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LA SFIDA DELLA NUOVA GIUSTIZIA

In questi ultime settimane si sta sempre più chiarendo il quadro di questa emergenza sanitaria in parte frutto – bisogna riconoscerlo – anche del ritardo con cui la macchina statale ha affrontato l’emergenza mostrando i limiti del nostro sistema sanitario, determinati anche dalle scarse risorse che da anni sono state destinate al settore. Non vogliamo qui aprire una discussione politica che pure va fatta, ma in altra sede. Per quanto riguarda il nostro settore, purtroppo, per scelte del governo e per la mancanza ancora una volta di strutture, sarà difficile la ripresa dopo che sarà cessato l’allarme sanitario. Credo che sarà necessario ripartire con il piede giusto per offrire innanzitutto ai cittadini la immagine di una giustizia strettamente ancorata al rispetto dei diritti dell’uomo ma anche di trovare nuove forme di collaborazione con tutte le altre componenti giudiziarie per dare una speranza a chi ancora crede nei valori della Costituzione. Ma per far questo, bisogna ripartire fin da oggi perché una giustizia efficace e uguale per tutti sarà un fattore indispensabile per ridare ai nostri cittadini una speranza per l’avvenire del nostro paese.

 

LA SFIDA  DELLA NUOVA GIUSTIZIA

Quando si è deciso di modificare il sistema giudiziario introducendo il processo telematico, perlomeno nel settore civile, l’attività dell’avvocato si è profondamente trasformata venendo a mancare quella che era stato uno dei punti centrali del processo civile: la dialettica processuale che consentiva sia un confronto diretto con la controparte ma soprattutto con il giudice, soggetto che ormai interviene raramente nel corso del processo, secondo un rituale che si limita spesso al passaggio delle consegne dalla fase istruttoria a quella della decisione. Se l’obiettivo del legislatore era quello di semplificare il processo civile e soprattutto di ridurre i tempi del giudizio, ebbene la riforma può dirsi senz’altro fallita, in quanto una volta conclusa la fase istruttoria, quando si tratta di fissare la data di precisazione delle conclusioni, normalmente l’udienza viene fissata dal giudice a distanza di un lasso di tempo variabile tra i 12 e i 36 mesi. Peggio ancora nei processi di appello dove normalmente la fissazione nell’udienza di precisazione delle conclusioni avviene a distanza variabile sui 24 mesi e, in casi non rari, soprattutto nelle Corti d’Appello delle grandi città, anche dopo 3-5 anni. L’arretrato della giustizia civile, dopo un primo colpo di acceleratore, è ritornato ad essere pesante, come accadeva prima della riforma. Anche perché l’organico della Magistratura è carente e se non ci fossero migliaia di colleghi a colmare questi vuoti, la situazione sarebbe ancora più tragica. E questa era la situazione di crisi di settore ante-emergenza Covid, perlomeno nel settore civile. Il processo penale è stato solo sfiorato da questa riforma, anche perché nel settore penale ci sono valori molto più pregnanti sotto il profilo costituzionale. Quando è esplosa l’emergenza del Covid-19, come scrive “Il Dubbio” “gli uffici giudiziari si sono mossi in ordine sparso: tanti provvedimenti organizzativi, spesso anche in contrasto tra loro” scrive l’avv. Stefano Cavanna, consigliere del CSM il quale aggiunge che “per non bloccare
completamente il sistema giudiziario la scelta è stata quella di favorire il più possibile il “processo a distanza”….”Certamente però – aggiunge l’autore – il sistema ha messo in luce le varie sensibilità presenti nell’avvocatura italiana. Le Camere Penali, ad esempio, fin da subito si sono dichiarate contrarie. Il tema di fondo però riguarda tutte le infrastrutture giudiziarie. Il personale amministrativo, ad iniziare dai cancellieri, non può lavorare da remoto per cui essi non possono accedere ai vari registri (quelli dei decreti ingiuntivi, dei ricorsi di urgenza ecc…). Situazione questa che impedisce ai magistrati di depositare le sentenze già scritte anche perché al personale amministrativo non è stato fornito un pc per poter svolgere il lavoro fuori dall’ufficio, essendo state negate le credenziali per l’accesso alla rete da remoto. Quindi, tutto quello che oggi sta arrivando alle Cancellerie dei tribunali delle Corti d’Appello resta lì immagazzinato nei computer delle Cancellerie per essere preso in lavorazione solo quando il personale potrà rientrare al lavoro”.
