LA CHIESA DI SANTA SOFIA TORNA AD ESSERE MOSCHEA
Santa Sofia, il monumento più visitato dai turisti ad Ankara, dichiarato sito UNESCO, che è servito da basilica cristiana per 916 anni per poi diventare moschea dopo la conquista di Costantinopoli da parte dell’esercito ottomano e infine museo dal 1935, dopo la nascita della repubblica turca, con una sentenza del Consiglio di Stato di qualche giorno fa che ha annullato il decreto del 1934 che l’aveva trasformato in museo, è ritornata ad essere una moschea. Fu proprio Kemal Ataturk, dopo la proclamazione della repubblica turca, a trasformare la moschea in un museo per sottolineare la laicità dello Stato turco. Russi e americani, entrambi gli alleati più forti della Turchia, non sono rimasti convinti della decisione di Erdogan. L’ambasciatore turco in Italia ha rassicurato che non si tratta di una chiusura verso le altri fedi religiose in quanto la Turchia ha preso una “decisione sovrana” che si fonda su “basi legali” perché – fuori dagli orari dedicati alla preghiera – il tempio resterà aperto a tutte le confessioni religiose ricordando che Santa Sofia è anche un sito UNESCO per cui continuerà ad essere considerato “patrimonio dell’umanità”. Anche il Ministro degli Esteri turco ha ribadito che l’accesso alla moschea è aperto a tutti, rispondendo alle accuse di molti paesi europei, in particolare della Grecia, il cui premier ha parlato di “affronto alla cristianità”. Nel mondo cristiano la decisione non è stata affatto digerita. Per il Patriarca di Costantinopoli, leader di 300 milioni di ortodossi nel mondo, “l’eventuale riconversione spingerà i cristiani di tutto il mondo contro l’Islam”. Il patriarca greco, accusa il governo turco di “giocare con i simboli religiosi” mentre il patriarca russo Kirill- prima della decisione di Erdogan – “faceva un appello al buon senso della leadership turca affinché venisse preservato lo status attuale”. Il malumore è arrivato anche a Roma che non ha lasciato indifferente il Papa che mantiene un rapporto di stima e fiducia con il Patriarca Kirill di Mosca per cui, dopo l’Angelus, affacciandosi alla finestra si è detto “molto addolorato” esprimendosi volutamente a braccio e abbandonando l’idea di un comunicato ufficiale, per non guastare i rapporti diplomatici con Istanbul. Una nuova guerra di religione? Niente affatto “la religione – scrive “La Repubblica” del 13.7- c’entra poco o niente”. “La scelta è strumentale: in patria galvanizza gli elettori conservatori e ottiene consensi nel mondo musulmano dove la Turchia punta all’egemonia politica”. “La conversione – scrive sempre La Repubblica – da museo a moschea è il pilastro di una strategia capace di diffondersi in più direzioni. All’interno compattando il proprio elettorato con i nazionalisti con i quali ha stretto un’alleanza di destra. All’esterno ottiene consenso nel complesso mondo musulmano”. Da tempo Erdogan aspira a conquistare il predominio nel mondo arabo, in rotta di collisione con Arabia Saudita, Emirati Arabi ed Egitto. Un confronto aspro trasferitosi anche sul mare, avendo stretto con il governo di Tripoli un accordo per lo sfruttamento di gas e petrolio che sta aiutando a rintuzzare gli attacchi dei ribelli della Cirenaica guidati dal generale Haftar, che invece viene sostenuto sia dai francesi che dai russi. Insomma, sta cercando di scompaginare le carte per restare padrone assoluto del Mediterraneo orientale con la prospettiva di allargare nel tempo l’influenza turca su tutti i paesi del Mediterraneo, anche se per ora cerca di limitare il suo intervento che potrebbe scatenare quello dei paesi rivieraschi che fanno parte dell’UE con la quale ha in corso un programma di collaborazione per il trattenimento degli esuli siriani nei campi di accoglienza in Turchia, per cui, se si vedesse minacciato, non avrebbe remore a far trovare alle frontiere esterne dell’UE milioni di esuli, sconvolgendo una situazione che già si fatica a tenere sotto controllo. E sa Erdogan che nemmeno i suoi alleati più forti, come gli Stati Uniti e la Russia potrebbero fermarlo. Senza dimenticare che l’appartenenza della Turchia alla Nato è un altro elemento forte che impedisce agli altri paesi membri di assumere posizioni più drastiche contro il progetto di