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IL CORONAVIRUS E IL CASO LOMBARDIA

A oltre un mese dai primi segnali di pandemia, la diffusione del contagio ha costretto il governo a prendere misure eccezionali per rallentare la diffusione del contagio, soprattutto nelle province  lombarde di Milano e Bergamo. Oggi sembra che i provvedimenti assunti dal governo cinese nelle province colpite dall’infezione stiano producendo l’effetto desiderato, mentre la situazione in Italia si aggrava sempre di più diffondendosi il contagio prima in Lombardia, in particolare nelle province di Milano e Bergamo, e poi nelle regioni confinanti, minacciando il collasso delle strutture sanitarie per l’afflusso in ospedale di migliaia di contagiati.  Lo studio di questa pandemia senz’altro andrà approfondita nei mesi a venire, soprattutto per non trovarsi impreparati difronte ad un evento simile a quello che stiamo vivendo, che era stato già preannunciato dagli scienziati, e che i politici di tutto il mondo hanno sottovalutato favorendo dunque la diffusione del coronavirus. La globalizzazione in effetti,  ha avuto un effetto moltiplicatore, favorendo la velocità del contagio. Senz’altro questa pandemia cambierà il nostro modo di vivere ma soprattutto bisognerà fare i conti anche con le gravi conseguenze che  questa guerra sta provocando sul sistema economico mondiale. Ci sono stati già preoccupanti segnali di crisi e previsti rischi di una recessione a livello mondiale. Oggi, difronte ad una vera e propria strage che il virus sta provocando, non possiamo tacere di alcuni gravi errori che hanno prodotto una situazione anomala sia rispetto al resto d’Italia sia rispetto agli altri paesi europei colpiti dalla pandemia. Innanzitutto c’è stato un ritardo colpevole del governo e dei vertici sportivi, in particolare della Federazione calcistica, per vietare qualsiasi forma di attività sportiva ben sapendo che la contiguità di migliaia di persone è un fattore di una più rapida diffusione del virus.  Secondo il prof. Di Marco, responsabile pneumologico dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, il sospetto è che la partita di andata degli ottavi di finale della Champion League, giocata a San Siro il 19 febbraio tra le squadre dell’Atlanta e del Valencia, abbia dato una drammatica accelerazione alla diffusione del virus nell’area lombarda ed in particolare in quella bergamasca. E’ lo stesso terribile sospetto condiviso da un altro scienziato come il prof. Massimo Galli, primario del reparto malattie infettive all’Ospedale Sacco di Milano che confermava che “quella partita può essere stato un importante veicolo di contagio”. Quella sera allo stadio Meazza confluirono 45mila persone. I tifosi spagnoli in trasferta si confusero con quelli bergamaschi ignorando ciò che stava succedendo ma c’è da aggiungere che non erano mancati i segnali per annullare l’evento in via precauzionale. Sappiamo che il 13 febbraio, sei giorni prima della partita, vi era stato in Spagna proprio a Valencia il primo decesso di una persona positiva al coronavirus. Quindi, sei giorni prima della partita di Milano, l’epidemia aveva già colpito nel sud della Spagna. Il 14 febbraio a Zogno, 20 Km da Alzano e Nembro, quando già era stata istituita la prima zona rossa a Codogno, in una trattoria si festeggia San Valentino: il 23 di febbraio si scopre che uno degli avventori era risultato positivo al coronavirus. Il 19 febbraio 28 pullman poco più di 1.500 persone, portano i tifosi della Val Seriana a seguire la partita a Milano e molti altri vi arrivano in auto. Non sappiamo quanti fra essi fossero infetti, quanti fossero sintomatici o quanti asintomatici. E’ un fatto che il 4 marzo, 14 giorni esatti dopo la partita di San Siro, la curva dei contagi bergamasca subisce un’impennata mentre il 16 marzo il Valencia rende ufficiale che “Il 35% del personale della società, giocatori e personale tecnico, risulta positivo al coronavirus”. Ormai, il peggio è fatto. Ben presto gli scienziati son costretti ad ammettere che, “in Lombardia, il coronavirus circola in modo anomalo e sta uccidendo troppo”. In effetti, il virus che viveva nei villaggi cinesi e che aveva scarsa possibilità di svilupparsi, trasferito nei mercati cinesi e trasportato per via aerea in tutto il mondo, si è trovato difronte ad una situazione del tutto favorevole per una sua rapida diffusione. In un giorno dalle campagne cinesi è passato nelle metropoli mondiali, compiendo in pochi mesi, un percorso che diversamente avrebbe coperto in centinaia di anni. Bruciando dunque ogni tappa. E questo è stato capito solo tardivamente sia dagli scienziati che dalla società politica. Nemmeno a Wuhan si sono raggiunte cifre e percentuali tanto spaventose come in Italia. In Cina la mortalità è stata del 2%, in Lombardia muore il 10%. Ilaria Capua, virologa presso l’Università della Florida, parla di una vera e propria catastrofe. E’ possibile dunque che vi siano stati diversi fattori che abbiano contribuito ad una così alta concentrazione del virus. Adesso la sfida è quella di comprendere perché il ceppo lombardo si è diffuso più rapidamente e si rivela più aggressivo. Tra le cause ci potrebbero essere anche lo smog e le sostanze tossiche anche se gli scienziati osservano che “la correlazione tra inquinamento e virus non ha ancora prove scientifiche”. Una prima risposta (La Repubblica di domenica 22 u.s.) arriva da Silvio Garattini, bergamasco, Presidente e fondatore dell’Istituto Mario Negri: Purtroppo – dichiara – qui è stata privilegiata la protezione dell’attività economica rispetto alla tutela della salute”. Una grave accusa per imprenditori e politici locali cui non è seguita alcuna replica. “Eppure – continua Garattini – il caso di Codogno, dove è stata subito istituita una zona rossa, era già noto. A Bergamo c’è stata una gran sottovalutazione, aggiungendo che, la mancata chiusura del focolaio di Alzano e Nembro è stata un  detonatore”. In effetti, siamo ormai al 23 febbraio e all’Ospedale di Alzano vengono accertati i primi due casi bergamaschi. Se non entrambi, uno è passato di sicuro dal pronto soccorso per cui la direzione sanitaria decide di chiudere l’Ospedale. Si suppone per sanificare e creare una zona dedicata ai malati di coronavirus ma l’ospedale riapre poche ore dopo. Nei giorni successivi, diversi medici, a partire dal primario, risultano positivi o sintomatici. Ad Alzano e Nembro, ormai in tutta la Val Seriana, passano i giorni e i morti continuano a ritmi record. Si parla di istituire una seconda zona rossa ma non se ne fa niente. “Tante aziende della zona hanno contatti continui con la Cina” dice Alberto Zucchi, direttore del Servizio Epidemiologico ATS di Bergamo. E’ probabile che il virus in valle circolasse prima che a Codogno già da dicembre ma non lo conoscevamo. Ad Alzano il contagio si allarga alla provincia ma niente succede. IL 28 febbraio la Confindustria di Bergamo lancia una campagna per tranquillizzare i partners europei. Lo stesso giorno i casi a Bergamo sono già 103 in crescita ma nessuno ci fa caso. Il sindaco Gori poi con onestà ammetterà la sottovalutazione mentre l’Assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera, il 3 marzo solo, dopo aver escluso fino ad allora la zona rossa, telefona a Roma per sollecitare il provvedimento. Troppo tardi ormai “Una volta che hai permesso al virus di diffondersi non riesci più a far niente. Puoi provare ad arginare ma è difficile” dice Garattini.  “Qui i bergamaschi non hanno più nemmeno una bara su cui piangere i morti. Li contano e basta. Prima che i militari li raccolgano per portarli a cremare in altre città”.