“Si sta creando un tappo che rischia di paralizzare per molti mesi il sistema giustizia del paese – scrive l’avv. Proserpio presidente dell’Unione lombarda degli Ordini forensi e presidente dell’Ordine degli Avvocati di Busto Arsizio (VA) – evidenziando un malessere di molti suoi colleghi. Responsabile di questa situazione è il Ministro della giustizia che non ha considerato questo fondamentale aspetto, creando un gravissimo disservizio. In effetti il personale amministrativo, in questo periodo dunque resta a casa senza avere alcuna operatività per cui quando avverrà la riapertura dei tribunali, dopo questo periodo di sospensione, si creerà lo stesso ingorgo che si avrà per andare dal parrucchiere….” lamenta il collega. “Senza urgenti correttivi, infatti, si verificherà la formazione di un tale arretrato di procedimenti che bloccherà subito il riavvio delle attività giudiziarie. Da un lato bisognerà smaltire il grande numero di udienze che sono state differite in questo periodo, dall’altro ci troveremo nell’impossibilità di celebrarne proprio per la mancata annotazione dei provvedimenti dei giudici o degli avvocati sui registri”. Per cui chiede che “il Ministro debba affrontare quanto prima questa questione”. Ma non è un po’ tardi per chiedere questo intervento? Ormai sono due mesi che è scoppiata la pandemia e l’11 Maggio è prevista la riapertura dei Tribunali. Temo che quello che troveremo, per la forzata inattività dei Cancellieri in questo periodo, non ci consentirà di mettere a regime il sistema se non a distanza di mesi o forse di qualche anno. E non si tratta di un’esagerazione: per fare un esempio, all’epoca del dopo terremoto in Irpinia che interessò in gran parte due regioni, la Campania e la Basilicata, ci sono voluti anni per
portare a termine i processi in corso, creando comunque un ritardo anche per i nuovi procedimenti.
Oggi il disastro riguarda tutta la penisola per cui solo un intervento deciso dell’amministrazione e la collaborazione di tutte le componenti giudiziarie potrebbe attenuare il disastro. E di questi tempi l’amministrazione della giustizia in Italia, a partire dal ministro, sta dimostrando tutta la sua inefficienza difronte alla complessità dei problemi sollevati dal Coronavirus. Si pensi anche al ritardo con cui sta affrontando un tema cruciale, come quella dell’emergenza sanitaria nelle carceri senza dimenticare che una parte dell’avvocatura – e mi riferisco ai penalisti –ha ribadito di essere radicalmente contraria ad ogni ipotesi di “smaterializzazione” dell’udienza penale e della Camera di Consiglio dei giudici per cui già da tempo ha richiesto di sospendere l’entrata in vigore del “processo da remoto”. Quale sarà il destino dell’avvocato nel dopo virus? Quale sarà il suo ruolo rispetto ai grandi temi della privacy e della difesa dei diritti fondamentali del cittadino? Sono temi sui quali nei prossimi mesi saremo chiamati ad esprimere il nostro punto di vista per cui nessuno di noi potrà dirsi estraneo a questa elaborazione per ritrovare la via del giusto contemperamento tra diritti e doveri nella fase post emergenziale – tra libertà e necessità – alla luce della nostra Carta Costituzionale e tenuto conto anche della nostra appartenenza al progetto di una Europa Unita.
Come scrive Giovanni Malinconico – coordinatore dell’Organismo Congressuale Forense – “occorre che l’avvocatura si interroghi immediatamente e in modo strategicamente consapevole, sul ruolo che intende svolgere e sui mezzi che può e che intende mettere in campo….. E’ un compito arduo ma necessario…l’alternativa è la rinunzia ad un sistema di Giustizia equo e solidale, basato sulla sostanziale parità delle parti, ed il rafforzamento delle posizioni forti a discapito degli “ultimi”. E’ quindi una battaglia di democrazia e civiltà giuridica che dobbiamo tutti urgentemente affrontare a viso aperto e senza remore”.
20.4.2020

La sfida della nuova giustizia

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