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IN ORDINE SPARSO

C’è un referendum costituzionale sul quale gli italiani sono stati chiamati a pronunciarsi ancora una volta nei prossimi giorni per approvare o no il testo della Legge Costituzionale approvato dal Parlamento e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019. In pratica, si vota per confermare o no la riduzione dei parlamentari così come prevista dalla Legge Costituzionale già approvata. Il taglio dei parlamentari era stato già previsto all’epoca del governo di coalizione tra M5S e Lega per cui sono pronti a votare sì la Lega ed anche il partito della Meloni. Il PD sembra abbia dato la sua approvazione alla riforma, a condizione che il taglio sia accompagnato da una riforma della legge elettorale che è ancora nel libro dei sogni per cui sia all’interno del PD ma anche all’interno del M5S sono tante le voci che sono favorevoli a votare no. Un sì deciso è venuto solo da parte di Bonaccini che è stato sommerso da un coro di no all’interno del suo stesso partito. Mentre il segretario del PD di Bologna è orientato a votare contro il taglio, un altro consigliere regionale del PD, in attesa della decisione che sarà presa dalla direzione nazionale, si è detto pronto a votare per il no, non essendoci stato il cambio della legge elettorale, come era previsto nei patti né c’è stato alcun ridisegno dell’impianto costituzionale. “Il voto per tagliare i parlamentari è solo la prima parte, è l’inizio di un percorso e non il suo punto finale” prova a dire Di Maio al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini ma non sono pochi i no che si fanno largo anche all’interno del M5S mentre la sinistra del PD con i Verdi e il Movimento federalista hanno dichiarato di votare per il no mentre Italia Viva con Boschi ricorda che “Il tema delle riforme non si esaurisce col taglio dei parlamentari”. Sembra che anche all’interno di Forza Italia non c’è affatto un’unanimità lasciando ai parlamentari libertà di coscienza. Brunetta dice che “se vince il sì, vincerà l’antipartito e il M5S ma perdono insieme il centro destra e il centro sinistra”. E con Brunetta si schierano tanti parlamentari azzurri. C’è una voce autorevole che va ascoltata. Scrive il prof. Gustavo Zagrebelsky su “La Repubblica” del 23 c.m. “Condividevo l’opzione di coloro che pensavano che il nostro parlamento era pletorico”. Anche Anna Finocchiaro si dice contraria alla riduzione a 200 dei componenti del Senato perché viene a costituire una vera e propria minaccia al pluralismo che fu una delle “ossessioni” del costituente che condusse alla scelta del modello di Repubblica parlamentare. “Un Senato composto da 200 membri non può soddisfare il criterio della rappresentanza parlamentare perché ogni eletto dovrebbe rappresentare addirittura 800.000 elettori, mentre una Regione potrà avere anche solo tre eletti. E anche l’argomento tanto usato che una legge elettorale garantirà quella reale rappresentanza plurale ci lascia assai perplessi in quanto la legge elettorale è una legge ordinaria e questo significa che può essere approvata anche da ogni futura maggioranza che potrà così condizionare la funzione di rappresentanza plurale delle Camere essenziale in una Repubblica parlamentare”. Scrive ancora il prof. Zagrebelsky che “Il no si appoggia su quest’altra considerazione. Il Parlamento ha numerose funzioni cui adempiere, legiferare, indirizzare, controllare nei campi più diversi, corrispondendo alle sempre più numerose presenze dello Stato nella vita civile. Chi potrà esercitarle convenientemente se non ci sia un numero di parlamentari sufficienti per partecipare alle sedute dell’Aula, alle riunioni delle Commissioni? Etc… Sarà il Governo, dunque, con i suoi atti sfuggendo ai controlli che, in democrazia sono necessari. In breve, diminuire il numero dei parlamentari significa aumentare i già cospicui poteri del Governo”. Un altro motivo per rafforzare ancora di più la scelta di dire no a questo referendum che mette a rischio la democrazia parlamentare senza curarsi invece di migliorare la qualità della legislazione. Unico obiettivo dei fautori del sì sembra essere quello di ridimensionare il ruolo dei parlamentari mandando però in crisi la funzione costituzionale del Parlamento e dunque ancora una volta la scelta giusta non può essere che quella del no per non porre le condizioni per un ulteriore degrado della rappresentanza costituzionale.

25/8/2020

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