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I BARI AL TAVOLO DA GIOCO (Prima parte)

E’ vero che questa tragedia si avvia ad essere una farsa ma gran parte degli “opinionisti” di casa nostra si sono messi le piume, assomigliando sempre di più a quei meravigliosi uccelli esotici che fanno il verso all’uomo, i pappagalli, che però si dimostrano molto più intelligenti di questi signori della sera che recitano il  “de profundis” per Putin colpevole di non voler fermare la guerra. Non è affatto così. In queste ultime settimane, mentre si fa sempre più acuta la crisi, politica, energetica e alimentare in tanti paesi che sono legati alle forniture di ogni tipo provenienti dalla Russia e dall’Ucraina, tutti si propongono di crocifiggere Putin, colpevole di non voler avviare alcuna trattativa per una tregua che prevede il salvataggio del battaglione Azov ancora asserragliato nei sotterranei dell’acciaieria di Mariupol. Ma fino ad ora il presidente ucraino ha dichiarato che essi devono restare a difendere il territorio nazionale e qualcuno si scandalizza, come fa il nostro ministro degli Esteri, per aver il governo russo espulso alcuni diplomatici italiani. E’ “un atto ostile” ha commentato Di Maio, dimenticando che alcune settimane fa, fu il governo italiano ad espellere alcuni funzionari dell’ambasciata russa. “Chi di spada ferisce – dice il proverbio – di spada perisce”. Ritornando al tema della tregua cui si opporrebbe Putin, sfogliamo un giornale delle ultime settimane: Giovedì 5 Maggio, “La Repubblica” scrive che i Verdi tedeschi sono tra i più convinti sostenitori per inviare armi all’Ucraina. Anton Hofreiter, botanico, parla ormai come il generale Karl Von Clausewitz “abbiamo a che fare con una guerra imperialista e colonialista”. L’ex parlamentare dei Verdi Marieluise Berk rincara la dose “un regime totalitario deve essere schiacciato militarmente”. Dunque, che la guerra continui! Martedì 10 maggio 2022. “La Repubblica” intervista Mykhailo Podoliak, uno dei negoziatori ucraini secondo il quale “è forse necessario che questa seconda fase del conflitto si esaurisca perché si torni a parlare di pace”, quindi si va avanti ad oltranza perché “tutti i territori, anche quelli temporaneamente occupati, li consideriamo nostri”. E’ la posizione del presidente ucraino secondo il quale “l’integrità e sovranità territoriale sono requisiti base per noi.” Dunque si ribadisce che le trattative riprenderanno solo quando la Russia sarà rientrata nel suo territorio, liberando sia la Crimea che il Donbass. Un modo come un altro per dire che la guerra continuerà fino a che non si raggiungerà sul campo questo risultato. Una voce contro. Martedì 10 maggio, Il Presidente francese – scrive La Repubblica del 10 maggio – alla conferenza del Futuro dell’Europa dichiara che spetta a Kiev decidere sulla trattativa”. Zelensky giovedì 12 maggio concede una intervista di 50 minuti ai microfoni di Porta a Porta. A chiare lettere afferma che “Vladimir Putin non salverà la faccia e questo compito non spetta a Kiev”. Una risposta in diretta al Presidente francese e alle sue parole sulla necessità di non “umiliare” la Russia, dicendosi disponibile a sedersi al tavolo con Vladimir Putin ma, “vogliamo che le armate russe vadano via dalla nostra terra, noi non stiamo sul suolo russo”. Si tratta di una condizione inaccettabile perché una volta che i russi restituissero a Kiev il Donbass e la Crimea, non ci sarebbe più niente da discutere. Al contrario la trattativa dovrebbe partire dallo statu quo e servire ad individuare misure che possono compensare le richieste di una parte con quelle avversarie. Quindi le trattative per una tregua ritornano allo stallo, frutto soprattutto dell’indisponibilità di Kiev di accettare che la trattativa preveda innanzitutto a far tacere le armi. Venerdì 13 maggio parte il dialogo segreto tra generali russi ed ucraini, sfruttando l’amicizia tra gli alti gradi dei due eserciti maturata all’epoca della frequenza dell’accademia militare. Mentre in Germania Scholz invece invia