LA VERITÀ SUL CONFLITTO UCRAINO
Dopo la controffensiva ucraina che è riuscita a strappare una parte dei territori occupati dai russi, ci si chiede cosa potrebbe accadere ora in Russia, visto che apertamente gli stessi vertici della Federazione hanno espresso il loro malcontento per gli ultimi rovesci militari. È ovviamente impossibile fare delle previsioni sul futuro. Quello che possiamo dire con certezza è che c’è stato un recupero davvero notevole dei territori da parte dell’esercito ucraino, mentre dall’altra parte in Russia, per quanto ci possa essere un generale sostegno da parte dell’opinione pubblica, è probabile un mutamento soprattutto nel caso di una mobilitazione militare del paese, sia pure parziale. Nel frattempo, l’ala più nazionalista del paese – che è anche l’unica a cui è consentito esprimere un dissenso rispetto al governo – ha iniziato a criticare in maniera decisa il modo in cui è stata condotta l’operazione militare, ammettendo le perdite disastrose registrate negli ultimi giorni. Comunque bisogna essere cauti nelle previsioni ricordando che non siamo ancora ad una svolta decisiva. Da una parte non è credibile che l’esercito ucraino possa ripristinare in poco tempo i confini anteriori al 2014 e arrivare ad una conclusione del conflitto così come non è probabile che si possa arrivare ad un crollo totale dell’esercito russo. Con lo scoppio del conflitto nel Donbass tante persone, soprattutto delle fasce più povere hanno lasciato le zone controllate dall’esercito ucraino, ma molte altre sono scappate sia verso ovest che verso la Russia. Si parla di 2 – 3 milioni di persone.
Fra il 2020 e il 2021, inoltre, anche la politica della Federazione Russa nei confronti del Donbass è cambiata: se prima c’era un supporto a distanza, da quel momento si è passati ad un tentativo di integrazione di questi territori nella Federazione russa e si è iniziato a rilasciare passaporti russi alla popolazione. Ancora, l’annessione della Crimea e l’invasione dei territori di Donetsk e Luhansk hanno comportato un pesante costo economico ma ha rappresentato una sorta di vittoria politica a breve termine per Putin, perché ha dato il via a un rinvigorimento del nazionalismo interno, che diventava sempre più importante a spese degli interessi del potere economico.
I leader separatisti hanno annunciato la consultazione nel Donbass e negli altri territori che rappresentano il 15% del territorio ucraino. L’ex presidente e premier e attuale numero due del Consiglio di sicurezza Dmitrj Medvedeev ha affermato che invadere il territorio della Russia è un crimine che giustificherebbe l’utilizzo di qualsiasi mezzo di legittima difesa. I combattimenti sui territori annessi potrebbero anche dare a Mosca l’alibi per mobilitare le sue riserve militari di 2 milioni di persone. La risposta dell’Ucraina non si è fatta attendere molto: Kiev ha anticipato che così non vi sarà più spazio per i negoziati richiedendo ai paesi occidentali l’invio di missili a lungo raggio, a seguito della decisione delle amministrazioni locali dei territori ucraini (parzialmente) occupati dalla Russia di tenere i referendum per l’adesione alla Federazione russa tra il 23 e il 27 di settembre.
Dopo la decisione del Cremlino di ordinare la mobilitazione in Russia la politologa Margarita Zavadskaya ha parlato di un evento apocalittico, una tragedia che colpirà migliaia di famiglie. Inoltre, a suo avviso, il numero di soldati mobilitati, circa 300.000 non è affatto sufficiente per rispondere all’esercito ucraino per cui non ci sarà solo una “mobilitazione parziale”, ma una mobilitazione strisciante che si estenderà nel tempo. È possibile dunque che questo modifichi anche l’opinione pubblica russa sulla guerra facendo perdere a Putin l’appoggio di cui ha goduto. Ma c’è poi un altro rischio, molto più grave: tutti questi ragazzi mobilitati con le mitragliatrici in mano saranno combattenti efficaci senza aver ricevuto un’adeguata preparazione?
