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LA RUSSIA SOTTO LA LENTE DELLA GIUSTIZIA INTERNAZIONALE

Recentemente il Presidente Biden ha definito Putin “criminale di guerra” non nascondendo la sua volontà di poterlo portare sul banco degli imputati. Avvocati e magistrati del paese invaso dalle truppe russe chiedono la creazione di un Tribunale speciale, sull’esempio del Tribunale di Norimberga, per condannare i presunti crimini commessi nel corso di questa guerra dalla Russia di Putin. La Corte Penale Internazionale, organo giurisdizionale permanente e indipendente, istituita a Roma nel 1998, fin dal 28 febbraio scorso ha aperto un’indagine sui crimini di guerra commessi dalla Russia nel corso del conflitto con l’Ucraina. In base allo Statuto la Corte ha competenza a processare le persone accusate dei più gravi reati che generano allarme e preoccupazione a livello internazionale, come il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra. Il Procuratore della CPI, karim Khan, ha assicurato massimo impegno affinché le indagini siano condotte in modo obiettivo e indipendente chiedendo a tutti coloro che sono coinvolti nelle ostilità in Ucraina un rigoroso rispetto delle norme applicabili del diritto internazionale umanitario. Ancora, il Procuratore della CPI, ha esplicitamente aggiunto che “coloro che prendono parte alle ostilità, siano forze armate regolari, milizie o gruppi di autodifesa, devono sapere che indossando l’uniforme o portando le armi non sono esonerati da responsabilità, anzi, assumono ulteriori obblighi”. Un altro organo giurisdizionale, la Corte Internazionale di Giustizia, anch’essa con sede all’Aia (Olanda) ed istituita dalla Carta delle Nazioni Unite, il 16 marzo scorso ha ordinato con tredici voti a favore e due contrari di sospendere le operazioni militari in Ucraina, in attesa di verificare se nel Dombass vi sia stato un genocidio denunciato dalla Russia per giustificare il suo intervento. Richiesta che la Russia ha rigettato con decisione sostenendo che la Corte non avesse giurisdizione sul caso. Per quanto riguarda la Corte Penale Internazionale, che si occupa di crimini sovranazionali commessi da persone fisiche e non da singoli Stati, il suo funzionamento è disciplinato dallo Statuto di Roma, firmato e ratificato ad oggi da 123 nazioni. Sembra strano, ma non deve sorprendere, che le due super potenze nucleari, non hanno sottoscritto la Convenzione e tanto meno l’hanno ratificata per cui è discutibile che la Corte possa occuparsi di questo caso proprio perché sia la Russia  che l’Ucraina non ne fanno parte. Allo stato dunque la Corte non potrà entrare nel merito della vicenda anche se per i crimini di guerra ed i crimini contro l’umanità non vi è prescrizione per cui nulla vieta che un processo possa essere instaurato anche in tempi diversi. Secondo l’opinione di un giurista, già docente di diritto penale, il prof. Vincenzo Musacchio, per rendere più efficace l’azione della Corte, sarebbe opportuno che tutti gli Stati ratificassero la Convenzione di Roma. Pertanto è corretto ritenere che allo stato solo la Corte istituita dalle NU potrebbe aprire un’inchiesta nei confronti degli Stati belligeranti per i reati di una certa gravità come ad esempio il genocidio. A tal proposito, esistono delle regole che disciplinano i conflitti armati che le parti sono obbligate ad osservare. Il conflitto tra Ucraina e Russia è un conflitto armato internazionale disciplinato dalle convenzioni di Ginevra del 1949 e dal Protocollo addizionale, di cui i contendenti sono parti. Tra le regole da osservare c’è che, oggetto della violenza bellica possono essere solo gli obiettivi militari, dovendosi escludere qualsiasi violenza nei confronti della popolazione civile. Purtroppo il rispetto delle regole di diritto umanitario diventa difficile quando le ostilità si svolgono su un vasto territorio su cui vivono milioni di persone. Allo stato, dunque, è da escludere che la Russia o Putin possono essere portati dinanzi ad un Tribunale Internazionale perché ne mancano i presupposti e soprattutto siamo in una fase in cui la macchina della disinformazione continua a sfornare notizie di atrocità commesse dai soldati russi, di cui non viene fornita alcuna prova. Ancora meno condivisibile la posizione assunta dalle Cancellerie europee che in blocco si sono accodate alle