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INCREDIBILE CONFUSIONE SUL MES

La riforma del Fondo Salva-Stati – o più precisamente – del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) rischia di mettere in crisi il governo italiano e di aprire una vera e propria voragine tra noi e l’UE. Molto è dovuto anche ad un uso spregiudicato delle mezze verità – o meglio delle mezze menzogne – all’interno del dibattito politico che comprende anche una notevole ignoranza di gran parte della nostra classe politica. E allora, prima di affrontare il problema, cercheremo ancora una volta di fare chiarezza su questo punto per ricordare perché il MES è stato creato. Nel 2010-2011 alcuni paesi dell’Unione si trovarono sull’orlo del tracollo finanziario. L’art. 123 dei Trattati europei vieta che gli Stati membri o la BCE possano intervenire per salvare i paesi in difficoltà. L’UE pensò dunque di istituire un fondo temporaneo che consentisse di salvare alcuni paesi in crisi come l’Irlanda, il Portogallo e la Grecia che beneficiarono di un prestito di 175mld. di euro. Tale fondo divenne permanente dietro forte richiesta proprio dell’Italia che rischiava di non avere alcuna ancora di salvezza all’interno dell’UE nell’ipotesi, tutt’altro che peregrina, di non poter ripagare il suo enorme debito pubblico. Il MES, dunque, alimentato dai contributi dei paesi UE, può concedere prestiti ai paesi in difficoltà ma a condizione che chi riceve i prestiti si obbliga ad approvare un memorandum d’intesa che prevede tagli al deficit e riforme strutturali, come è avvenuto nel caso della Grecia. Dopo l’esperienza della Grecia, si è sentita l’urgenza di riformare il MES, soprattutto nella prospettiva che esso diventi uno strumento utilizzabile all’interno della cornice istituzionale dell’Unione Europea. Nell’ultimo testo del Trattato sul MES si prevede che, prima di concedere il prestito, si procederà a un’analisi della sostenibilità del debito, legata alla futura capacità del paese di ripagarlo. Un’analisi che sarà fatta sia dalla Commissione sia dal MES. Non si può nascondere che qualche perplessità ci sia ancora ma bisogna riconoscere che esso costituisce un importante strumento di solidarietà europea, soprattutto per i paesi più indebitati come l’Italia, che dovrà fare i conti con l’ingente indebitamento legato alla pandemia. Per l’Italia, dunque, il vero problema non è tanto la riforma del MES che costituisce dunque quell’ancora di salvezza che l’Italia in tempi non lontani aveva richiesto, quanto quella della sostenibilità del proprio debito. Tanto chiarito, nessuno dovrebbe avere dubbi della necessità di approvare la riforma del MES la cui approvazione è già stata bloccata una prima volta nel dicembre scorso proprio dall’Italia che fu l’unico paese alla fine dell’anno scorso, in seno al Consiglio d’Europa, a bloccarla con il suo veto.  Dopo un anno di attesa, oggi i ministri delle Finanze dell’UE, possono dare il via ad un nuovo Trattato. Paolo Gentiloni, dichiara che “la riforma è un’ottima notizia per cittadini e imprese” mentre il ministro delle Finanze tedesco aggiunge che “la decisione rafforza l’euro e l’intero settore bancario contro gli attacchi degli speculatori”. Il ministro Gualtieri – che ha lavorato a stretto contatto con Gentiloni – ha ottenuto di anticipare di due anni dal 2024 al 2022 l’entrata in funzione delle garanzie UE per gli istituti di credito che l’Italia ha richiesto da tempo. Ora, saranno i capi di Stato e governo alla riunione del Consiglio del 10 dicembre a dare via libera alla riforma per cui toccherà poi ai Parlamenti nazionali di ratificarla. Se questo è il quadro, quali sono i dubbi sollevati dai grillini e da altri gruppi parlamentari dell’opposizione se si tratta di un ulteriore finanziamento studiato per sostenere eventuali paesi in crisi, come potrebbe essere domani l’Italia? Ancora una volta, mentre l’UE ha varato una serie di provvidenze a favore dei paesi alle prese con una crisi pandemica e sociale di ampie proporzioni, ci sono imbecilli che ancora utilizzano falsi argomenti nella discussione politica. In effetti, una cosa è la riforma del MES ed un’altra cosa la decisione di utilizzare o meno quella disponibilità immediata che l’Italia avrebbe di circa 37 mld. di euro per migliorare il sistema sanitario nazionale che continua a mostrare le sue profonde criticità. Su questo punto, sarà il Parlamento in