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L’addio di Draghi

Nella sua ultima audizione davanti alla commissione Affari Economici del Parlamento Europeo a Bruxelles, il Presidente della BCE, Mario Draghi, ha ammesso che il rallentamento della crescita dell’Eurozona è “superiore a quanto previsto” a causa della “debolezza del commercio internazionale in un ambiente di persistenti incertezze legate alle politiche protezionistiche e ai fattori geo-politici”. Ammette Draghi “La previsione è che nel 2019 il PIL reale crescerà solo dell’1,1% rispetto alle proiezioni di dicembre 2018 e dell’1,2% del 2020, in calo di 0,5 punti percentuali rispetto alle proiezioni di dicembre”. A questo punto Draghi ammette che “le regole di bilancio vanno riviste”. “Sono state efficaci per molto tempo ma non lo sono a lungo termine per cui le riforme strutturali sono l’unico strumento per aumentare le prospettive di crescita”. Era il 26 luglio 2012, nel corso di un intervento alla Global Investment Conference a Londra, che Draghi ebbe a dichiarare, difronte ad un’affollata platea, che “la BCE è pronta a fare qualunque cosa serve per preservare l’euro”. Ricorda oggi Draghi che “negli ultimi anni la BCE ha ripetutamente e chiaramente dato prova della propria disponibilità e determinazione a raggiungere l’obiettivo primario della stabilità dei prezzi, come stabilito nei trattati”. “Questa prontezza e determinazione sono state fondamentali per affrontare la crisi economica e i rischi a ribasso”. Grazie anche ad una politica di sostegno dell’euro nel corso della crisi economica – sottolinea Draghi – “la fiducia nell’euro è salita ai livelli massimi mai raggiunti e in tutta l’Eurozona le autorità ribadiscono l’irreversibilità della moneta unica. Gli ultimi venti anni – continua Draghi – ci hanno offerto due insegnamenti cruciali per costruire un’unione monetaria efficace. Il primo riguarda la politica monetaria….la BCE ha dimostrato di essere pronta a contrastare i rischi a ribasso per la stabilità dei prezzi con la stessa decisione con cui aveva contrastato i rischi al rialzo. E ha dimostrato la determinazione a usare tutti gli strumenti a sua disposizione per garantire l’adempimento del suo mandato senza mai travalicare i limiti della legge…”. Non dimentichiamo che la fermezza manifestata da Draghi nella difesa ad oltranza dell’euro spesso è stata criticata dagli Stati più forti, timorosi che questa manovra potesse portare ad una svalutazione dell’euro e dall’altra indebolire i paesi più forti come la Germania, innescando una reazione deflazionistica. Il rischio c’era, è vero, ed una certa contrazione dei consumi ha anche rallentato la ripresa produttiva ma gravi sarebbero state le conseguenze, sia sotto il profilo sociale oltre che sotto il profilo economico, se fosse mancato quell’intervento della BCE che ha potuto allontanare l’ipotesi di una destabilizzazione del sistema. “Il secondo insegnamento – continua Draghiè la costruzione istituzionale dell’unione economica e monetaria….Questo obiettivo si potrà realizzare “se le politiche di bilancio sono allineate”. E qui, senza indugi Draghi ha parlato della necessità di stabilizzare l’unità monetaria “attraverso una capacità di bilancio centrale”. In altre parole, Draghi ha richiamato l’attenzione sulla necessità di avere un sistema finanziario centralizzato a livello europeo. “La strada verso una capacità di bilancio centrale – ad avviso di Draghi – sarà probabilmente molto lungo”. “Forse – aggiunge – nel caso dell’Europa, servirà una causa pressante per focalizzarsi su questo obiettivo” ma ha ricordato, citando la Merkel che “noi europei dobbiamo prendere il nostro destino nelle proprie mani se vogliamo sopravvivere come comunità” ribadendo cheè più che evidente che questo è il momento di avere più Europa, non meno”. “Sono grato del fatto – conclude Draghi – che abbiamo leader politici che hanno saputo trascendere la visione nazionale…e che hanno riconosciuto il punto di vista dell’Eurozona, rappresentando un baluardo per la nostra indipendenza” e “contrastato con forza le voci illiberali che vorrebbero vederci fare marcia indietro sulla strada dell’integrazione europea…”.  