l’invito al Cremlino perché si lavori per avviare una tregua il più velocemente possibile. Sul futuro dei negoziati pesa però una pesante ipoteca, quella di Zelensky, che in TV ribadisce che gli ucraini si siederanno al tavolo solo se Putin si ritira dai territori occupati. Gli fa eco il ministro degli Esteri Koleba che chiede ancora una volta un aumento delle forniture belliche criticando sia la posizione del Cancelliere tedesco che del presidente Macron, insistendo invece, per un’immediata adesione dell’Ucraina nell’UE. Intanto il Senato USA si impegna a dare il via libera (come in effetti avviene oggi) al nuovo pacchetto di aiuti per Kiev di 40mld di dollari. Domenica quindici maggio il Segretario statunitense della Difesa telefona al suo omologo russo Shoigu al quale ha chiesto il cessate il fuoco, ossia lo stop dei combattimenti sulla linea attuale del fronte e non il ritiro delle truppe russe dai territori occupati. Si tratta di un’apertura interessante per Putin. L’obiettivo sarebbe quello di convincere Kiev a cedere alcune zone controllate dal Cremlino in cambio di una pace duratura che dia garanzia per la sicurezza ed integrità del resto del paese. Ma si tratta di una prospettiva che contrasta con la decisione dello stesso governo USA di inviare in Ucraina armamenti pesanti in modo da rafforzare kiev sul campo di battaglia perché abbia più leve al tavolo del negoziato, quando arriverà questo momento. Inoltre, gli USA mantengono un atteggiamento ambivalente anche nei confronti degli alleati europei non nascondendo il timore che gli europei sarebbero più inclini ad offrire una via di uscita diplomatica a Putin nella prospettiva di riaprire i rubinetti dell’energia alla fine del conflitto per la convenienza economica del prezzo del petrolio russo rispetto ai prezzi stratosferici raggiunti in qualche giorno sul mercato mondiale, con notevoli profitti proprio delle aziende americane che stanno aumentando la produzione di prodotti petroliferi. Secondo l’Intelligence britannica Mosca avrebbe perso un terzo delle truppe di terra “il contrattacco sarà più efficace quando riceveremo tutte le armi occidentali” dichiara il vice comandante dell’esercito ucraino. Sempre in un’ intervista, il ministro degli Esteri ucraino ha precisato che “è il campo di battaglia che determina i rapporti. L’UE ci vuole bene? Ci accolga”. Dopo l’incontro tra Biden e Draghi a Washington il governo italiano lancia un piano di pace presentato il 18 maggio dal Ministro degli Esteri Di Maio all’assemblea ONU. Si prevedono quattro tappe. Il primo passo prevede il cessate il fuoco immediato che rappresenta il punto più delicato: una vera e propria pre-condizione per passare alla trattativa diplomatica. Il secondo punto riguarda il negoziato multilaterale sul futuro status internazionale dell’Ucraina. L’idea sarebbe di lavorare attorno all’opzione di una neutralità di Kiev accompagnata però da una vera e propria garanzia politica e internazionale, compresa la possibilità di avviare una trattativa per consentire all’Ucraina di diventare membro a pieno titolo dell’UE. Terzo step è rappresentato dall’accordo bilaterale tra Russia e Ucraina che dovrà risolvere le controversie sui confini internazionalmente riconosciuti. Il piano prevede alla fine un accordo multilaterale sulla pace e la sicurezza in Europa per riorganizzare i rapporti tra UE e Russia. L’obiettivo è quello di riportare i confini allo status precedente al 24 febbraio 2022, data dell’invasione. Progressivo sarebbe anche il ritiro delle sanzioni contro Mosca. Uno dei pregi di questo piano è che tiene fuori dalla trattativa sia gli USA che la Nato e questo è senz’altro un aspetto non secondario anche se, di sicuro, non troverà d’accordo né Biden né la Nato ma qui l’UE dovrà ritrovare la sua unità e la sua fermezza anche se non è impossibile che si apra una spaccatura tra UE e Alleanza Atlantica, compresa la Gran Bretagna che resterebbe fuori dalla porta.

Maggio 2022

I BARI AL TAVOLO DA GIOCO

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