scelte politiche di Biden che verrà nei prossimi giorni in Europa a celebrare il suo trionfo. Catastrofica se non letale la decisione di inviare armi in gran quantità in Ucraina che non fa che accrescere la “voglia” di guerra, invece di indicare la strada di una soluzione diplomatica che il presidente ucraino continua ad allontanare chiedendo condizioni, come quella rivendicata oggi, di sottomettere l’accordo ad un referendum. Il nostro Draghi, feroce fustigatore morale di Putin, dimenticando anche la stretta dipendenza dell’Italia dai rifornimenti russi, ha dichiarato che questa è “la prima guerra in Europa dopo la seconda guerra mondiale”. Forse, chiuso nelle austere stanze della sede della BCE non riusciva a sentire il clamore delle armi che anche in Europa non si sono mai fermate. Nel 1999, la Nato a guida USA, compresa l’Italia dell’allora governo D’Alema, aggredì la ex Jugoslavia, ormai ridotta alla sola Serbia, giustificando “la guerra umanitaria” contro i serbi, a difesa del Kossovo. Un piccolo spuntone della ex Jugoslavia, in territorio serbo, che aveva deciso di abbandonare la Serbia. In poco più di due mesi, gli USA con l’Italia in primo piano, lanciarono più di ventimila bombe e missili su tutto il territorio serbo, impiegando anche l’uranio impoverito, causando la morte di centinaia di migliaia di serbi, senza fare alcuna distinzione tra civili e militari e bombardando ripetutamente  anche il centro di Belgrado che mostra ancora oggi i segni di quella mostruosa operazione militare. Una missione “umanitaria” non autorizzata neppure dall’Onu lasciando alla Nato e ai suoi macellai di ridurre la Serbia ad un cumulo di rovine. Ebbene, a parte l’inchiesta svolta dalla CPI nei confronti dei dirigenti jugoslavi, con Milosevic in primo piano, non ci sembra che le Corti di Giustizia Internazionali, quelle che oggi si preparano a processare Putin e la Russia, abbiano svolto alcuna indagine sugli altri protagonisti di quella sporca guerra che ancora oggi divide i popoli di quella martoriata regione balcanica, dimostrando quello che è un assioma valido fin dall’epoca romana. “Vae victis” rispose Brenno che, nel 390 a.C., aveva sconfitto e successivamente occupato la città di Roma cui impose un pesante tributo in oro e preziosi, confermando che la bilancia della giustizia pende sempre a favore dei vincitori. I Tribunali non hanno mai fatto la storia, tanto meno soddisfatto la fame di giustizia che invocano i popoli della terra, come la richiedono la Siria, l’Afghanistan, strumenti della sete di potere delle grandi potenze che giocano alla guerra spostando i popoli da una parte all’altra del globo come se si trattasse di pedine al tavolo da gioco. Mentre continua a crescere il numero dei rifugiati, si parla ormai di una cifra impressionante di circa dieci milioni di persone, l’America torna in guerra “senza sporcarsi gli stivali”. Altri ottocento milioni di dollari sono pronti per finanziare la difesa ucraina. Pur senza muovere un singolo uomo sul terreno, l’amministrazione Biden nei fatti partecipa alla guerra contro la Russia in prima linea. Joe Biden evita di inviare stivali sul campo per evitare bare americane ma, soprattutto dopo la rovinosa ritirata dall’Afghanistan, ha la necessità di dimostrare al mondo intero che gli USA ed il suo presidente sono i primi protagonisti della scena mondiale. Quale migliore occasione di una guerra “regionale” fatta da altri eserciti che gli offre la possibilità di mostrarsi ancora paladino della democrazia e della legalità? Come ha scritto una voce fuori dal coro, Giorgio Riolo su “Sinistra sindacale”, “per fermare la guerra e quindi per fermare Putin e la Russia occorre sganciarsi dalla morsa USA-NATO, tutto il contrario di quello che intende fare l’Europa”. Diversamente, si rischia davvero di tracciare un solco profondo tra ovest ed est del continente ritornando a schemi politici che si ritenevano superati, lasciando ancora una volta agli USA e all’Alleanza Atlantica di decidere del destino dell’Europa. Scacco matto alla politica di pace e di collaborazione dei popoli europei, con la prospettiva di ritornare ad essere ancora succubi di una supremazia mondiale degli USA che intendono mantenere il dominio su tutto il pianeta.

LA RUSSIA SOTTO LA LENTE DELLA GIUSTIZIA INTERNAZIONALE

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