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La riforma della prescrizione penale: riforma epocale?

Con l’approvazione definitiva del ddl anti-corruzione, la riforma della prescrizione penale è ora diventata legge. Nonostante le proteste indette dalle Camere penali e malgrado il parere contrario del Csm. In particolare l’Unione delle Camere Penali ha scritto direttamente al Presidente della Repubblica consegnandogli un appello firmato da 110 docenti di diritto penale, di procedura penale, perché esamini, come ritengono i firmatari se questa riforma venga a confliggere con diversi principi costituzionali e convenzionali tra i quali:

  1. a) la presunzione di innocenza (art. 27, comma secondo, Cost, art. 6/2 CEDU), dal momento che, con l’attuale legge, l’imputato – persino se assolto in primo grado – potrebbe essere considerato quale “eterno giudicabile”;
  2. b) il diritto di difesa, “inviolabile” ai sensi dell’art. 24, comma secondo, Cost. Ci si domanda, infatti, come è possibile difendersi a distanza di molto tempo da quando si è verificato il fatto per cui si è stati sottoposti a procedimento penale? Non ci vuole certo uno studioso del diritto per comprendere che le possibilità di svolgere un adeguato contraddittorio sono compromesse così come è compromessa la possibilità di esercitare il diritto di difendersi provando (“essendo difficile non solo raccogliere eventuali prove a discarico, ma persino ricostruire compiutamente e correttamente i fatti”);
  3. c) la durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.; art. 6/1 CEDU), poiché “in assenza di una disciplina della prescrizione del processo – la prescrizione sostanziale rappresenta l’unico, estremo presidio garantistico a tutela dell’individuo contro un “processo senza fine”;
  4. d) ed infine la stessa funzione rieducativa della pena (art. 27, comma terzo, Cost.) sarebbe svuotata del suo significato, potendo la sanzione (irrogata dal giudice penale), intervenire anche a notevole distanza di tempo rispetto al fatto commesso, quando l’autore “non è più la stessa persona”, e potrebbe non necessitare più di alcun trattamento rieducativo.

In effetti, si legge nella lettera, “la sospensione sine die dei termini di prescrizione del reato, a seguito della pronuncia di primo grado – sia di condanna che si assoluzione – finisce per frustrare le diverse funzioni della pena che ispirano la ratio estintiva del trascorrere del tempo”. Una riforma, quella voluta dal governo ed in particolare dall’attuale ministro di Giustizia, in aperta contraddizione con i principi giuridici del nostro paese, che potrebbe contribuire alla nascita di una “repubblica illiberale”. Il governo ed in particolare il ministro non hanno inteso tener conto neppure dei rilievi del CSM, che in un parere sugli effetti della nuova

legge ha scritto che: “l’introduzione della sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado – in assenza di altre misure – se elimina il rischio del maturare della prescrizione, contribuisce con l’accentuarla per il prevedibile aggravio dei ruoli che essa determinerà”. Aggiungendo che “sarebbe auspicabile una riforma (della prescrizione) che sia accompagnata a un intervento normativo più ampio che incida sulle cause strutturali dell’eccessiva durata dei procedimenti sul piano del diritto sostanziale…e attraverso la dotazione di risorse adeguate, condizioni imprescrivibili per un’effettiva attuazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo”.

Insomma invece di allungare i termini della prescrizione, bisogna accorciare i tempi del processo penale in modo tale che sia difficile per il reo sottrarsi all’espiazione della pena. E’ questa la linea da seguire, come più volte ribadito dall’associazione delle Camere penali.

Senza voler allargare qui la polemica, ormai questo governo sta mostrando, attraverso il ricorso ormai diventato strumento usato e abusato dalla legislazione per decreto e del ricorso alla fiducia, che intende mettere a tacere qualsiasi forma di critica e di opposizione riducendo i poteri del Parlamento cui non viene chiesto che di pronunziarsi sulle scelte del governo, mettendo fine ad ogni forma di dibattito parlamentare.

Anche il bilancio statale è stato approvato col ricorso alla fiducia malgrado la protesta sollevata in entrambi i rami del Parlamento.

Al Senato la senatrice Bonino è intervenuta alla seduta di giovedì sera (il  20.12) per denunciare l’umiliazione del Parlamento. Il Presidente emerito Napolitano ha dichiarato a “La Repubblica”: “Condivido profondamente l’allarme espresso dalla senatrice Bonino per la umiliante condizione riservata al Parlamento in occasione della legge sul bilancio”. Per quanto concerne la riforma della prescrizione penale, saremmo curiosi di sapere di quali esperti si sia avvalso Bonafede, visto che ha colto di sorpresa sia avvocati che magistrati, a meno che non l’abbia partorito in una notte in cui si sia sentito particolarmente ispirato.

Vero è che, difronte alle proteste sollevate e al dissenso espresso dall’alleato di governo, l’entrata in vigore delle nuove disposizioni, è stata rinviata al 2020, in attesa di un’ulteriore riforma del codice penale. Purtroppo, l’indirizzo preso da questo governo ci induce a rafforzare l’opposizione a queste manovre illiberali che finiscono per avvilire il ruolo degli organismi istituzionali, in primis del Parlamento della Repubblica.

Gennaio 2019

La riforma della prescrizione penale, riforma epocale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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