IL DECRETO “SALVINI” NON E’ PIU’ LEGGE DI STATO
Quando il PD decise di entrare a far parte del governo Conte bis, una delle condizioni poste dal Presidente del PD era stata quella di abolire immediatamente quella “vergogna” di Stato che Salvini aveva voluto a tutti i costi per ricordare ai posteri il suo nome. Purtroppo prima i tentennamenti dell’alleato di governo (il M5S) che di fatto nel precedente governo aveva votato il decreto, vuoi per la debolezza del PD che non voleva mettere in discussione questa alleanza di governo, ancora una volta il progetto di riforma fu messo in cassetto malgrado la ministra Lamorgese aveva già predisposto una bozza per rivedere le norme del decreto sicurezza. La pandemia ha fatto il resto, lasciando che il tempo potesse far dimenticare anche questo impegno assunto dagli alleati di governo. Ancora alla fine dell’estate sia Conte che Di Maio hanno cercato di prendere ancora tempo ma alla fine, sia pure in un clima di rissa e bagarre in aula, che hanno provocato i partiti sovranisti, sono state approvate le nuove norme archiviando le norme di Salvini sull’immigrazione. Proprio nella giornata internazionale dei diritti dei migranti, il Senato ha dato il via libera definitivo alla nuova legge, votata con la fiducia. Il Presidente del PD commenta “abbiamo chiuso una stagione di chiacchiere e propaganda”. Ma il commento più adeguato è stato quello di Emma Bonino: “I decreti vergogna e insicurezza sono acqua passata”. “I decreti Salvini non esistono più. Da oggi l’Italia volta pagina. Torna la serietà e il rispetto del diritto internazionale” chiosa il dem. Matteo Mauri.
Ma è proprio così? In effetti non si è trattato di una cancellazione ma di una modifica sulla base dei rilievi della Consulta e del Presidente della Repubblica. Il soccorso in mare viene affermato come obbligo costituzionale e internazionale. C’è poi il divieto di espulsione e respingimento di chi nel suo Paese rischia torture o trattamenti disumani, a cui va riconosciuta la protezione speciale, che sostituisce quella umanitaria. Il nodo più controverso resta quello delle sanzioni alle ONG, che operano il soccorso in mare aperto che deve però essere comunicato immediatamente al centro di coordinamento competente e allo Stato di bandiera. Nei casi di inottemperanza e di ingresso forzoso in acque territoriali, l’illecito da amministrativo diventa penale e la sanzione pecuniaria può andare da 10mila a 50mila euro ma solo all’esito di un processo e non a discrezione del prefetto. La competenza sul divieto di ingresso nelle acque territoriali torna al Ministero dei Trasporti: il Ministro degli Interni potrà proporre solo un eventuale divieto per ragioni di sicurezza pubblica ma senza vietare l’ingresso delle navi quando le operazioni di salvataggio vengono immediatamente comunicate alle autorità italiane. Ma le ONG hanno manifestato il loro dissenso su questa norma ricordando che “il decreto sicurezza bis doveva essere abrogato perché è stato utilizzato per introdurre modifiche pericolose al codice di procedura penale volte a giustificare la possibilità di criminalizzare le ONG e ledere i diritti delle persone” sottolinea Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch. Anche per Riccardo Gatti, portavoce di OpenArms nei fatti “la criminalizzazione delle ONG continua, anche se in maniera meno evidente”. “Né porti chiusi, né porti aperti” è la sintesi del Presidente del Consiglio Conte. Il provvedimento prevede inoltre permessi speciali per i profughi che possono trasformarsi in permessi di lavoro se hanno un impiego. Vengono assicurati anche i servizi di assistenza sanitaria, i corsi di lingua e di orientamento formativo.
Tenendo conto della sentenza della Corte Costituzionale è ammesso ai richiedenti asilo di richiedere l’iscrizione anagrafica che garantisce loro l’accesso ai servizi ad essi garantiti, in primo luogo l’assistenza sanitaria. I migranti potranno essere trattenuti nei Centri di permanenza non più di 90 giorni, prorogabili di altri 30, quando lo straniero sia cittadino di un paese con cui l’Italia non ha sottoscritto gli accordi in materia di rimpatri.
Per quanto riguarda i tempi della cittadinanza essi sono stati ridotti a 36 mesi dalla data di presentazione della domanda. Queste sono alcune delle più importanti modifiche infine approvate dal Parlamento: si tratterà nei prossimi mesi di verificare se in concreto queste norme verranno applicate dall’amministrazione statale, nel rispetto degli obblighi derivanti dagli accordi internazionali e dei Trattati UE fino a quando non ci sarà, come si spera, una revisione delle norme europee in materia di asilo e di protezione internazionale.
28/12/2020
IL DECRETO SALVINI NON E’ PIù LEGGE DI STATO