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Il ruolo dell’UE nei Balcani occidentali

Nell’ottobre scorso sul sito di “Affari Internazionali” è apparso un articolo a firma di Valbona Zeneli e Zoran Nechev a proposito della richiesta di due paesi balcanici, l’Albania e la Macedonia del Nord, di aprire i negoziati per l’adesione all’UE. Il primo autore è professore di National Security Studies e direttore del Programma delle Iniziative Strategiche presso il George C. Marshall European Center for Security Studies ed il secondo è responsabile del Centro per l’integrazione europea dell’Institute for Democracy “Societas Civilis” di Skopie. “L’instabilità dei Balcani non giova a nessuno in Europa e la storia lo ha dimostrato più di una volta” – scrivono gli autori – ricordando che “l’integrazione euro-atlantica è stata il mezzo principale per portare sicurezza, stabilità e democrazia” in questa parte d’Europa per cui consideravano molto importante per il processo d’integrazione la decisione che l’UE avrebbe preso nel corso del Consiglio Europeo che si sarebbe tenuto il 17-18 ottobre scorso per premiare questi due paesi per gli sforzi compiuti ma anche perché un ulteriore rinvio dei negoziati avrebbe messo in discussione la credibilità dell’UE. La nuova Presidente della Commissione Europea aveva già annunciato che si sarebbe impegnata per appoggiare l’apertura dei negoziati, soprattutto dopo che già nell’estate scorsa la stessa aveva dichiarato che erano cadute tutte le riserve espresse nei confronti della Macedonia del Nord a seguito dell’intesa raggiunta con la Grecia per il cambiamento del nome originario del paese che era diventato Macedonia del Nord. Come abbiamo avuto modo già di scrivere, negli ultimi anni è aumentato l’interesse della Russia per quest’area geografica per lungo tempo molto vicina alla Russia di Putin, soprattutto per quanto riguarda la Serbia e il Montenegro. Quest’ultimo paese ha visto numerosi investimenti da parte degli oligarchi russi soprattutto nel settore delle infrastrutture turistiche e nei trasporti, mentre la Serbia continua ad oscillare nelle sue scelte anche a causa del problema del Kossovo, non ancora ufficialmente riconosciuto, che è di ostacolo alla sua richiesta di adesione già presentata. Ma forse è proprio questo problema che potrebbe essere la chiave di volta per aprire negoziati anche con questo paese, tenuto conto che l’attuale governo serbo non solo è favorevole a questo passo ma da un po’ di anni insiste perché sia accolta la sua domanda di adesione all’UE, senza dimenticare che i paesi dell’UE sono al primo posto nell’interscambio commerciale con la Serbia. D’altra parte, ci vuole poco a capire che i Balcani fanno parte dell’Europa e che sarebbe davvero incredibile che questi paesi restino fuori dalla costruzione di un grande progetto di Stato federale europeo. C’è da aggiungere che anche la Bosnia-Erzegovina ha presentato nel 2016 richiesta di adesione che la Commissione ha convalidato nel maggio 2019, Il Kossovo è stato l’ultimo paese che ha firmato un accordo di stabilizzazione e di associazione con l’UE, anche se non ha ancora presentato domanda di candidatura. Ma c’è un’altra potenza che tenta di mettere piede in questa regione: non dimentichiamo che le popolazioni della Bosnia-Erzegovina e del Kossovo sono in maggioranza di religione mussulmana. Il governo turco sta finanziando diverse iniziative, in Bosnia soprattutto, aprendo anche un regolare servizio aereo tra Sarajevo e Istanbul, potendo così diventare scomoda la sua presenza a causa della sua politica ultraconservatrice e contraria agli interessi europei. “Il rifiuto della apertura dei negoziati – sostiene Nikola Burazer, membro del Centro per le Politiche Contemporanee con sede a Belgrado – potrebbe scoppiare come un tuono a Skopje e Tirana ma anche in tutti gli altri paesi dei Balcani Occidentali”. Purtroppo, malgrado ci fossero tutte le premesse per l’apertura dei negoziati, tutto è stato rinviato ancora una volta a giugno prossimo – a causa                 dell’opposizione della Francia e di altri paesi ex satelliti di Mosca – che ha sollevato una dura polemica all’interno dell’UE innanzitutto perché “per la loro collocazione geo-politica” – come scrive Massimo Riva – su “La Repubblica” del 12 novembre scorso – possono avere un ruolo strategico che sarebbe pericoloso lasciare a disposizione di qualche “lord protettore” non amico dell’UE”. Della stessa opinione è “Le Courrier de Balcans” che scrive che “i Balcani sono stati abbandonati e lasciati alla mercé di attori esterni all’Europa, come la Russia e la Cina” dice Momcilo Radulovic’, Presidente della ONG, Movimento europeo in Montenegro. “E siamo tutti un po’ preoccupati per quello che accadrà per la reazione dei Balcani nei confronti dell’UE” – aggiunge Radulovic’. “Questo rifiuto – spiega Michael Leigh – ex capo-negoziatore per l’allargamento dell’UE – mina la credibilità dell’UE e la sua missione di promuovere la riconciliazione regionale, nonostante l’area sia pienamente controllata dai paesi dell’UE”. Il Consiglio Europeo discuterà nuovamente dell’allargamento prima del vertice UE – Balcani Occidentali che si terrà a Zagabria nel maggio del 2020. “Se Macron vuole veramente riformare l’UE, allora questa Unione non ha futuro”, aggiunge ancora Radulovic’ “d’ora in poi i leader balcanici avranno molta più difficoltà a fare affidamento sui valori fondamentali dell’UE”. E a dire che oltre il 61% dei cittadini europei mostrano di avere fiducia ed ottimismo nei confronti dell’UE: l’arresto del processo di allargamento ai paesi dei Balcani occidentali potrebbe pesare non solo su questo dato ma anche allontanare i Balcani dall’UE. Il rifiuto ha prodotto anche i primi sussulti all’interno della Macedonia del Nord dove il Primo Ministro Zoran Zaev ha espresso tutta la sua insoddisfazione e ha annunciato nuove elezioni che si terranno all’inizio dell’anno perché i cittadini possano decidere del futuro del paese. Una situazione che potrebbe mettere in crisi il processo dell’allargamento dell’UE per anni lasciando una parte dei popoli dell’Europa fuori dall’area di sicurezza e di solidarietà che finora l’UE ha potuto assicurare ai paesi membri. Una crisi, questa, che dovrebbe convincere tutti i protagonisti politici a riprendere la discussione e dare via libera ai negoziati prima che sia troppo tardi. D’altronde, sia la Merkel  ma anche diversi membri della Commissione uscente, hanno espresso il loro aperto dissenso per questo rifiuto della Francia che suona non solo come un tradimento delle assicurazioni già fatte ai paesi Balcani, in particolare alla Macedonia del Nord e all’Albania ma potrebbe costare caro sul piano della sicurezza dell’Europa, oltre che sul piano dell’integrazione economica che già costituisce una realtà per cui davvero resta difficile spiegare la posizione assunta dal presidente francese.  I suoi problemi, a livello politico interno, a fronte della ripresa dello scontro con il movimento dei gilets gialli, possono spiegare solo in parte questo arroccamento di Macron. Come scrive ancora Riva nell’articolo sopra richiamato “Parigi ha il cattivo vezzo di porre sovente i suoi interlocutori europei difronte a prese di posizione unilaterali espresse in termini fastidiosamente perentori e ultimativi. E nel caso specifico Macron non ha cambiato stile, creando diffuse irritazioni tra gli altri paesi UE”.

Novembre 2019

Il ruolo dell’UE nei Balcani occidentali

 

 

 

 

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