Putin è sempre più solo: il responsabile dei rapporti con i separatisti contesta il referendum mentre a Mosca il sindaco ha fatto rimuovere dalla capitale le “Z” a sostegno dell’offensiva. Ovviamente si tratta di informazioni di fonte occidentale che vanno verificate, in quanto la disinformazione è uno strumento utilizzato da entrambi gli schieramenti. Il 24 settembre scorso è iniziata all’alba l’operazione per il referendum nei territori ucraini controllati dalle forze di Mosca che segnerà la loro annessione alla Federazione russa. Una votazione il cui esito è scontato e che in alcune zone si sta svolgendo letteralmente sotto le bombe, mentre i giovani russi, a migliaia, dopo la mobilitazione ordinata da Putin, stanno cercando di espatriare nei paesi limitrofi come la Georgia, il Kazakistan ma anche verso la Finlandia. Secondo le stime ucraine, sarebbero già 70.000 i russi fuggiti o che stanno pensando alla fuga, malgrado il governo russo abbia aggravato le pene per chi si sottrae alla leva. Si tratta della terza volta nella storia della Russia che è stata dichiarata una mobilitazione dopo quella del 1914 e del 1941. Nel suo discorso alla Nazione, Putin dice che si è trattato di una decisione “urgente e necessaria” accusando l’Occidente di voler distruggere la Russia. Sulle pagine di La Repubblica il vice-direttore Gianluca Di Feo riconosce che la situazione sul campo di battaglia limita le opzioni del Cremlino. In questo momento l’esercito di Kiev schiera più soldati ed equipaggiamenti più moderni guidati con tattiche migliori e soprattutto molto più motivati. Con il referendum, Putin si prepara ad annettere i territori occupati portandoli sotto lo scudo nucleare che protegge la Russia. Il vice ministro degli Esteri ha messo in guardia gli USA dal fare passi provocatori compresa la fornitura di armi di gittata sempre più lunga. In questo senso anche la riluttante Germania sta incrementando le forniture militari inviate a Kiev, tanto che l’ambasciatore francese a Mosca è stato convocato dal Ministro degli Esteri per ribadire che il continuo rifornimento di armi occidentale all’Ucraina è inaccettabile.
Riprendendo l’articolo de La Repubblica, il giornale scrive che la strada intrapresa dal Cremlino con il referendum azzera qualsiasi chance di negoziato. A Erdogan è sembrato che Putin sia disposto a porre fine alla guerra il prima possibile come se le mosse aggressive servissero solo a spingere verso la trattativa. Ma Kiev non vuole compromessi e non teme neppure la minaccia atomica. Due settimane fa il comandante in capo delle forze ucraine ha scritto che i combattimenti si fermeranno solo con la riconquista della Crimea, dichiarando che non può essere escluso il coinvolgimento di altre potenze straniere in un conflitto nucleare limitato, che rende più vicina la prospettiva di una terza guerra mondiale. Se questo è il quadro della situazione, e non c’è motivo di dubitarne, non può l’Europa accettare che l’Ucraina decida le sorti di tutta l’Europa pur di vedere riaffermato un suo “principio”. La minaccia atomica ventilata da Putin non è uno scherzo e non ci sembra di dover spingere ancora per sapere se Putin vuole servirsene o no. L’avviso è chiaro anche per gli USA e la NATO la quale ha precisato di volere aumentare le forniture militari all’Ucraina rinunciando però ad usare le armi atomiche. Fino a che punto questa dichiarazione possa essere credibile non è dato sapere soprattutto tenendo conto che la politica seguita dalla NATO è stata quella di completare un totale accerchiamento della Russia aprendo le porte ai paesi che facevano parte della ex URSS, malgrado avesse promesso la NATO stessa che sarebbe rimasta lontano dalle frontiere della Russia.
LE REAZIONI DEGLI USA E DELL’EUROPA
È incredibile che la risposta dell’Occidente sia stata quella di accettare la sfida lanciata da Mosca, incurante delle conseguenze irreparabili che ne potrebbero derivare non solo per l’Europa ma anche per il resto del mondo. Non dimentichiamo che questa guerra “territoriale” è scoppiata solo perché l’Europa ha lasciato che fossero violate dall’Ucraina gli accordi che erano stati sottoscritti sia dai paesi occidentali, che se ne facevano garanti, come da Kiev e da Mosca. Si tratta, degli accordi di Minsk costituiti dal Protocollo di Minsk 1 nel 2014 e di Minsk 2 nel 2015 pensati per porre fine al conflitto nel Donbass. Accordi che il governo di Kiev ha apertamente sabotato dichiarando che non aveva alcun intenzione di rispettarli e questo avveniva anche prima del riconoscimento delle Repubbliche di Donetsk e Luhansk. Alla base dell’accordo c’era in effetti un impegno dell’Ucraina di garantire maggiori poteri a queste due regioni. Fu lo stesso Parlamento ucraino che ne decretò la fine con un provvedimento del 29.08.2019. Nel frattempo, l’Ucraina riceveva ingenti aiuti militari innanzitutto da USA e Gran Bretagna e successivamente anche dagli altri paesi europei che fanno parte della Nato come la Francia, l’Italia, la Spagna. Paesi che si sono occupati anche dell’addestramento dell’esercito ucraino per l’uso delle armi più sofisticate, addirittura trasferendo grossi contingenti dell’esercito ucraino nei loro paesi, come si è vantato di aver fatto lo stesso Johnson ex primo ministro inglese e ribadito anche da fonti americane. In previsione di un attacco da sferrare contro la Russia con un esercito ben equipaggiato per opporsi al progetto russo di occupare i territori dell’Ucraina posti nel confine settentrionale dove era forte la presenza di popolazioni russofone.
