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INCREDIBILE ACCANIMENTO

E rieccoci a parlare ancora una volta della “questione carceri”. Nonostante espressi richiami del Procuratore Generale della Corte di Cassazione ai capi delle Procure di tutta Italia ad utilizzare le norme già presenti in modo da alleggerire l’affollamento carcerario, c’è un vistoso silenzio del Ministro di Giustizia Bonafede che la dice lunga su quella che è la volontà del nostro governo di non voler provvedere a svuotare le carceri anche se la situazione sanitaria rischia di diventare ingestibile. I numeri che ci giungono ci confermano ormai che il virus è arrivato anche nelle carceri: 158 operatori di polizia penitenziaria, 37 detenuti e 5 funzionari dell’amministrazione sono infetti. A ciò si aggiungono la morte del medico in servizio nelle carceri bresciane e il primo caso di Covid-19 negli istituti penitenziari della Campania, in particolare un ospite di un reparto di alta sicurezza nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. L’osservatorio carceri della UCPI chiede ancora una volta al ministro “che si assuma la responsabilità e riduca il sovraffollamento perché esso può provocare l’esplosione del virus”. Bonafede ha scelto la linea del silenzio tanto da sollevare le proteste degli stessi alleati di governo, come il deputato I.V. Cosimo Ferri, magistrato che ha attaccato frontalmente il guardiasigilli, che “non ne azzecca una e che va aiutato per il bene della giustizia e della tutela della salute di tutti”. “Un accerchiamento – quello del ministro della giustizia – scrive “Il Dubbio” di qualche giorno addietro – che potrebbe costringerlo a rivedere le proprie posizioni”. “In questi giorni continuano le “coraggiose” pronunce della Magistratura di Sorveglianza milanese  (www. dirittoegiustizia.it) per supplire alle insufficienze delle misure svuotacarceri previste dal decreto “Cura Italia” che, utilizzano gli strumenti attualmente presenti nell’ordinamento penitenziario proprio per scongiurare la bomba sanitaria rappresentata in questa fase emergenziale dalle carceri, già patologicamente sovraffollate, in relazione al grave e concreto rischio epidemico da coronavirus”. Lo strumento utilizzato è quello del rinvio facoltativo della pena in presenza di condizione di grave infermità fisica, nelle forme della detenzione domiciliare cd. “in deroga” (o umanitaria). Si tratta però di una soluzione che va presa caso per caso per cui non può essere idonea a fronteggiare l’emergenza “in quanto il virus corre più veloce di qualunque decisione che, alle condizioni date, certo perverrebbe fuori tempo massimo”. Il problema del sovraffollamento è legato ad una concezione, come è stato scritto, carcerocentrica della pena per cui solo un cambio radicale di impostazione può risolvere il problema che non è più da considerare come emergenza e la pandemia può rappresentare il momento per superare il carcere. Su questo è intervenuto con un’intervista a “Il Dubbio” il Presidente emerito della Corte Costituzionale, l’avv. Giovanni Maria Flick. “L’epidemia – ha dichiarato – esige una scelta” ritenendo maturo il momento di cambiare atteggiamento nei confronti del carcere. “D’ora in poi – ha detto – si pensi a forme di pena diverse in cella solo i violenti”. “Solidarietà – ha detto – è il nostro bene più prezioso. Solidarietà vuol dire anche guardare alle condizioni del detenuto senza ridurlo a diverso….E’ un’occasione per riflettere e per riuscire forse a superare il carcere, a farvi ricorso solo per le persone di cui sia accertata la violenza, l’aggressività, il codice rosso. Forse l’emergenza coronavirus può sollecitare un passo così grande”. Ritorneremo su queste valutazione che è frutto di una coscienza laica e garantista difronte alla quale non si può restare indifferenti. “E speriamo che essa valga anche per chi oggi nega la solidarietà che – conclude questo scienziato del diritto e della Costituzione – è la chiave di tutto!”. Saprà il guardiasigilli accettare questa lezione di civiltà?

9/4/2020

Incredibile accanimento

 

 

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