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JUS SOLI, una legge senza padri né padrini

Ancora sulle colonne del quotidiano “La Repubblica” del 29 ottobre u.s. il Ministro Minniti ribadisce l’impegno del Governo di approvare lo “jus soli” in questa legislatura, prima che si chiudano le Camere e inizi la campagna elettorale, ribadendo che non si tratta di una legge sull’immigrazione ma sull’integrazione. Impegno confermato anche dal Presidente del Consiglio Gentiloni che parla di legge di principio cui il PD non può rinunciare. Anche la ministra per i rapporti col Parlamento, Anna Finocchiaro si dichiara d’accordo con Minniti parlando di “una legge di civiltà”. Un apprezzamento arriva anche da Michele Emiliano, senza dimenticare che i gruppi a sostegno del PD hanno dichiarato di votare a favore della legge. Al contrario, molte critiche suscita il discorso di Minniti nel centro destra,a partire dalla Lega che minaccia di sollevare una rivolta nelle aule parlamentari e nelle piazze. Il portavoce della Lega accusa i vertici del governo e il segretario del PD “di aver trasformato il nostro paese in un covo di terroristi islamici e in un rifuglio dorato per i clandestini di mezzo mondo”. Dovrebbe essere chiaro, come è stato mille volte ribadito, che non si tratta di una norma che modifica la legislazione sull’immigrazione (la famigerata legge Bossi/Fini) ma di un riconoscimento dovuto ai giovani nati o venuti in Italia da molti anni, che abbiano requisiti specifici cui concedere la cittadinanza italiana. Ragazzi che sono pari ai nostri figli, che frequentano le nostre scuole, che sono perfettamente integrati già nella nostra comunità nazionale, che lavorano e producono reddito e che contribuiscono a sostenere il nostro sistema previdenziale. Che cosa impedisce al Governo di ripresentare al Senato un progetto di legge ormai approvato da diversi anni alla Camera dei Deputati e rinviato per diversi anni? Certo, bisogna fare i conti con gli alleati di governo, in primo luogo il gruppo che fa capo al ministro degli Esteri ha chiesto ancora una volta di rinviare l’esame del progetto “a tempi migliori”. Non vediamo perché il Governo, se si tratta di far tacere le critiche all’interno della maggioranza, non ponga la fiducia, come ha fatto in altri recenti casi. E’ chiaro che la responsabilità di un insuccesso ricadrebbe sui responsabili politici di una mancata approvazione della legge. Purtroppo, c’è da temere che, pur con un ampio consenso, non sono pochi, anche all’interno della maggioranza, i franchi tiratori.  Ma è un rischio da correre perché se non si può bloccare una legge già approvata con larga maggioranza già da un ramo del Parlamento.

Novembre 2017

Nota a cura avv. E. Oropallo

Una legge senza padri né padrini

 

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