futuro a decidere se utilizzare o meno questo fondo, anche se non vi è una unanimità all’interno della compagine di governo. Oggi, per farla breve, è in discussione solo di decidere se approvare o meno questa riforma che, paradossalmente era stata proprio l’Italia a richiedere. Un no che peserebbe come un macigno non solo sulla tenuta di governo ma anche sul nostro rapporto con l’UE. I nostri alleati europei si sono battuti quando una parte dei paesi più ricchi si pronunciava contro il Recovery Fund ed oggi un voto irragionevole dell’Italia suonerebbe anche come un’aperta sconfessione della nostra partecipazione a questa Europa che ha tutti i numeri per portare i paesi membri fuori da questa tempesta, possibile solo se vi è collaborazione di tutti i paesi membri. L’Eurogruppo, composto dai ministri dei dicasteri economici dei paesi dell’Europa che fanno parte dell’euro, ha già approvato il 30 novembre scorso, di aderire alla riforma del MES, dopo oltre tre ore di dibattito che ha portato ad un accordo storico che ridisegna la condizionalità del Fondo ma non tocca la linea di credito del MES per sostenere i sistemi sanitari dei paesi colpiti dalla pandemia. “Il testo approvato – dichiara il ministro Gualtieri – è in linea con le nostre richieste e rappresenta un passo avanti verso una unione bancaria”. Dopo che nell’audizione davanti alla Commissione Bilancio e Finanza aveva sottolineato come “l’accordo fosse di importanza strategica per assicurare una rete di sicurezza per la stabilità del sistema bancario”. Il Presidente del MES ha ricordato che “il MES è l’ultima spiaggia per i 19 paesi dell’Eurozona, che consentirà al meccanismo europeo di stabilità di svolgere un ruolo più forte”. Ricordiamo che nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Gualtieri si era incontrato col suo omologo venuto in Italia per sottolineare l’importanza di questa decisione ma soprattutto per assicurarsi che il M5S non mettesse i bastoni fra le ruote dopo aver bloccato una riforma negoziata per due anni e accettata da tutti i partners dell’Europa e ora non più rinviabile. Il 9 dicembre dunque le Camere dovranno votare una nuova risoluzione che darà mandato al premier Conte di dare il via libera finale il giorno successivo a Bruxelles. Sul piano istituzionale, a nostro avviso, non era affatto necessario sollecitare un voto del Parlamento su questo punto quando la ratifica avviene dopo la firma dell’accordo per cui c’è il sospetto che qualcuno, pur ritenendo necessario togliere il veto, non voleva assumersi la responsabilità politica di questa scelta, ritenendo opportuno che se ne assumesse ogni responsabilità il Parlamento, contando sulla piena condivisione dei partiti di governo. E invece, come si temeva, è stato tutto rimesso in discussione dalla crisi interna di questo raggruppamento. Non è bastato che Gualtieri ancora una volta spiegasse come “la riforma del MES non investe in alcun modo il suo utilizzo che è una cosa distinta”. Tra l’altro, già in precedenza, il ministro aveva dichiarato che non c’era alcun bisogno per l’Italia di utilizzare quel fondo già disponibile, sussistendo altre risorse per la sanità. Nel corso della stessa giornata, e siamo al primo dicembre, il capo politico del M5S Vito Crimi concede il via libera al nuovo MES affermando che “la sua riforma e il suo utilizzo sono elementi totalmente distinti”: non impediremo l’approvazione delle modifiche del Trattato”. Ma una parte del M5S si ribella alla sterzata rispetto alla storica posizione anti MES. A Bruxelles anche gli Europarlamentari, vicini al dissidente Di Battista, si schierano contro le riforme. Insomma, la decisione sul MES viene utilizzata come strumento di lotta interna al Movimento. A peggiorare il quadro è la richiesta del gruppo ribelle di impegnare Conte a dichiarare nell’incontro di Bruxelles che l’Italia non userà mai i 36 mld. del MES. A parte il fatto che in Europa non sono interessati a sapere quali potranno essere le scelte future del governo italiano, la richiesta risulta inaccettabile per il PD, con Gualtieri che, sempre in giornata, ha chiarito che sarà sempre il Parlamento a decidere eventualmente se fare o meno ricorso ai fondi già disponibili. In attesa del voto in Parlamento il 9 dicembre, ben 16 senatori e 42 deputati del M5S, minacciano di votare no creando una profonda spaccatura all’interno della maggioranza di governo che non piace affatto