pericoloso lasciare fuori dall’UE. A proposito del Recovery Fund c’è da registrare che i leaders dei sindacati europei hanno chiesto all’Europa di approvare subito questo piano finanziario. I capi dei sindacati italiani, che hanno partecipato ad un incontro col governo a Villa Doria Pamphilj il 15 giugno scorso, hanno ribadito la necessità di approvare al più presto questo piano per un rilancio del progetto europeo e per l’economia del nostro paese. Ben 42 milioni di lavoratori in tutta l’Europa sono stati posti in disoccupazione temporanea durante la crisi del coronavirus. Il segretario generale della CES (Confederazione europea dei sindacati) ha detto che “il piano di ripresa” può far crescere la fiducia nell’Europa che i cittadini hanno perso durante l’ultima crisi. Va aggiunto, però, che le soluzioni vanno concretizzate in tempi rapidi per evitare il rischio di un’altra crisi economica che può trasformarsi in una crisi politica per l’UE. Purtroppo, bisogna vincere in Europa le resistenze dei paesi sovranisti e degli Stati del Nord Europa che vogliono certezza sulla destinazione dei fondi e questo è un onere per i nostri politici che devono fornire all’UE precise indicazioni dei progetti da realizzare.  Purtroppo, sembra che il governo italiano, malgrado le grandi promesse, non abbia ancora programmi e ciò potrebbe costare caro al nostro paese in termini economici a meno che non si abbiano risorse alternative, di cui però nessuno parla, sempre che non si voglia recuperare liquidità aumentando le tasse o facendo ricorso ad una manovra patrimoniale. Strumento che per il momento il governo non sembra voglia utilizzare. Ma non è comprensibile neppure che si indugi ancora a rifiutare gli aiuti già disponibili che l’UE ci sta offrendo. E questo è un ulteriore segno della debolezza di questo governo che ancora oggi non ha chiarito il percorso che intende affrontare per uscire dalla crisi.

L’Europa che verrà

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