skip to Main Content

IL CASO ALMASRI: SCONTRO APERTO TRA LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE E IL GOVERNO ITALIANO

Il 18 gennaio 2025 la Corte Penale Internazionale (CPI) emetteva un mandato di arresto internazionale nei confronti di Usāma al-Maṣrī Nağīm, comunemente noto con nome di battaglia Almasri, per una serie di terribili crimini di guerra e contro l’umanità che sarebbero stati perpetrati nel carcere di Mitiga in Libia.

 

Un’ignobile farsa

A questo punto va ricordato che l’Italia – con la legge 232 del 1999 – ha ratificato e dato esecuzione allo Statuto istitutivo della CPI – vincolandosi dunque a cooperare con la Corte dell’Aia per i reati di sua competenza, e a rispondere alle richieste di arresto e consegna di persone ricercate dalla Corte (come nel caso che stiamo esaminando). Ed è in forza di quest’obbligo che il mandato di arresto viene eseguito dalla Digos a Torino, città in cui Almasri si era occasionalmente recato per seguire una partita di calcio domenica 19 gennaio 2025. Tre ore dopo, il Ministro della Giustizia riceveva notizia dell’arresto, in via a suo dire informale, tramite un dirigente del Dipartimento per gli affari di Giustizia del Ministero.

***

Il giorno successivo (20 gennaio) il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma trasmetteva gli atti della CPI al Ministro della Giustizia ad arresto già effettuato, con disappunto del Guardasigilli, dato che la normativa prevede che sia proprio il Ministro della Giustizia a trasmettere gli atti al Procuratore generale affinché dia esecuzione all’arresto. Lo stesso giorno, il Ministro degli Interni Matteo Piantedosi adottava un provvedimento di espulsione giustificandolo con espliciti ed eloquenti argomenti di sicurezza nazionale. Almasri veniva rimpatriato la sera stessa a bordo di un aereo di Stato il quale era stato preventivamente disposto – addirittura quella mattina, ancora prima della scarcerazione.

***

Secondo la segnalazione pervenuta alla Procura della CPI, la premier e i Ministri “hanno abusato dei loro poteri esecutivi per disobbedire ai loro obblighi internazionali e nazionali“. Il procuratore stesso, inoltre, ha messo fortemente in discussione la versione italiana: “oltre tre mesi dopo il rilascio di Almasri l’Italia ha menzionato, per la prima volta, l’esistenza di una presunta richiesta concorrente di estradizione da parte della Libia” ha scritto Kharim Ahmad Khan, sottolineando come la documentazione richiesta non includesse alcuna prova a supporto. “Alla fine – ha aggiunto – sembra che dopo aver ricevuto due richieste concorrenti, l’Italia non abbia dato seguito a nessuna delle due. Almasri non è stato né consegnato alla Corte né estradato in Libia, ma trasferito a Tripoli in piena libertà dove è stato accolto da una folla festante“.

***

Dunque, secondo la Procura della CPI i dubbi sulle richieste parallele avrebbero dovuto attivare un processo formale di consultazione – e non portare a un rilascio unilaterale. Khan ora sollecita la Camera preliminare della Corte a dichiarare inadempiente l’Italia e a deferire il caso all’assemblea degli Stati che fanno parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

***

Tutti i nodi vengono al pettine

Se il governo Meloni pensava di aver chiuso il caso con le memorie difensive presentate dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha commesso un clamoroso errore, in quanto legalmente – spiega la CPI – non poteva fare valutazioni ma doveva solo dare esecuzioni al mandato d’arresto emesso contro Almasri. Di contro, la vicenda si sta chiarendo creando seri problemi al Ministro Nordio: innanzitutto, la funzionaria Giusi Bartolozzi (all’epoca dei fatti a capo del gabinetto del Guardasigilli) non ha confermato la versione fornita dal Ministro della Giustizia che, già il 19 gennaio, era stato messo a conoscenza dell’arresto di Almasri. Inoltre, in questi ultimi giorni, le autorità libiche hanno emesso un ordine di comparizione nei confronti del generale torturatore, dichiarando pubblicamente di voler fare quello che noi abbiamo rifiutato di fare riportando invece a casa un ricercato della CPI. Per cui, l’opposizione parlamentare in Italia ha chiesto a gran voce le dimissioni del Ministro Nordio che, al contrario, continua ad occupare il suo posto nell’esecutivo. Rischiando un processo per omissione di atti di ufficio non avendo volutamente dato seguito alla richiesta della Corte internazionale.

***

Anche il Segretario generale della ANM ha commentato le dichiarazioni rese dal Ministro, sperando che non vi siano – a parte le responsabilità politiche di tutto il governo – anche delle responsabilità penali. Quanto invece è inaccettabile è il goffo tentativo del Ministro Nordio di sostenere che l’accertamento della verità su questa vicenda sia un’operazione finalizzata a contrastare la riforma della magistratura.

***

Giorgia Linardi, portavoce e consulente legale di Sea-Watch, in un’intervista rilasciata al quotidiano la Repubblica, dichiara che “Roma si piega per il petrolio e sbarchi a un paese non sicuro“, e che “l’Italia e l’UE sono sotto ricatto, sia a Bengasi che a Tripoli“.

***

***

Ma la partita non è ancora chiusa – sia perché resta in piedi la richiesta del Procuratore della CPI del deferimento dell’Italia all’ONU sia perché, nei prossimi giorni, il Tribunale dei Ministri deciderà se procedere con la richiesta di autorizzazione a procedere contro la premier, i Ministri Nordio e Piantedosi e il Sottosegretario Mantovano. Un vero e proprio poker d’assi!

Luglio 2025

Avv. Eugenio Oropallo

IL CASO ALMASRI

Back To Top
Translate »