Se possiamo sintetizzare, per quanto possibile, questo discorso, senza dimenticare il lavoro svolto dalla Commissione in questi anni, se l’Europa è ad un bivio, è bene che si sappia quali sono i rischi di una politica che tende a conservare lo statu quo, sotto le minacce dei paesi sovranisti. Non è un caso che la nomina del Presidente della Commissione è avvenuta con l’appoggio di alcuni paesi – Polonia e Ungheria per fare dei nomi – che appartengono all’ala più oltranzista all’interno del Parlamento Europeo. Ora se non si vuole diventare succubi di questa politica, bisogna dare inizio ad una stagione di riforme che ancora è bloccata dalle mancate nomine di alcuni membri della Commissione che sta prolungando la vita della Commissione decaduta. Ancora, altro obiettivo – ricordato anche dal Presidente della Commissione uscente Junker – bisogna proseguire sulla strada dell’adozione della moneta unica da parte dei paesi che non l’hanno ancora fatto. Questo obiettivo sarà senz’altro facilitato dalla uscita della Gran Bretagna dall’Unione che finora si era sempre mostrata riluttante a rinunciare alla sterlina. Ma, se le elezioni in Gran Bretagna portassero ad una vittoria dei lib-dem e dei laburisti, sempre che essi si dimostrassero così saggi da unire le forze di cui dispongono, forse paradossalmente un’apertura per l’adesione all’euro potrebbe vincere la resistenza di quei paesi, soprattutto del Centro-Europa, che sono più legati al caro USA che all’Europa anche se non rinunciano a tutti i vantaggi di cui godono grazie alla loro appartenenza all’Unione Europea. C’è un altro punto sul quale bisogna decidersi ed è quello dell’allargamento dell’Unione Europea aprendo la porta ad altri paesi come quelli dell’ex Jugoslavia. Sembra che questo processo non sia sostenuto da tutti i paesi se è vero che, proprio qualche settimana addietro, la Macedonia del Nord e l’Albania – che erano pronti ad aprire le trattative per la loro adesione formale all’UE – si son vista bloccata la strada da una ingiustificata opposizione di alcuni paesi, con la Francia in testa. Vedremo, nei prossimi mesi, se questa trattativa sarà sbloccata. Quello che bisogna chiarire è che l’UE è sotto l’attacco congiunto sia degli USA che della Russia. Una UE debole politicamente, rischia di soccombere difronte a questi due giganti politici che stanno lavorando per distruggere questo soggetto politico che potrebbe, in un universo politico modificato, tracciare un percorso diverso da quello che le grandi potenze stanno preparando non solo ai popoli europei ma anche agli altri popoli della Terra. Nel passare la mano a Christine Lagarde, Draghi ha dichiarato “Sono certo che saprà guidare la BCE in modo eccezionale”. Non si può dire lo stesso dei nostri leader politici, spesso legati alle vicende nazionali perdendo di vista l’obiettivo della trasformazione istituzionale della Europa delle Nazioni in uno Stato federale che sappia tracciare per i popoli della Terra un futuro di pace e di solidarietà. I giovani di questo continente sono i primi ad appoggiare questa battaglia ma tutto dipende dalla saggezza e dalla chiaroveggenza dei nostri uomini politici se questa prospettiva si realizzi in un prossimo futuro. Quello che possiamo dire è che, malgrado il rischio sovranista, la maggioranza in Italia e nel resto d’Europa è favorevole ad un cambio istituzionale che possa spegnere ogni focolare di crisi sociale che ancora rallenta questo percorso.

Novembre 2019

L’addio di Draghi

 

 

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