skip to Main Content

IL PASSATO CHE RITORNA

Si è spento a Mosca il 30.08 scorso all’età di 91 anni Mikhail Gorbaciov, che fu l’ultimo segretario del PCUS e l’ultimo Presidente dell’URSS, e che mise fine all’Impero sovietico.

Figura tragica della Grande Russia, fu costretto a dare le dimissioni per evitare un bagno di sangue tra le opposte fazioni – quella che faceva capo appunto al movimento riformatore da lui promosso e quella dei conservatori che lo accusavano di tradimento per aver posto fine all’esperienza storica dell’URSS.

In effetti è giusto riconoscere che, dopo aver decretato la fine dell’URSS, il movimento riformatore di cui era appunto rappresentante Gorbaciov non ha saputo indicare la strada da percorrere. Paolo Galimberti sulle pagine de “La Repubblica” ricorda che il 7 ottobre 1989, Gorbaciov, arrivato a Berlino Est per le celebrazioni per il quarantesimo anniversario della DDR, la Germania orientale, cercò di convincere Honecker, segretario della SED ad avviare un percorso di riforme. L’Impero stava crollando ma Honecker invece non conosceva altra strada se non quella del comunismo ortodosso per cui fu impossibile a  Gorbaciov convincerlo a prendere la strada delle riforme anche nella Germania dell’Est. Un mese e due giorni dopo quell’incontro, l’ ”impero del male” non esisteva più, la cortina di ferro che, come disse Churchill nel celebre discorso di Fulton nel 1945 “scendeva dal Baltico a Trieste” spaccando in due l’Europa, era stata demolita e Gorbaciov ne era stato il picconatore. In un’intervista rilasciata da Achille Occhetto, ultimo segretario del PCI al quotidiano “La Repubblica” di giovedì 1° settembre u.s., si ricorda che nell’incontro avuto a Mosca nell’inverno del 1987, Gorbaciov gli aveva confidato di aver proposto a Brandt un rapporto con la socialdemocrazia.  A sentir Occhetto “la sua prospettiva era di muovere verso un socialismo democratico ma il popolo russo non era ancora maturo per un simile passaggio”. Lo storico Paul Kennedy professore dell’Università di Yale, conferma che “Gorbaciov ha avuto successo nel chiudere il capitolo dell’URSS ma ha fallito la transizione verso una Russia democratica integrata nella comunità internazionale…ma non si può scaricare la colpa solo su di lui, anche l’Occidente non lo ha aiutato come avrebbe potuto, dopo le promesse iniziali di assistenza nel portare la Russia in un nuovo sistema internazionale, e di non far avanzare la NATO verso Est” contribuendo in parte a creare reazione e delusione all’interno della Russia. Gorbaciov aveva in effetti una prospettiva chiara a proposito dell’Europa che avrebbe dovuto includere anche la Russia nella casa comune europea. Al contrario, l’Europa non seppe rispondere a questa esigenza procedendo solo a creare una moneta unica che doveva essere il primo passo verso un’integrazione economica e poi politica del Continente, ma senza staccarsi dalla politica imperialista degli USA per cui questa prospettiva si arenò miseramente. Anche Alexander Hobel  dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, sulla rivista Sinistra sindacale è dello stesso avviso: “Sul piano della politica internazionale, scrive Hobel, resta lo straordinario sforzo di Gorbaciov di avviare una stagione segnata dal disarmo soprattutto atomico e la consapevolezza della irreversibile interdipendenza di tutto il Continente. È questo forse il lascito più duraturo della sua azione politica la quale non trovò mai in Occidente, Europa compresa, interlocutori in buona fede ma soprattutto all’altezza di quei problemi globali che la nostra epoca poneva allora e pone oggi in maniera ancora più urgente”.

Più dura è la posizione espressa da Roberto Musacchio sempre sulle pagine della Sinistra sindacale: “La storia ha confermato che quella manovra di Gorbaciov” scrive l’autore dell’articolo “non era una svendita, un tradimento, un cambio di campo. Quell’Occidente che ne ha celebrato la morte con pura ipocrisia, ieri abbandonò ogni prospettiva di una casa comune europea. Il punto è che prima di Gorbaciov erano stati rimossi due calibri della socialdemocrazia europea come Brandt, già cancelliere tedesco, e Palme, già segretario della Sinistra svedese, che potevano essere considerati gli ultimi veri socialdemocratici prima che il socialismo democratico cambiasse disegno. A tre anni dall’89, l’Europa varava Maastricht e ben presto Clinton si rimangiava gli impegni che aveva assunto sul non allargamento della NATO ad Est” che ha aperto le porte agli ex paesi dell’URSS creando una nuova cortina di ferro tra l’Occidente e la Russia. Pur tra reticenze e tardivi ripensamenti c’è da osservare che sotto il profilo economico Gorbaciov aprì all’Occidente un paese di grandi risorse a partire dal settore energetico da cui il rapace imperialismo atlantico – Europa compresa- ha saputo trarre grandi profitti con la complicità  dell’oligarchia russa, erede della defunta struttura sovietica che si è arricchita a sua volta. Ma di questo certo non si può far colpa al movimento riformatore di Gorbaciov, bensì a chi ne prese il posto dopo il golpe – quell’ Eltsin che seppe ben scegliere il suo erede che oggi governa col pugno di ferro secondo la lezione stalinista in una realtà però che è molto meno coesa del periodo stalinista.

Il conflitto che è scoppiato ai confini della Russia sta a testimoniare che i problemi del passato non sono stati ancora risolti e tutto fa pensare che è ben lontana una soluzione pacifica: lo stesso Stoltenberg, segretario della NATO, ha fatto capire che potrebbe durare anche anni e addirittura coinvolgere altri Stati europei confinanti come la Polonia, con conseguenze inimmaginabili non solo per l’Europa ma per il mondo intero, tenuto conto che i principali protagonisti di questo conflitto sono gli USA e la Russia che posseggono entrambi centinaia di testate nucleari che potrebbero distruggere molte volte tutto il pianeta. La sola chiave per bloccare questo meccanismo è nelle mani dell’Europa che ha delegato alla NATO e all’imperialismo USA il compito di decidere del destino di questo Continente. Il primo passo dunque per tentare di riportare la pace in Europa è quello di sganciarsi dalla politica USA per difendere i propri interessi economici. Sarà capace di farlo l’Europa? Allo stato attuale sembra proprio di no, a meno che non ci sia una vera inversione di rotta ponendo al centro della politica europea innanzitutto la sicurezza del Continente e il benessere di tutti i popoli europei.

Settembre 2022

IL PASSATO CHE RITORNA

Back To Top
Translate »