al PD. Per il capogruppo PD al Senato “i parlamentari contrari alla riforma del MES, dovrebbero come prima cosa leggere i testi dell’accordo e poi giudicare. L’accordo sottoscritto anche dall’Italia è oggettivamente migliorativo”. Nella minoranza, Berlusconi che in un primo tempo si era detto favorevole a votare la riforma, dopo il diktat di Salvini che minaccia di congelare l’alleanza, cambia idea anche se due terzi del partito vogliono votare si alla riforma mentre Angela Merkel ritiene che lo strappo di Berlusconi rischia di compromettere il recepimento della riforma MES in Italia e preoccupa la Cancelliera tedesca e i vertici del Ppe, mentre i sovranisti esultano per la scelta di Berlusconi che ha sorpreso tutti e spaventato molti, perché senza la rete di produzione di Forza Italia e con il M5S sempre più nel caos, il voto sulla riforma del MES al Senato, diventa un rischio. Sarebbe stato l’ex Presidente del Parlamento europeo Taiani a convincere Berlusconi a bloccare la riforma ma Brunetta ha confermato di votare sì alla riforma. “Un no a Bruxelles per il Quirinale aprirebbe nei fatti una crisi e sarebbe impossibile rimettere assieme una maggioranza europeista” scrive La Repubblica del 4 dicembre. “Con il fiato sospeso per le battute finali delle trattative sulla Brexit, ora l’Europa ha paura di cadere sull’Italia. Per l’unione sarebbe incomprensibile se la debolezza dei grillini tracimasse sui tavoli comuni…rischiando di mandare all’aria un summit storico per la posta in gioco sul Recovery Fund” scrive ancora la Repubblica. E di questo rischio dovrebbero essere coscienti tutte le forze politiche perché la mancata riforma del MES, farebbe fallire anche l’ipotesi di un Recovery Fund già attaccato dal gruppo dei paesi nordici perché troppo favorevoli per i paesi del sud e contestato anche dai paesi sovranisti. Il rischio di un fallimento porrebbe seri problemi finanziari anche al nostro paese che si vedrebbe privato di quelle risorse finanziarie su cui fa affidamento questo governo per un finanziamento della ripresa economica. Anche Prodi, intervistato dal quotidiano “La Repubblica” del 3 u.s. ha ribadito che “il MES per la sanità va preso, con o senza riforma” aggiungendo che “il paese non può permettersi una crisi di governo oggi”. “C’è Next Generation, un progetto di enormi dimensioni e di drammatica urgenza”. Gli fa eco Conte che, sempre sulle pagine del quotidiano La Repubblica del 5 u.s. assicura sulla tenuta del governo “guido un governo europeista, saremo protagonisti della riforma del MES e del Recovery Fund assieme a Berlino e a Parigi” aggiungendo di non temere il voto del 9 dicembre in Parlamento sulla riforma del MES “perché il M5S sta completando la svolta pro UE”. Parole che dovrebbero rassicurare il paese che però ha diritto di sapere perché in questi mesi ci siano state tante contorsioni da parte del M5S, senza che il premier Conte ritenesse opportuno verificare il pieno appoggio del M5S a votare a favore della riforma. Anche il Presidente della Repubblica ha sentito il dovere di richiamare governo e parlamento al rispetto degli impegni assunti in seno all’UE. A peggiorare la situazione, ha contribuito anche Grillo, che una volta da attore ci faceva ridere e che oggi ci stupisce con le sue pose di gran consigliere del M5S tornando sull’argomento per ribadire (La Repubblica del 5.12) che “il MES non è la soluzione ai problemi dell’Italia, ricordando che anche il presidente Conte è d’accordo con questa impostazione”. E allora, come si fa ad essere tranquilli che il Parlamento saprà dire sì alla riforma? Sempre sul quotidiano La Repubblica di ieri, Di Maio rassicura il Colle e Crimi conferma il sì alla riforma ma anche il no al prestito UE mentre Zingaretti è a favore della riforma del MES ed anche dell’utilizzo dei 37 mld. disponibili. Le contorsioni continuano dunque ad agitare la maggioranza. “E’ un voto cruciale a cui l’Europa guarda col fiato sospeso”. “L’Italia scherza col fuoco” scrive un quotidiano tedesco. Resta l’immagine di una maggioranza fragile che mostra ancora una volta il volto di un governo che non possiede la compattezza e la chiarezza per guidare questo paese con il rischio ancora una volta di uscire dall’alleanza per le contorsioni di un raggruppamento politico che tiene in tensione il paese.

7/12/2020

INCREDIBILE CONFUSIONE SUL MES

 

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