“Le suggestioni” del sig. Conte
Nella conferenza stampa con cui il Presidente Conte ha chiuso la maratona degli Stati generali durata quasi 10 giorni, il pezzo forte è stata la dichiarazione del Capo del Governo di voler dare un taglio all’IVA nella speranza che ciò valga a far ripartire i consumi. A M5S la trovata è piaciuta molto: non mancano segnali positivi da parte del centro-destra – a partire da Salvini – che si è detto d’accordo a votare: “in tre minuti” una proposta di abbassare l’IVA – come ha ripetuto anche all’incontro di domenica scorsa nel programma televisivo con Lucia Annunziata. Al PD e alla pattuglia di Renzi il taglio invece non va giù perché costerebbe tra i 4 e i 10 mld. a seconda del taglio ma sarebbe il segnale di una scelta strategica diversa di quelle che punta sul sostengo alle imprese e sugli investimenti produttivi. Una scelta criticata anche dall’UE che, oltre a dubbi sugli effetti reali sui consumi, avrebbe poco senso se essa fosse temporanea ed emergenziale, non legata dunque ad una strategia più generale. Anche il Ministro dell’Economia boccia la proposta senza “affrontare una riforma complessiva del fisco”. Insomma, ancora una volta nessun programma preciso ma solo sognali di una ulteriore divisione in seno alla maggioranza sui provvedimenti da assumere. Situazione che è seguita con preoccupazione dall’UE che continua a chiedere al governo italiano di far sapere quali siano le misure concrete che l’Italia intende adottare per rilanciare l’economia. Per Gualtieri il confronto su questo scenario è serrato anche se ancora una volta il capo del Governo assicura che, dopo il confronto avuto con le parti sociali, in settembre insieme agli alleati del governo presenterà un piano di rilancio in modo da ottenere le risorse previste dal Recovery Fund dimenticando che tali fondi saranno disponibili probabilmente solo nel 2021 e saranno frutto di un aumento del bilancio dell’UE che comporterà un aumento anche dei contributi che i paesi membri dovranno versare all’UE. In una intervista rilasciata al quotidiano “Il dubbio” Enrico Letta, ex premier ed oggi docente alla Sorbona, bacchetta ancora una volta il governo italiano che non ha deciso di ricorrere ai fondi previsti dal Mes. “Sono prestiti ad un tasso di interesse inferiore del 200% rispetto a quello che l’Italia otterrebbe se li chiedesse da solo e sono risorse – appunto – anche rapidamente disponibili”. Ma il problema che preoccupa maggiormente l’ex premier è quello del debito pubblico dell’Italia che deve essere affrontato a livello europeo perché “non vi è una via d’uscita nazionale”. Negli ultimi 6 mesi anche la Germania ha visto aumentare il suo debito per cui “c’è bisogno – aggiunge Letta – che tutti i dodici paesi che compongono l’eurozona affrontino il problema assieme alla BCE”. Un difficile passaggio e un ingrato compito per chi sta al governo in quanto è proprio sul debito pubblico che potrebbe riaccendersi il contrasto tra paesi “frugali” e paesi del Sud Europa. Di regola, sono i singoli Stati che devono dotarsi di mezzi finanziari per ridurre il debito pubblico ed i paesi del Nord non hanno fatto mistero dichiarando che non sono affatto intenzionati a coprire i buchi della finanzia italiana.
Si tratta di una posizione condivisibile in quanto l’indebitamento italiano sul mercato finanziario è arrivato ad un livello di guardia molto critico: si calcola che nel 2021 esso sarà pari al 175% del PIL per cui o il paese riesce ad uscire dalla crisi migliorando il rapporto tra debito pubblico o PIL o sarà costretto a trovare altrove le risorse per abbassare il debito ricorrendo anche ad una inevitabile patrimoniale. Purtroppo, nel corso della pandemia e successivamente, l’Italia ha lanciato sul mercato finanziario centinaia di miliardi di euro in titoli di Stato che hanno avuto una buona accoglienza soprattutto per i tassi di interessi riconosciuti agli investitori. Il ricorso al credito finirà per far aumentare il debito nei prossimi anni per cui o si decide a cambiare strategia o l’Italia rischia davvero di essere sepolta sotto una montagna di debiti. La pandemia prima e l’inefficienza dei nostri governanti poi, che si ostinano a non utilizzare gli strumenti che ci offre l’UE come il MES, grazie anche agli imbecilli che siedono sui banchi del Parlamento o fanno addirittura parte della compagine governativa, rischiano di mandare a gambe all’aria tutto il nostro sistema economico. E allora, non ci sarà più nessuno disposto ad aiutarci per uscire dal baratro.
29.6.2020