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IL GIORNO DOPO L’ESITO DEL REFERENDUM

Oggi è lunedì e in serata conosceremo l’esito del referendum costituzionale che, nel caso di vittoria del SI’, porterà alla riduzione dei rappresentanti del “popolo” nei due rami del Parlamento. Esito del referendum che pare largamente scontato a favore del SI’, sempre che non ci siano sorprese dell’ultima ora, soprattutto per aver il PD approvato la relazione del Segretario Zingaretti con una maggioranza quasi “bulgara” che si è pronunciata a favore del taglio dei parlamentari. Solo una sparuta minoranza, guidata da Zanda e Matteo Orfini voterà per il NO. Nella sua relazione il Segretario DEM. pressa il Premier Conte perché il governo si convinca a prendere i soldi del MES “perché ci farà risparmiare miliardi” da destinare soprattutto al settore sanitario, lanciando una velata minaccia di uscire dal governo nel caso in cui il governo rinunciasse ancora una volta ad utilizzare questa linea di credito, aggiungendo, per smorzare i toni che “non siamo in questa situazione”. (La Repubblica dell’ 8.9). Quasi patetico questo appello del Segretario PD quando sono mesi ormai che fior fiore di economisti e membri della Commissione Europea, a partire da Gentiloni, hanno assicurato che si tratta di un prestito “incondizionato” da destinare a coprire le spese sanitarie della pandemia, da restituire in tempi lunghi. Praticamente un prestito quasi “a fondo perduto”. Probabilmente il governo non vuole usarlo perché ha altri settori da implementare per cui un uso diverso potrebbe sollevare le giuste critiche della Commissione. Ma, ancora, chi può garantire che sia ripresa la strada delle riforme strutturali, come ha annunciato il Segretario PD, che è lo stesso che, prima di formare il governo aveva solennemente dichiarato di volere la modifica immediata del decreto Salvini? Quelle norme che, dopo più di un anno sono ancora in piedi, senza che il PD manifesti alcun segnale quanto meno critico nei confronti del M5S e soprattutto del Presidente Conte? L’incertezza regna sovrana e soprattutto anche perché la decisione di votare SI’ al referendum ha affossato anche la modifica della legge elettorale che andava votata prima del referendum. Quali garanzie può offrire un governo che certamente uscirà rafforzato da questo ultimo regalo del PD? “Un SI’ senza correttivi è una cambiale in bianco ai populisti” così ha dichiarato Nannicini, altro membro della direzione del partito. “Ancora – ha aggiunto Matteo Orfini anche lui membro della direzione – non si può sacrificare la Costituzione ad un accordo di governo”. Sulla vicenda interviene anche il prof. Luigi Ferrajoli che sulla rivista “Questione giustizia”, organo di Magistratura Democratica, dichiara di astenersi dal voto. Il prof. Ferrajoli, che è stato uno dei fondatori della corrente, in passato è stato uno dei più appassionati difensori dei diritti civili, intervenendo con la sua esperienza e la sua cultura a difendere le fasce più deboli della società. Lo ricordiamo come fondatore della rivista “Antigone” insieme a Luigi Manconi e tanti altri per la difesa dei diritti dei detenuti. La sua decisione oggi di astenersi dal voto, pur non condivisibile, non manca di validi argomenti. La valutazione globale, per non ripeterci, é molto vicina a quelle espresse dai sostenitori del NO, anche se su alcuni punti se ne allontana. E così, sulla scia delle osservazioni del presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida che si è pronunciato per il SI’ ritiene che esso “non comporti una perdita della rappresentatività delle Camere, che non è legata al numero degli eletti ma al metodo della loro elezione”, ricordando che la sinistra ha sempre rivendicato la riduzione del numero dei componenti del Parlamento. Valutazione che certamente va condivisa così come si è d’accordo quando scrive che la vera questione dalla quale dipende la centralità del Parlamento è allora l’abbandono del sistema elettorale maggioritario che in Italia è stato uno dei principali fattori “per la crescita e l’affermarsi di tutti i populismi” aggiungendo che “una simile prospettiva, mentre sarebbe affossata da un successo del NO, ha una qualche possibilità di realizzarsi solo se sarà provata una legge che elimina l’attuale quota maggioritaria. La mia critica principale ai sostenitori del NO, è molto più di fondo”, aggiunge, contestando che il Parlamento possa essere meno rappresentativo e meno legittimo di quello esistente per la forte riduzione dei suoi membri e che la Costituzione per questo ne sarà stravolta e indebolita la nostra democrazia parlamentare. “La riforma del numero dei parlamentari – come scrive Valerio Onida – è stata approvata alle Camere nella sua ultima votazione, da una maggioranza schiacciante del 97,5% dei votanti per cui una vittoria del NO suonerebbe come un ulteriore delegittimazione del Parlamento oggi così pesantemente screditato da una campagna in atto perfino nella sua forma attuale”. E qui, ci spiace dirlo, non condividiamo il pensiero del prof. Ferrajoli che dimentica che tale riforma “plebiscitaria” è frutto di una totale dipendenza del Parlamento dal governo, di cui esso continua ad essere cassa di risonanza, ricordando come anche nel periodo della pandemia il potere esecutivo ha trovato modo di legittimare un percorso legislativo che finisce per annullare la funzione del Parlamento, come hanno messo in luce molti costituzionalisti. Certo, ci potrebbe anche essere una legge elettorale che vada a modificare la scelta dei membri del Parlamento ma crede davvero il prof. Ferrajoli che questa riforma possa essere affrontata da un fronte sovranista alleato con uno pseudo partito di sinistra? Non credete che, scegliendo il SI’, si finisca per cadere nella trappola di chi vuole un potere forte che sappia rappresentare gli interessi della Nazione? Lasciando che il governo abbia carta bianca per decidere il percorso sociale e politico dei prossimi anni? Il Parlamento è già in una situazione di grave prostrazione politica “la sua centralità può essere riaffermata solo con una legge elettorale perfettamente proporzionale, correggendo anche le attuali proposte dirette ad escludere le minoranze con altre soglie di sbarramento, …. ponendo fine alla possibilità dei governi di bloccare la discussione con maxi emendamenti sostitutivi introdotti dall’inventiva antiparlamentare”.  E su questo programma il prof. Ferrajoli ci trova d’accordo ma proprio per questo la vittoria del NO potrebbe rappresentare non un ulteriore indebolimento del Parlamento ma al contrario segnare un punto a favore di chi voglia una legge elettorale che serva a garantire la piena funzionalità dei poteri del Parlamento, contro chi oggi lavora per rendere il Parlamento sempre più dematerializzato. Solo la vittoria del NO potrà ridare forza alla battaglia per rafforzare la nostra democrazia parlamentare ricostruendo un corretto rapporto tra elettorato e le istituzioni parlamentari, che può dirsi rappresentativo, solo nella misura in cui sia diretta espressione dell’elettorato e non cassa di risonanza di un potere esecutivo che escluda, come avviene oggi, il Parlamento dalle scelte che riguardano la vita di milioni di cittadini.

21/9/2020

IL GIORNO DOPO L’ESITO DEL REFERENDUM

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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