Questo spiega perché, quando la Russia ancora all’inizio di quest’anno chiedeva un vertice europeo per discutere della sicurezza in Europa, non abbia avuto nessuna risposta, in quanto l’Ucraina già era pronta per affrontare una guerra con dispositivi militari moderni forniti sia direttamente dai paesi europei sia dalla NATO. Se l’Europa ha dimenticato l’accordo che era stato raggiunto a Minsk, ebbene si è resa complice di una guerra dietro la quale c’è lo zampino della NATO ma soprattutto degli Usa decisi a riprendere il ruolo di padroni del mondo. Non ci venga l’Europa a raccontare la storia della difesa dei principi democratici in un paese, come l’Ucraina, dove il governo andava a braccetto con la mafia locale e le elezioni dei rappresentanti del popolo venivano decise dagli oligarchi locali. All’ONU Lavrov ha accusato l’Europa di essere succube della politica americana e di essere parte nel conflitto perché sta armando un “regime nazista”. Certo vi è dell’esagerazione, ma sembra più che legittima l’accusa diretta alla NATO dai paesi europei oltre agli USA che ben conoscevano che gran parte dell’esercito ucraino era stato formato utilizzando le organizzazioni para-militare di ispirazione nazista che lavoravano al fianco dell’esercito ucraino, senza incontrare alcun ostacolo da parte degli organi istituzionali. Draghi all’ONU ha ribadito che Putin calpesta le regole, insistendo nell’applicazione delle sanzioni. È inutile dire che l’Italia nella prospettiva del governo Draghi rappresenta un alleato prezioso per gli USA che hanno interesse a rafforzare la loro presenza anche nel Mediterraneo in funzione anti – Mosca, e qui si scoprono le carte della strategia USA che vuole riaffermare il suo ruolo di gendarme mondiale, costi quel che costi, andando contro gli interessi dell’UE. Una politica che Biden ha ereditato dal suo predecessore Trump che addirittura faceva il tifo per la Brexit. Inoltre va ricordato che a novembre ci saranno negli USA delle elezioni suppletive per cui Biden intende mostrare ai suoi concittadini di lavorare per la supremazia mondiale del suo paese sia dal punto di vista militare che da quello economico: basti pensare che il petrolio che le industrie americane stanno vendendo agli alleati europei costa molte volte di più di quello fornito in precedenza dalla Russia, a dimostrare che le guerre sono necessarie all’imperialismo americano per aumentare i suoi profitti rispetto al resto del mondo.
Nel suo discorso all’Onu, il presidente americano ha chiarito che la Russia “con l’escalation in Ucraina e l’aperta minaccia di usare le armi atomiche, non è più solo un problema per Kiev e Washington o i loro alleati, ma mette in pericolo l’intera sicurezza globale e quindi è ora dovere di tutti i membri responsabili della comunità internazionale contrastarlo, isolarlo e fermarlo qualunque siano le loro posizioni politiche” (La Repubblica del 22/09). In effetti Biden ha insistito per allargare la crisi invece di indicare una strada per porre fine ad una guerra dietro la quale si nascondono gli interessi militari e economici degli USA.
Vi è un’altra strada per mettere fine a questo disastro ma è nelle mani dell’UE la quale ha tutti i mezzi e le ragioni per cercare una soluzione che metta fine a questo conflitto, perché gli USA e il suo braccio armato, la NATO, hanno interesse a prolungare questa guerra anche accettando l’uso dell’atomica. Gli USA hanno mantenuto in Europa circa 500 bombe B-61 schierate pure in Italia per cui i primi obiettivi dei missili russi, dotati o meno di testata nucleare, se si allarga il conflitto, sarebbero proprio gli stati europei a partire da quelli che possiedono le atomiche generosamente forniti dagli USA. È proprio deciso che si debbano sacrificare i nostri giovani per consentire agli USA di rafforzare la sua supremazia sul mondo intero? C’è ancora spazio per una manovra diversiva che riesca a fermare questa minaccia. Erdogan ha dichiarato che Putin sarebbe disposto a fermare questa guerra nel più breve tempo possibile. Gli unici che hanno deciso di continuare la guerra fino alla sconfitta della Russia sono l’Ucraina e gli USA per cui non c’è molto da scegliere. Guerra ad oltranza o disponibilità per il dialogo: non commettiamo l’errore di far prevalere ancora una volta la voce dei guerrafondai e di abbandonare la speranza di riportare la pace nelle nostre contrade.
Settembre 2022