espansione turco. Ma Erdogan deve anche guardarsi dall’opposizione interna, anche alla luce di una crisi economica che si rivela sempre più devastante. Milioni di turchi sono contro questa decisione ma le loro voci non vengono ascoltate. Lo scrittore Orhan Pamuk – premio Nobel per la letteratura – non ha difficoltà ad ammettere di non essere d’accordo con questa decisione. Ricorda lo scrittore che “Kemal Ataturk decise di trasformare la moschea in museo perché voleva lanciare un messaggio a livello internazionale: siamo diversi dagli altri paesi e governi musulmani, noi vogliamo far parte del mondo occidentale. Ora stanno annullando quel messaggio con un discorso populista, anti occidentale e islamico”. Ma c’è qualche voce, anche nel campo cattolico, che la pensa diversamente, escludendo che la decisione presa dal Presidente turco possa segnare l’inizio di una guerra di religione o che voglia prendere le distanze dall’ecumenismo cattolico, rifiutando ogni commistione con le altre religioni. Padre Claudio Monge, 52 anni, che risiede ad Istanbul da 17 anni ed è responsabile del centro domenicano per il dialogo interreligioso e culturale, conoscendo a fondo la realtà del paese, si scaglia contro “la retorica propagandistica che usa strumentalmente il sacro e i suoi simboli suscitando reazioni emozionali che alimentano una polarizzazione Islam-Occidente che è una volgare semplificazione” dichiara in un’intervista a La Repubblica del 24.7. “Molti – continua – sono caduti nella trappola…condannando l’iniziativa”, ma va preferita una chiave di lettura politico-strategica. “Sullo sfondo della sfida all’Occidente – continua – c’è la necessità di ricompattare una base elettorale che si assottiglia, distogliendo l’attenzione da dossier più cruciali come la situazione economica già difficile e resa più drammatica dalla pandemia. Erdogan gioca la carta della “fierezza sovranista” …. e trova una sponda perfetta in un Occidente dove sono più che mai vive la logica da crociata, da tifoseria, facilmente eccitabili con l’ostentazione blasfema dei simboli religiosi usati come spade da brandire. E’ lo stesso meccanismo in salsa islamica o cristiana”. Come dimostra l’ostentazione di simboli religiosi da parte di un principe della Lega pronto sempre ad imbarcarsi per una nuova crociata. Al giornalista che gli ricorda che i vescovi americani hanno indetto una giornata di lutto, replica: “Sono sorpreso che abbiano il tempo di occuparsi di ciò, visti i problemi rilevanti che sta attraversando il loro paese. Vorrei far notare che da 500 anni Santa Sofia non è luogo di preghiera cristiana”. Davvero una lezione di realismo che allontana i fantasmi di una nuova ondata di crociate. E anche a proposito del Papa ci tiene a dire la sua: “Il dialogo non può essere invalidato dall’uso strumentale dei simboli religiosi e la vicenda di Santa Sofia evidenzia la necessità di più rispetto nella complessa storia di ciascuno per poter convivere”. A conferma che tale lettura politica è quella giusta è la notizia che nei giorni scorsi Ankara ha diramato un divieto di navigazione nel lembo di Grecia più vicino alla Turchia per l’arrivo di una nave turca per effettuare una trivellazione petrolifera. Un’area sulla quale la Turchia ha messo gli occhi per poter sfruttare le riserve di gas che sono state scoperte nei fondali dell’isola di Cipro, provocando la reazione della Grecia che si è mobilizzata per neutralizzare quello che ritiene “un atto illegittimo” per cui contemporaneamente coppie di F-16 greci hanno sorvolato l’area, marcando la linea di frontiera e in maniera speculare pattuglie dell’aviazione turca compiono la stessa missione. La situazione è così preoccupante da aver spinto la Nato – di cui entrambi i paesi sono membri – ad inviare un aereo radar per sorvegliare la zona. E’ evidente dunque che Erdogan sta cercando di compattare i suoi seguaci per essere appoggiato in quello che si prefigura come un probabile scontro militare e il recente passato non può escludere un’ipotesi del genere per cui bisogna che l’UE e l’ONU intervengano perché siano rispettate le frontiere in una regione dove la pace continua ad essere un obiettivo difficile da realizzare.
29/7/2020
La chiesa di Santa Sofia ritorna ad essere moschea