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IL TEST INVALSI OBBLIGATORIO

Con circolare del 25 novembre scorso il ministro Fioramonti reintroduce per l’esame di maturità la traccia specifica di storia nella prova scritta.  “La reintroduzione della traccia specifica di storia – scrive “La Repubblica” del 26 novembre – accoglie l’appello della senatrice Liliana Segre e dello storico Andrea Giardina tra i tanti intellettuali e la cancellazione delle buste da quiz televisivo all’orale”. Su questi aspetti del decreto tutte le parti si sono dette soddisfatte anche perché l’abbandono della traccia di storia finiva per relegare lo studio della disciplina in uno squallido cantuccio. La conoscenza della storia, recente o meno recente, è inutile dirlo, è fondamentale nella comprensione di tanti fenomeni che fanno parte dell’attuale società e per affrontare meglio le decisioni per il futuro. In effetti, la storia l’ha fatto sempre da Cenerentola e ancora nei decenni scorsi l’insegnamento si arrestava incredibilmente – nella migliore delle ipotesi – alla fine della seconda guerra mondiale escludendo il periodo successivo che pure ha avuto gran parte nella ricostruzione post-bellica e nella costituzione di una società ispirata ai principi della democrazia. Emblematica la quasi totale ignoranza sulle responsabilità politiche dello scoppio della seconda guerra mondiale. E’ escluso tutto un vasto periodo che ha visto rivoluzioni, movimenti anticoloniali, la nascita di nuovi paesi, la condanna delle persecuzioni anti-semite prima e durante il secondo conflitto mondiale. Tutto ciò non poteva continuare a restare fuori dalla porta, rinunciando a far conoscere alle giovani generazioni le ragioni e i limiti anche di questa scelta della più ampia democrazia come sistema sociale e politico e il riconoscimento dei diritti inalienabili della persona. Il decreto ha reso obbligatorio anche il test INVALSI per essere ammessi all’esame di maturità: era stato sospeso dal ministro leghista Bussetti e oggi ripristinato dal ministro Fioramonti – pentastellato – che prima si era dichiarato decisamente critico verso il test. Si è trattato di “un ritocco – scrive ancora “La Repubblica” – più che una riforma ma questo basta a dividere il mondo della scuola”. In prima linea ci sono gli studenti ma il ministro precisa che “i loro esiti non influiranno sull’ ammissione alla maturità”. “Lo scorso anno – ricorda ancora “La Repubblica” – più del 96% dei maturandi fece le prove INVALSI mentre Giannelli dell’Anp (Associazione Nazionale Presidi) – favorevole alla reintroduzionedice agli studenti di “non spaventarsi…è solo una messa a regime dell’esame”. “Le prove Invalsi – in effetti – mantengono il carattere di rilevazione e non di valutazione per cui l’esito non concorrerà alla determinazione del voto finale dell’esame”: ricordiamo che l’anno scorso la quasi totalità degli studenti ha sostenuto le prove Invalsi anche se non erano obbligatorie. In effetti, la rilevazione delle prove fornisce una quantità straordinaria di dati utili, sia pure nel completo anonimato degli studenti, di verificare eventuali progressi e possibili carenze che possono fornire indicazioni utili per intervenire nelle situazioni più critiche e di destinare maggiori risorse a quelle discipline dove ci sia un ritardo, come nel settore linguistico o di scienze matematiche e fisiche. Certo che si poteva fare anche una rilevazione a campione al posto di quella totale ma ciò potrà anche essere fatto in futuro dal legislatore. Insomma, il test potrà fornirci dati che la politica e la scuola potranno utilizzare per migliorare sempre di più il sistema scolastico. Bisogna riconoscere, dunque, che non si tratta affatto di una misura che grava sugli studenti e sui docenti ma che serve innanzitutto a migliorare la conoscenza in diversi settori, rispetto ai quali, a livello europeo i nostri studenti evidenziano un ritardo rispetto ai loro colleghi di altri paesi europei.

05/12/2019

Il test invalsi obbligatorio

 

 

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