Certo non è il momento questo di fare processi e neppure cercare un colpevole o i colpevoli che non restituirebbero alle famiglie i loro cari portati via dall’infezione. Ma, se riusciamo a superare anche questa emergenza, è necessario farla finita innanzitutto con politici da operetta che continuano a proliferare in ogni trasmissione televisiva per fornire il loro contributo “di ignoranza”. Bisogna farla finita con questo sistema economico che privilegia sempre di più l’aumento del PIL a scapito della salute della gente e non ci interessano qui le dichiarazioni tardive di chi in passato in Parlamento e fuori ha contribuito a dimezzare in dieci anni i fondi destinati alla sanità. Insomma ci sono due obiettivi: il primo a livello nazionale che è quello di dotarsi di una classe politica che non si può raccattare per la strada o nei programmi di varietà che spopolano in televisione o si inventa nei momenti di difficoltà affidandosi all’imbonitore di turno. L’arte della politica è una cosa seria e non la si può inventare, se non si ha una lunga preparazione e una buona sensibilità per affrontare i problemi sociali e capire le necessità dei propri cittadini.  Secondo obiettivo, è quello di portare avanti il progetto della costruzione degli Stati Uniti d’Europa. Vi ha fatto un cenno a sorpresa, proprio in questi giorni, l’ex premier Renzi che nel passato aveva spesso polemizzato con le istituzioni europee.  Se non è troppo tardi, la prospettiva deve essere portata all’ordine del giorno delle istituzioni europee nei prossimi mesi. Decisione necessaria se ci si vuole anche sganciare dagli USA che lavorano solo per rendere inoffensiva la politica europea e bloccare le risorse  umane, economiche e culturali di un continente su cui esercitano indisturbati da sessant’anni a questa parte la loro pesante presenza.

24/3/2020

Il coronavirus e il caso Lombardia

 

 

 

 

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